ALLISON HUDSON
Le opere di Allison Hudson sono tattili e fragili allo stesso tempo, realizzate combinando materiali, tecniche e persino discipline diverse in un’interconnessione che è parte integrante della ricerca e della pratica dell’artista.
Attraverso la manipolazione della materia l’artista lascia un’impronta personale sui suoi lavori, affascinata dalla possibilità di trasformarla conferendole una forma nuova in un processo di decostruzione e ricostruzione, distruzione e riparazione che esplora le diverse declinazioni della metamorfosi.
La sua arte è ispirata dal suo mondo interiore, dalla riflessione sui cicli di cambiamento, lasciando all’osservatore uno spazio che invita alla contemplazione.
Allison Hudson è nata e cresciuta vicino a Philadelphia, PA. Dopo la laurea in Studi Orientai a Vassar, ha studiato pittura e scultura all’Università del Nord Carolina (Chapel Hill) e scultura in ceramica nel programma MFA dell’Università dell’Arizona. Ha poi intrapreso vari tipi di carriere nel campo della creatività, tra cui un periodo di dieci anni come imprenditrice e cake designer riconosciuta a livello nazionale. Nel 2020, Allison ha iniziato a riemergere come artista professionista. Da allora ha partecipato a mostre collettive con giuria, è stata pubblicata sulla rivista No Name Collective Magazine (Regno Unito) e su Shoutout LA e ha venduto opere a un gruppo crescente di collezionisti in tutto il mondo. Attualmente vive e lavora a Philadelphia
In base alla tua esperienza, ritieni l’arte una vocazione, un talento innato o una scelta consapevole?
Ritengo sia tutto questo, e in più una ‘chiamata’, a cui io ho resistito per molti anni, tentando invano di intraprendere una strada più pratica. Ma ho sempre pensato che le vocazioni ‘creative’ a cui mi dedicavo non fossero abbastanza. Erano un compromesso. Solo dopo essere tornata all’arte dopo una lunga (e non voluta) pausa ho finalmente accettato il fatto che la mia vera strada era nell’arte e che dovevo accettarlo senza tirarmi indietro.
Nella tua pratica artistica utilizzi materiali diversi. Qual è il criterio che ti guida nella scelta di questi materiali?
Considero tutto il mio lavoro come una sperimentazione. Mi piace giocare con i diversi materiali e vedere cosa riesco a farne e fino a che punto posso arrivare. L’impermanenza è un concetto importante nel mio lavoro e un fattore che sicuramente incide sulla mia scelta dei materiali. Il tessuto, l’argilla e la cera perdono la propria forma e si disintegrano con il tempo, diventando qualcosa di completamente diverso. Ma nel presente possono essere manipolati all’infinito per creare una forma senza alcuna somiglianza con il materiale di partenza.
Quanto è importante la tattilità nella tua pratica artistica e cosa vuol dire per te la manipolazione degli elementi che costituiscono le tue opere?
La mia pratica artistica è decisamente orientata al metodo e il lavoro manuale è una parte integrande di tale processo. Tutto viene toccato, e il lavoro può diventare caotico. Ma proprio quando questo accade perdo il contatto con la realtà e qualcosa comincia a prendere forma. In genere costruisco, strappo e rammendo i materiali. Questo processo non è soltanto significativo dal punto di vista concettuale, produce anche un risultato con una forma nuova che si distingue dal materiale di partenza.
Come si sviluppano le tue sculture: da dove nasce l’ispirazione e come prende forma per diventare un’opera d’arte?
La maggior parte delle mie opere prende forma mentre ascolto la musica e sogno a occhi aperti sul divano. A volte abbozzo qualche schizzo, ma spesso mi affido alle immagini che mi rimangono in mente. Partendo da questo organizzo i singoli componenti che sento necessari alla creazione delle mie opere. Una volta finito, gioco, assemblo, smonto, taglio, cucio e in genere finisco per creare qualcosa di completamente diverso dall’immagine originale che avevo in mente. Ma tutto questo fa parte del processo, a volte funziona e spesso no, ma inevitabilmente porta al passo successivo.
Qual è la cifra distintiva della tua ricerca artistica?
La mia arte viene da dentro, si basa soprattutto sulla ricerca della verità. In quest’ottica ho esplorato i concetti dei cicli, della rigenerazione, della trasformazione e dell’impermanenza. Al momento il mio interesse verte sulla sessualità e sul corpo e la psiche femminile in relazione a questi concetti più ampi. Ma, a dire il vero, il vero ‘significato’ dell’opera diventa chiaro solo a lavoro terminato.
Cosa significa per te la metamorfosi?
L’esplorazione della metamorfosi è molto personale nel mio caso. Come donna di mezza età, mi trovo nel bel mezzo di una trasformazione: fisica, perché il mio corpo cambia e diventa qualcosa di nuovo, e spirituale, perché mi libero degli strati per diventare più autentica e più vera con me stessa. Trovo il processo di invecchiamento liberatorio e la qualità sempre più traslucida del mio lavoro ne è un riflesso. Considero queste mie nuove opere in procinto di formarsi come le “pelli” che si liberano durante la trasformazione.
Qual è la relazione che si viene a creare fra te e il pubblico attraverso l’opera d’arte?
Mi auguro di riuscire a stabilire un qualche tipo di relazione. Anche se so cosa significa per me l’opera, non ho preconcetti su come reagiranno gli altri ad essa. Spesso rimango sorpresa quando lo spettatore prova le stesse mie sensazioni nei confronti di un’opera. Penso: “è incredibile, è come se avessero dato un’occhiata ai meccanismi interni del mio cervello”. Se l’opera è di impatto, se fa provare qualcosa all’osservatore, allora la considero un’opera riuscita.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato maggiormente la tua arte?
Eva Hesse, Magdalena Abakanowicz, Hannah Wilke, Ursula von Rydingsvard, Phyllida Barlow e molti altri.
Che programmi hai (in campo artistico) per il futuro?
Dopo gli ultimi 27 anni nel Pacifico nord-occidentale, mi sono da poco trasferita dall’altra parte del Paese e finalmente mi sono stabilita a Philadelphia. Quindi, nell’immediato futuro, ho bisogno di allestire il mio studio e di rimettermi al lavoro! Non vedo l’ora di conoscere la comunità artistica di Philadelphia e di realizzare molti nuovi lavori, spingendomi oltre i limiti, sperimentando e realizzando opere più grandi, comprese le installazioni.