Tessuto Etico

Arpilleras: quando la memoria personale diventa narrazione collettiva e atto di Resistenza

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“Dóndeestán”, Chile, early 1980s, Fotografo Martin Melaugh, copyright Roberta Bacic

Arpilleras è il nome attribuito a particolari lavori tessili tipici della tradizione cilena, creati partendo da vecchi panni di recupero arricchiti con ricami e/o figure in appliquè (il termine arpillera cioè tela ruvida, in castigliano indica appunto, una stoffa grezza utilizzata per imballare le merci e proteggere dal sole).

Quando si parla di Arpilleras si può essere portati a pensare ai ricami-arazzo di Violeta Parra [1],oppure ai Bordados [2] dell’Isla Negra (Cile),tessuti riccamente e interamente ricamati a mano dalle donne dell’isola utilizzando filati di lana.

[1]Qui il termine arpilleras indica più che altro “un ibrido artistico che fondeva soggetti tradizionali (scene religiose, storiche…) con l’estetica rustica del ricamo” (Lorna Dillon). Violeta Parra fu la prima artista latino americana invitata ad esporre i suoi lavori per una mostra personale al Museè de ArtsDecoratifs di Parigi nel 1964.
Le immagini delle arpiller di Violeta Parra sono visibili sul sito web della FundaciónVioleta Parra  e le opere d’arte attuali sono esposte nel museo Violeta Parra di Santiago, in Cile

[2]“La storia di Isla Negra cambia dopo la nascita delle ricamatrici. Questa città dalle dinamiche monotone tra pescatori e contadini, inizia a risvegliarsi grazie ad un gruppo di donne che migliorano la situazione economica aiutando i loro mariti. Le ricamatrici sono la pietra miliare femminile che risveglia la forza di un modo completamente genuino di far credere alle proprie capacità e al valore estetico del proprio lavoro.” http://bordadorasdeislanegra.dreamhosters.com/historia/

“El Circo”, 122 x 211 cm, embroideredfabric, 1961,Violeta Parra Museum Collection

Bordados Isla Negra, embroidery inspired by the Poetry “Presentation Florida” by Pablo Neruda. Copyright http://bordadorasdeislanegra.dreamhosters.com

Ma in realtà con il termine di Arpilleras ci si riferisce principalmente alle opere d’arte tessile popolare create a partire dalla metà degli anni’70 dalle donne cilene come strumento di denuncia e atto di Resistenza contro gli abusi e le violazioni dei diritti umani perpetrati ad opera del governo militare di Pinochet.

La storia delle Arpilleras infatti, affonda le radici e trae la propria ragion d’essere dalle vicende connesse al colpo di Stato che,l’11 settembre 1973, destituisce l’allora presidente Salvador Allende, portando al potere la dittatura del generale Augusto Pinochet. Decine di migliaia di cileni vennero brutalmente torturati e molti altri furono costretti all’ esilio forzato.

“Sala de Torturas”, Marjorie Agosín’s private collection, photographer Martin Melaugh, copyright Arpillera Marjorie Agosín

“Aquí se Tortura”(Here They Torture), private collection Germany,photographer Martin Melaugh, Arpillera Gaby Franger

L’oppressione generata dal regime autoritario di Pinochet pose le basi per la nascita di movimenti di opposizione alle politiche del regime e non trascurabile fu il ruolo delle donne che riuscirono a dar vita ad un movimento autonomo che sfruttava il ruolo sociale ad esse tradizionalmente attribuito per sfidare la dittatura.

Uno dei gruppi più importanti fu quello delle arpilleristas,una organizzazione collettiva femminile  il cui scopo era di fornire rifugio e creare una fonte di reddito per le donne rimaste sole e denunciare, al contempo, le violazioni dei diritti umani. La povertà diffusa e la disoccupazione causate dalle politiche economiche di Pinochet, l’assassinio e la sparizione di migliaia di cileni, soprattutto uomini, aveva lasciato le donne sole sia economicamente che psicologicamente (Garretòn 2003). 

“Homenaje a los caídos”(Homage to the fallen ones), photographer Martin Melaugh,copyright Arpillera Fátima Miralles

Nei laboratori artigianali organizzati dal Vicariato di Solidarietà (Vicarìa de la Solidaridad) ad opera della Chiesa Cattolica, le donne si incontravano in cerca di protezione e iniziavano a produrre arpilleras, tessuti lavorati in applique che raffiguravano le lotte politiche degli attivisti per i diritti umani, raccontavano le storie dei desaparecidos, e rappresentavano scene di vita quotidiana. Questi laboratori svolsero un ruolo essenziale per l’educazione e il dialogo collettivo e permisero la valorizzazione del ruolo femminile e sociale di queste donne andando oltre gli stereotipi di una società patriarcale che le voleva relegate ai soli ruoli di mogli, madri e badanti.

Il primo workshop di arpilleras venne organizzato nel 1974 ad opera di quattordici donne arrivate al Vicariato di Solidarietà in cerca di rifugio e sostegno per le sparizioni e la crisi economica. (Agosin  “Tapestries of Hope, Threads of Love : The Arpillera Movement in Chile, 2008).

Attraverso le arpilleras si crea una narrazione, una storia, si trasforma una memoria personale in una storia collettiva e condivisa, perché l’arte ha il potere di creare connessioni emotive immediate, stimolando empatia e compassione.

“Nuestra Vida en Chile”(Our Life in Chile), Created by Elena Cerón Sandoval in Santiago de Chile 2007,courtesy Roberta Bacic

Grazie all’aspetto apparentemente innocuo di semplici manufatti tessili femminili, le arpilleras sfuggirono ai controlli del regime e alla censura e poterono essere esportate e vendute oltreoceano in grande quantità, creando una forma di sostentamento per le loro creatrici e finendo per rappresentare un’importante testimonianza di ciò che stava accadendo in Cile: divennero un mezzo di cooperazione internazionale in un’epoca in cui la libertà di parola e la libertà di stampa erano messe pesantemente in pericolo.

Alla fine degli anni ’70, la gente andava nelle gallerie d’arte a Londra, ad esempio, per guardare queste opere, Amnesty International le usava nei propri calendari, e tutto ciò contribuiva alla diffusione e alla condivisione di tali memorie che assunsero la valenza politica di atti sovversivi e di resistenza.

“Paz Justicia Libertad” (Peace Justice Freedom), photographer Martin Melaugh, Courtesy of Alba Sanfeliu

A volte, nel retro dell’arpillera, veniva cucita una tasca all’interno della quale erano celate importanti testimonianze scritte delle creatrici: “Mio figlio è scomparso nel 1974. Mi chiedo dove sia”(Agosin“Tapestries of Hope, Threads of Love: The Arpillera Movement in Chile, 2008).

Oggi, in un’epoca storica e politica profondamente mutata, questi lavori tessili continuano ad essere prodotti in Cile e raccontano storie di speranza e desiderio di giustizia. Per avere un esempio della produzione contemporanea di arpilleras, potete accedere al seguente link:

http://memorartearpillerasurbanas.blogspot.com/

e visionare la pagina facebook:

https://www.facebook.com/colectivomemorarte/

FONTI

Le fotografie pubblicate in questo articolo si riferiscono ad arpilleras esposte in occasione della mostra che si è tenuta nel 2008 all’Harbour Museum, Derry.  Curatrice Roberta Bacic. Per visionare l’intera collezione potete accedere al link:

https://cain.ulster.ac.uk/quilts/exhibit/chilean_arpilleras.html

Tapestries of Hope, Threads of Love : The Arpillera Movement in Chile byMarjorie Agosin, Rowman & Littlefield , 2008

Adams, J.(2000), “Movement Socialization in Art Workshops: A Case from Pinochet’s Chile,” Sociological Quarterly, Vol. 41.

Boldt, Kelley and Timothy J. White (2011) “Chilean Women and Democratization: Entering Politics through Resistance as Arpilleristas”

http://arpillerascontemporaneas.org/

https://zetaerre.wordpress.com/2014/01/21/bordadoras-chilenas-isla-negra/

https://memorarte.portfoliobox.net/

http://www.bordadorasdeislanegra.com/

Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.