Interviste

Attraversando spazi relazionali – in conversazione con Clara Luiselli

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*Foto in evidenza: Ascensione, 2008 Lightbox (frame da performance) Crediti Clara Luiselli

Clara Luiselli (Bergamo, 1975) si è laureata all’Accademia di belle arti di Bergamo e ha frequentato i corsi della Fondazione Ratti e Fondazione Spinola Banna per l’Arte Contemporanea.

La sua ricerca indaga, attraverso una modalità ibrida, nella quale si fondono diversi medium espressivi, la compenetrazione fra opera e spettatore, le relazioni tra le persone, lo spazio e le dinamiche sociali. Il processo artistico è mosso da una “trasformazione continua in un fluido processo di impermanenza”. Gli spunti del quotidiano, apparentemente insignificanti, sono, per l’artista, occasioni per aprire un dialogo con l’inaspettato, “l’altro da sé”.

Fin dagli anni di studio all’Accademia Carrara di Bergamo la sua ricerca avviene attraverso una modalità di creazione allargata, interattiva, che non si interessa ad un’autorialità singolare o a una visione autoreferenziale dell’arte. L’artista, infatti, si impegna presto in progetti collaborativi e interdisciplinari intrecciando arti visive, performance, danza, sperimentazione sonora e muovendosi liberamente, in maniera trasversale nell’immenso mondo della comunicazione visiva.

Attivo tra il 2007 e il 2017, Il Collettivo Ovali Mancati ha operato tra teatro, arti visive e sound art offrendole una “dimensione di frizione creativa e produttiva” dalla quale sono nati progetti che hanno esplorato la dimensione del suono, della vibrazione e del movimento nello spazio. Di questi anni, è il progetto Fuochi Fatui, reso possibile da un generale fermento culturale supportato da sovvenzioni statali e private.

Accanto alla ricerca personale, una volontà costante di mettere in discussione la propria zona di comfort la porta a prediligere le collaborazioni come quella, tutt’ora in corso, con il musicista Jos Olivini e l’attrice Laura Mola.

L’aspetto relazionale della pratica di Clara è presente anche nel lavoro con la GAMEC, della quale Clara è educatrice museale, per la quale gestisce il seguitissimo laboratorio: SFOGHI, legato alle mostre presenti in Galleria. Sfoghi è un percorso dedicato ad un pubblico adulto e si sviluppa attraverso pratiche che prevedono il confronto diretto con l’arte e l’interazione con l’opera secondo prospettive differenti. L’intento è quello di fornire stimoli fisici e intellettuali che diventino fonti di investigazione per i partecipanti. Gli incontri, spesso frequentati da altri artisti, permettono a Clara una prospettiva privilegiata che le consente di osservare dall’esterno il sorgere del dialogo creativo fra i partecipanti, un insegnamento utile. Il veicolare l’arte attraverso le attività educative è funzionale per entrare in contatto con un pubblico più ampio coinvolgendo utenti di differenti fasce di età e ambiti di provenienza.  I progetti e i laboratori promossi possono durare mesi e sono, solitamente, legati alle mostre in corso.

All’interno di un altro museo La Carrara di Bergamo, Clara conduce insieme ad altri teachers la pratica Dance Well, progetto di danza e movimento dedicato alle persone con Parkinson e Custodire Memorie una sperimentazione nata attraverso la collaborazione tra il Museo e Ferb (Fondazione Europea Ricerca Biomedica) volta alla possibilità di condurre attività di incontro con l’arte per malati di Alzheimer e per il loro caregivers.

All’arte visiva si unisce quindi la danza. L’espressione corporea fluisce nelle arti visive senza bisogno di confini precisi. Non c’è separazione tra pensiero e forma, la dimensione del corpo si integra all’opera. L’artista afferma “quando c’è integrazione il lavoro scorre”, dall’intreccio di modalità e materie differenti nasce un’opera ibrida.

Nella serie degli abiti sensibili è presente una riflessione sulla distanza tra gli uomini e sul desiderio di vicinanza. Sono opere ludiche ma anche malinconiche. Una tunica unisex, di seta bianca, leggermente imbottita è costellata di occhi dalle pupille luminose, allo stesso tempo accattivanti e inquietanti, che si muovono liberamente al ritmo dei passi di chi li indossa.

“In una società dove gli spazi pubblici si riducono e confondono con i centri commerciali, dove l’altro da sé viene tenuto a debita distanza perché percepito come potenziale pericolo per la propria incolumità, nascono gli ABITI SENSIBILI. Sono nuovi strumenti di comunicazione che possono essere utilizzati come estensioni del proprio corpo.”

Abito Sensibile n.1_ Mi sento sempre tutti quegli occhi addosso, 2008 Mixed media. Crediti Fotografici Paola Verde

Le opere diventano membrane, strumenti indossabili che attivano i sensi per sperimentare e giocare col corpo e i suoi confini in uno spazio-tempo sospeso.

La riflessione si allarga indagando il ruolo dello spettatore, dell’agente artista, della loro rel-azione attraverso il manufatto identificando uno spazio fisico fra le cose e quindi giocando con la loro distanza e il loro incontro.

Manine magnetiche che vengono attratte da corpi metallici mentre si cammina per la strada ci rendono consapevoli del fatto che la nostra interazione col mondo sfugga al nostro controllo e avvenga invece in maniera incontrollata. Le sensazioni che derivano da questo inaspettato contatto possono essere molto varie e non sempre piacevoli. Il casco utilizzato che dovrebbe essere un oggetto di protezione diventa qui un mezzo comunicativo aperto all’ignoto.

Helmet, 2008 Mixed media. Crediti fotografici Paola Verde

“HELMET

Un oggetto sensibile.

Uno strumento di comunicazione silenziosa.

Un involucro in attesa di essere abitato e di prendere vita.

Un casco bianco. Con lunghi filamenti.

Pieno di mani magnetiche: piccole, bianche, inquietanti.

Un casco, una protezione, una prigione.

Chi lo indossa acquisisce un nuovo potere: può toccare col pensiero, attrarre a sé, respingere, avvinghiare, aggredire, accarezzare, amare…

​Ogni volta la struttura della performance muta, tutto avviene in modo sincero, viscerale, estremo…

Helmet, 2008 Mixed media. Crediti fotografici Paola Verde

La ricerca sensoriale verso l’Altro e l’Esterno dimostra la volontà di uscire dalla propria zona di comfort cercando il confronto con curiosità.

L’idea di colmare la distanza fisica e metaforica fra persone e luoghi attraverso lo spostamento, il tema del viaggio, sono alla base di progetti come “Bagatto-Baratto” un’opera itinerante che lega luoghi, storie ed oggetti. Iniziato nel 2008, questo progetto trasversale, incentrato sullo scambio poetico, nasce come riflessione sul valore affettivo e simbolico degli oggetti. Un oggetto banale, quotidiano, senza nessun apparente valore, se non personale, viene offerto in cambio di un altro oggetto con l’unica clausola di essere accompagnato da una storia. Clara si reca personalmente sul posto per effettuare lo scambio, custode degli oggetti e delle loro storie che vengono consegnate in mani estranee creando nuove connessioni raccontate da un blog dedicato. Gli scambi avvengono in luoghi differenti, le distanze, percorse anche più di una volta, vengono tracciate. Questi segni, più o meno marcati, compongono una mappa, in scala 1:200.000, un sistema circolatorio, dal quale vengono cancellati i riferimenti geografici lasciano solo il segno della rotta degli oggetti. Un segno grafico rosso ricamato su velluto nero, una coperta da viaggio, diventa l’opera “E.Vado”.

E.Vado, 2014. Coperta nera ricamata, cm.140x250. Crediti Fotografici Clara Luiselli

Gli oggetti scambiati, dopo essere stati fotografati, sono trasformati in carte da gioco, pseudo tarocchi. Questa parte dell’esteso progetto si ispira al Castello dei destini incrociati di Italo Calvino. Perduto l’uso della parola sono le carte a raccontare, incontrarsi e lasciarsi portare, custodendo storie preziose e le relazioni createsi.

“E.Vado” è parte della serie degli Oggetti Molli che, facilmente ripiegabili e trasportabili, si inseriscono alla perfezione nell’idea di un’arte trasportabile, estremamente contemporanea che affronta la precarietà del quotidiano con adattabilità e intelligenza.

La serie delle tovaglie visionarie: “Visionaria”, appunto, si rivolge al viaggio mistico, molto più mentale che fisico. Si tratta di tovaglie per un viaggio sciamanico che rappresentano la sezione orizzontale del fusto di piante rituali, ispirata da disegni botanici.  “All’interno somigliano a delle stelle”, dice Clara. La tovaglia, un potente simbolo di convivialità comune a molte culture del mondo, viene usata come mezzo per condividere conoscenze ancestrali o creare nuovi mondi.

“Alla fine ho sempre ricamato solo mappe: di spazi reali già percorsi, da ritrovare nella memoria (quella del baratto), di spazi visionari per trovare nuove realtà da attraversare (la tovaglia con la sezione di un conduttore vegetale allucinogeno)”.

Portatili diventano anche gli ambienti domestici nella serie “Home Sweet Home”, (2011-in corso) che rappresentano “spazi intimi per ritrovare la via del calore”.

Il tema della casa implica una riflessione sulla precarietà della vita odierna, il radicamento o il forzato dislocamento riflettendo sulle problematiche contemporanee della migrazione, dell’esigenza di spostarci e del desiderio di trovare un luogo sicuro.

Sulle coperte, oggetti fondamentali, quotidiani e tipici dell’ambiente domestico sono rappresentati come fossero cartamodelli di una rivista periodica, in scala 1:1. La grafica riporta tutte le informazioni necessarie ad un utilizzo vero e proprio per un’ideale ricostruzione dell’oggetto. Vengono indicate le cifre, il numero di volte in cui una forma dovrebbe essere tagliata. I colori usati rosso, nero, blu, verde e viola sono anch’essi ispirati alla grafica dei cartamodelli. L’artista promuove un’azione deliberatamente concettuale, le coperte non si possono certamente ritagliare né ricomporre in oggetti funzionali ma “in mancanza di un letto, almeno, ci si può avvolgere nella coperta”.

La mappatura degli ambienti (la stanza) avviene accanto a quella di oggetti complessi come il frigorifero. I disegni sono ricamati a macchina con dei punti simili a quelli del cartamodello e le singole parti vengono disposte perseguendo un equilibrio formale nei rapporti fra sfondo, superfici e colore in modo da risultare accattivanti o piacevoli, come se fossero opere astratte. Ogni opera-cartamodello è accompagnata da una federa che accoglierà la coperta piegata diventando un comodo cuscino portatile.

“Con pazienza e impegno ognuno può costruire la sua casa e portarla con sé”.

Nella mostra internazionale “Appunti su questo Tempo” curata da Barbara Pavan e ospitata presso il Museo del Ricamo e del Tessile di Valtopina, che ha avuto nel ricamo come linguaggio dell’arte contemporanea il suo fil rouge e nell’esplorazione delle istanze del nostro tempo la sua cifra tematica, Clara ha esposto proprio “Home sweet home”. Dal testo contenuto nello Speciale di ArteMorbida, Barbara Pavan commenta: “Viviamo tempi liquidi e precari, tempi di rapidi cambiamenti e di rivoluzioni radicali che travolgono e abbandonano a sé stessi singoli individui e intere comunità. La casa è ancora un diritto ad un centro di gravità? La Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948 dichiara che “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio” ivi inclusa – specificatamente – una abitazione (art. 25). E nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 essa è considerata un elemento fondamentale per una vita dignitosa (art. 11). Ma nell’oltre mezzo secolo da queste affermazioni, cosa è successo? Nel suo saggio “Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità”, Emanuele Coccia scrive che possiamo fare a meno di pensare le case perché viviamo l’amore solo per vivere l’innamoramento. Dunque, cos’è casa nella società contemporanea? L’arte solleva domande e non fornisce risposte. E con la sua installazione Clara Luiselli lo fa magistralmente”.

L’artista bergamasca ha portato i suoi progetti anche al MUSEO DEL TESSILE di Busto Arsizio partecipando a – THE SOFT REVOLUTION -. Questa mostra è inserita nella celebrazione del 25° anniversario del WTA World Textile Art che coinvolge quindici paesi del mondo.

Clara ha creato “Tentativi” col quale intende “esplorare le tracce che sorgono dai pensieri sgualciti e tentare la mappatura di nuovi possibili mondi”.

Un foglio bianco e vuoto è uno spazio intonso, carico di aspettative e possibilità che aspetta di essere toccato e attraversato. “A volte è difficile immaginare cosa avverrà lì sopra, ed è sempre una specie di sfida dove il rischio di dover buttare via un’idea è sempre presente”.

L’artista, abbracciando l’attualizzazione dello spazio-tempo in un gesto, ha accartocciato il foglio bianco rinviando ogni decisione razionale. Con la matita ha tracciato le linee formatesi dall’atto del comprimere il materiale nel palmo della mano e il caso ha guidato lo sviluppo del lavoro.

Per la mostra di Busto Arsizio, questo concetto è stato declinato nel tessuto, un lino molto rigido di dimensioni 140×140 cm. Invece che essere rese a punta di grafite, le linee emerse vengono seguite col filo nero della macchina da cucire. Simili a meteoriti o ad un magma in formazione, queste opere sono un “tentativo di avvicinarsi a un nuovo spazio-mondo, per creare una nuova geologia”. Sospesi in uno stato mutevole, un in-between aperto a possibili evoluzioni, i pianeti-cartoccio prendono forma e, come la poetica della Luiselli, propongono un continuo divenire.

Per restare aggiornati sugli sviluppi futuri del suo lavoro seguitela sulle sue piattaforme social:
https://claraluiselli.weebly.com/
https://www.instagram.com/clarluis/
https://www.facebook.com/luiselli.clara

Elena Redaelli

English version Dal 2010 mi occupo di arte contemporanea realizzando progetti fra scultura tessile, arte ambientale e social practices. Negli ultimi anni il mio lavoro mi ha portato a vivere viaggiando con progetti e residenze artistiche nel mondo. Esploro processi di generazione e trasformazione della materia, applicando diversi livelli di controllo e indagando i limiti tra autorialità e partecipazione.Talvolta il materiale prende il sopravvento, altre volte sono i partecipanti di un progetto o l’ambiente stesso a farlo, risultando in un dinamico e continuo scambio. Il fare manuale è per me un processo d’interrogazione dell’ambiente e uno strumento per entrare in contatto con nuove persone e culture. Nei miei progetti applico una commistione di tecniche differenti prese dalla scultura, dall’artigianato, dal disegno e dall’ estetica relazionale. Ricerco e utilizzo tecniche antiche: tessitura a telaio, arazzo, crochet, feltro, ricamo, annodature e carta fatta a mano. Nelle mie installazioni, che si sviluppano su larga scala, unisco metodi di lavorazione lenta a nuove tecnologie. Tutto ciò che riguarda il tessile è sempre stato estremamente affascinante per me. Mi piace imparare e condividere idee e conoscenze sul vasto mondo delle fibre ed e’ quello che ho fatto durante i miei viaggi di ricerca tra Europa, Asia, USA e Africa.