Andrea Alonge
*Foto in evidenza: Reality Is Duality-detail, 2020. 50” x 56”. Fabric, trim, embroidery. Photo by John Whitten, copyright Andrea Alonge
Superfici cangianti e multicolori, texture scintillanti e illusioni ottiche sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano le opere tessili di Andrea Alonge e che colpiscono l’attenzione dello spettatore. Oltrepassata la soglia di questo primo impatto, quasi giocoso e certamente stimolante, il lavoro mostra un contenuto e un intento più spirituale che si manifesta attraverso l’uso di simboli e forme che permettono all’artista di esplorare il tema delle relazioni umane e della connessione tra uomo, natura, società e Universo: “A thought that comforts me is the idea of our connections to everything through our chemical makeup- we are made up of the water, and the same elements as the stars and the trees, and the air that we breathe, and our universal consciousness. We are all touching. We will touch forever
Andrea Alonge, originaria di Mesa, Arizona, si è formata presso la School of the Art Institute of Chicago e ha conseguito il Master’s of Fine Arts alla Cranbrook Academy of Art, Bloomfield Hills, MI. Attualmente vive e lavora a Portland, Oregon.

Come ti sei avvicinata all’arte? Qual’ è stato il tuo percorso e come sei entrata in contatto con il mezzo tessile?
Ho iniziato a fare arte da quando ero bambina, concentrandomi in particolare sulla scultura e sul lavoro tridimensionale. Ho iniziato a fare case e mobili per le bambole all’età di 8 anni. Quando sono entrata al liceo (scuola secondaria), ho frequentato un corso di ceramica e mi è piaciuto molto.
Un giorno, il mio insegnante ha guardato il mio lavoro e mi ha detto: “Potresti pensare di fare questo al college”. Non ci avevo mai pensato prima, ma la prospettiva era molto eccitante e ho scelto di conseguire una laurea in arte con specializzazione in ceramica. Dopo essere stata a scuola per tre anni, mi sono presa una pausa, durante la quale mi sono resa conto che pur amando la ceramica, era un mezzo che richiedeva un sacco di attrezzature specializzate e uno spazio dedicato alla creta.
Sono cresciuta con un genitore che amava i tessuti, sapevo cucire ed era qualcosa che avevamo fatto insieme. Ho iniziato a pensare ai tessuti come un mezzo espressivo che, a lungo termine, sarebbe stato più adatto alle mie esigenze. Possedevo una macchina da cucire che poteva essere usata in un piccolo appartamento, senza aver bisogno di uno studio. Tornata a scuola, alla School of The Art Institute of Chicago, ho ottenuto un BFA; in questo istituto ho anche seguito molti corsi presso il dipartimento di studi della fibra e dei materiali e alla fine tutto il mio lavoro si è condensato in opere tessili, nonostante abbia continuato a fare ceramiche anche durante la mia specializzazione.
Quando mi sono laureata al SAIC, sono stata accettata nel dipartimento tessile alla Cranbrook Academy of Art, la maggior parte del lavoro che ho realizzato lì era di tipo tessile. Sono molto interessata alla storia, alla critica, al tessile e all’artigianato in senso lato. Questo mezzo è perfetto per me e per le storie che racconto e che spero di continuare a raccontare. I tessuti si possono toccare, sono associati al tatto e all’uso e formano la struttura delle nostre giornate: indossiamo vestiti, dormiamo nelle lenzuola, ci circondiamo di tessuti. Le stoffe sono pregne di storia – la trapunta della nonna, i vestiti ai quali leghiamo dei ricordi, le cose che sono successe mentre li indossavamo, i tessuti vintage che rimandano alle epoche in cui sono stati creati. Penso ai tessuti come a oggetti in grado di connetterci. Siamo collegati alle persone che hanno fatto i nostri vestiti, che ne hanno prodotto la stoffa.

We Belong Together. Puoi dirci qualcosa di questo progetto, com’è nato e di cosa si tratta?
Questo progetto è stato commissionato da Meta Open Arts, che è un programma fondato da Meta per portare artisti a creare lavori per gli edifici dei dipendenti Meta nel territorio. Nel 2021, sono stata contattata da Meta per creare un progetto per un edificio nella regione di Seattle. Ho cominciato a pensare ai tessuti come connessione, e a come potevo usarli come metafora delle connessioni di internet e dei social media. Come ci mettiamo in contatto attraverso i social media? Il primo elemento identificativo di internet è il World Wide Web: come posso immaginare le sembianze di questa rete? Che aspetto hanno le informazioni mentre viaggiano da me a te? Penso all’informazione come all’acqua: scorre da una fonte, attraverso tubi e tubature, può essere pulita o inquinata, può scorrere lontano e diffondersi ampiamente, o può essere convogliata. Ho pensato molto ai modi in cui entriamo in contatto, sia positivi che negativi, e all’infrastruttura fisica che rende possibile la connessione dei social media. Nella nostra epoca, in cui possiamo comunicare attraverso il web e i social media, siamo tutti in contatto, che lo vogliamo o no. In tutti gli uffici di Meta, ci sono cartelli con il loro motto: “più forti insieme”, e ho pensato a questo quando ho installato i pezzi e dato il nome all’opera. C’è una canzone di Pat Benatar che dice “qualunque cosa rifiutiamo o abbracciamo/ nel male o nel bene/ apparteniamo/ apparteniamo insieme” e penso che esprima perfettamente la natura dei social media. Siamo tutti qui insieme, connessi in questo mondo attraverso diverse modalità, alcuni dei modi in cui ci connettiamo sono negativi e alcuni sono positivi, ma non c’è modo di disconnettersi. Siamo tutti insieme, e siamo fatti per stare insieme.
Quanto è importante l’improvvisazione nel tuo lavoro? E qual è la tua fonte di ispirazione oggi?
L’improvvisazione è una parte importante del mio lavoro ed aiuta le mie idee a prendere forma. Fin dalla scuola di specializzazione a Cranbrook, ho capito che i disegni dei tessuti e i manufatti tessili avrebbero giocato un ruolo importante nel dare forma ai miei lavori.
Per esempio, se vedo un motivo che mi ricorda un muro di mattoni, il pezzo che farò nascerà da quell’idea di muro. Questo è quello che è successo quando ho realizzato l’opera “Sometimes When We Touch”, che si ispira vagamente alla storia di Piramo e Tisbe, amanti e vicini che erano separati l’uno dall’altra dal muro tra le case dei loro genitori.
Penso ai disegni su tessuto come a uno strumento per creare segni, disegnando linee con le strisce o mescolando tessuti floreali per creare un campo di fiori. Sento anche che è importante alterare le stoffe con dei segni personali. In qualche modo, arricchendo la superficie con il quilting o il ricamo o il yarn-tying, sono in grado di dissimulare il disegno originale della stoffa e rendere l’opera mia. La mia attuale fonte d’ispirazione sono i simboli universali come cerchi, spirali, triangoli, cubi e segni d’infinito. Questi simboli sono stati usati fin dall’antichità; mi interessa come vengono letti oggi e come posso collegarli al mondo in cui viviamo. Questi simboli ci hanno messi in comunicazione fin dalla preistoria, erano modi per lasciare messaggi o per esprimere le nostre verità.
C’è un lavoro o un progetto a cui ti senti particolarmente legata o che ha avuto un ruolo significativo nel tuo percorso personale e/o professionale?
Sono particolarmente legata a un lavoro che ho fatto nel 2020 chiamato “The Beach Is Within Me”.
Durante la pandemia, io, come molti altri, ero isolata e al chiuso, e volevo fare un’opera che mi desse conforto. Qualche anno fa, lavoravo in un negozio di alimentari, e una delle mie clienti abituali mi chiedeva spesso come stavo. Io rispondevo quasi sempre: “vorrei essere in spiaggia”, che è, per me, un posto calmo e felice. Lei rispondeva “la spiaggia è dentro di te, Andrea”. Per me questo era un promemoria perfetto per ricordarmi che la calma, il centro immobile è dentro di me, come è dentro tutti noi. Abbiamo tutti la capacità di guardarci dentro e trovare il nostro centro. Quando la pandemia ci ha colpito e ha continuato a trascinarsi, ho cominciato a pensare sempre di più a questa idea – che dobbiamo trovare questo posto dentro di noi per poter andare avanti e continuare a vivere anche di fronte alla morte. Quest’opera è stata la mia risposta alla situazione; è uno dei lavori più meditativi che ho fatto, e lo amo.

Oggi i social network offrono una possibilità di connessione continua con un pubblico molto vasto. Come artista, come vivi il tuo rapporto con il web?
Trovo che il web sia estremamente interessante, e fin dalla scuola di specializzazione ho sempre studiato e pensato ai social network e alla nostra connessione attraverso il web. Mentre il mio lavoro è tangibile, sono interessata a come esso abiti uno spazio virtuale e si traduca per un pubblico digitale. Il mio lavoro è difficile da fotografare – un sacco di scintillii, glitter, piccole strisce che risultano deformate quando vengono mostrate su uno schermo. Mi piace che il mio lavoro cambi nei diversi formati: può essere una cosa quando lo si guarda di persona e un’altra quando lo si guarda sullo schermo. Questa mi sembra una metafora appropriata: le nostre vite sui social media o nel regno virtuale sono un punto di vista, una visione pesantemente curata, mentre le nostre vite personali sono più complesse e a volte completamente diverse.
Sono anche interessata all’aspetto macro/micro del lavoro, e spesso realizzo le opere in modo che ci siano ricompense per chi le guarda da vicino, un piccolo bonus per coloro che possono vederle di persona. Sento che il web è stato molto utile per sviluppare il mio lavoro; posso raggiungere più persone con le mie opere di quanto sarei stata in grado di fare se le avessero viste solo dal vivo. Sto parlando con voi ora, probabilmente perché avete visto il mio lavoro online, e non perché l’avete visto di persona. Tuttavia apprezzo molto la possibilità di comunicare con tutto il mondo, e di poter vedere opere d’arte che non avrei visto di persona. Sento anche che i tessili stessi sono rappresentativi delle connessioni globali tramite il loro processo di produzione – molti dei nostri materiali tessili sono fatti in altri luoghi del mondo.
Come è cambiato il tuo lavoro in questi ultimi due anni in cui la pandemia ha modificato la vita quotidiana?
Il mio lavoro si è concentrato per molti anni sulle connessioni, ma ora penso che ci sia una maggiore attenzione al valore di queste reti, e a come sostenerle quando non possiamo toccarci fisicamente. Mi scopro a fare lavori che prendono in considerazione anche il modo in cui mi connetto con me stessa, piuttosto che le connessioni tra me e quelli al di fuori di me. La pandemia ha creato la necessità di trovare conforto a livello interiore, e di cercare l’equilibrio tra la solitudine e l’essere soli. Possiamo essere soli anche insieme. Ma la solitudine è diversa. E credo che sia qualcosa a cui ho pensato molto negli ultimi anni.
Che ruolo ha il colore nel tuo lavoro e nella tua pratica artistica?
Per me, il colore è la natura. Vediamo bellissimi tramonti, fiori, alberi, tutto in natura è colore. Penso anche all’idea di lavoro spirituale e connessione, e a come il colore sia legato a questo. Puoi “aprire la tua mente” attraverso le sostanze psichedeliche, che cambiano la tua esperienza dei colori e dei pattern e allo stesso tempo cambiano il modo in cui conosci te stesso e la tua relazione con il mondo e con gli altri. Il colore è anche legato alla storia – certi colori potevano essere indossati solo dai reali, per esempio, o erano e sono sacri nelle credenze religiose. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, io percepisco in maniera sinestetica, e la mia sinestesia è più marcata quando leggo un testo. Ogni lettera ha un'”aura” colorata, ad esempio il rosa per la “a” o il blu profondo per la “e”. La lettura è sempre stata una parte della mia vita, il modo in cui imparo le informazioni e credo che questo sia in parte dovuto ai colori delle parole. Sento che il colore gioca un ruolo importante nel modo in cui sperimentiamo il mondo intorno a noi e per i nostri stati emotivi, e questo è il motivo per cui uso un’abbondanza di colore nel mio lavoro.
A cosa stai lavorando al momento?
Attualmente sto lavorando su una nuova serie di opere per la mia mostra personale nel luglio 2022 in una galleria qui a Portland, Wellwell Projects. Debutterò con un nuovo lavoro, e sto portando le tecniche che ho esplorato con il mio progetto a Meta Open Arts ad un nuovo livello. In questa mostra ci sarà molto lavoro influenzato dal paesaggio, e ancora più lavoro che esplora la mia relazione con me stessa e il mio nucleo interiore. Sono davvero entusiasta di creare opere più meditative con cui lo spettatore possa rimanere per più di uno sguardo e vedere cose nuove ogni momento.