Interviste

AUDE FRANJOU

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*Foto in evdenza: Cercle jaune II. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 1m20. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou


Sculture non convenzionali che spaziano da forme monumentali a miniature sinuose in cui nulla è lasciato al caso, le opere di Aude Franjou, fiber artist e scultrice, classe 1975, formatasi presso l’Ecole Supérieur d’Arts Appliqués Duperré, Parigi, si ispirano alle architetture vegetali, alla tattilità rugosa delle cortecce degli alberi,  alle ramificazioni dei coralli.
Queste opere emergono dal gesto fisico, ripetuto, sistematico, da una tecnica affinata nel tempo che incorpora materiali rustici come le fibre di canapa grezza che Franjou abilmente intrappola con filati di lino nelle sfumature del rosso, del giallo, del blu, del bianco.
La lettura di queste opere, vibranti e intense, disvela le passioni e le complesse sfumature dei sentimenti dell’artista che ci invita, attraverso forme, colori e spazi, ad entrare in risonanza con l’essenza di un suggestivo quanto inedito universo creativo.

https://audefranjou.com/

Les Processionnaires. Musée de la Chartreuse de Douai, Francia, 2010-2011, lunghezza 44 m. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinta a caldo. Nota: il concetto era di produrre una scultura al giorno, per un anno. ©AudeFranjou

Dopo la laurea in Storia dell’Arte, hai completato il tuo percorso di formazione presso L’École Duperré specializzandoti in arte tessile e arazzo. Quali aspetti, tecniche o caratteristiche della tessitura sono presenti oggi nei tuoi lavori? Come e perché sei arrivata a sviluppare la tua personale tecnica scultorea fuori dal telaio?

L’uso del filo rappresenta il punto di continuità tra la mia formazione e il mio lavoro attuale. Realizzo le mie sculture con una tecnica chiamata “enrobage”. Questa tecnica consiste nell’avvolgere un materiale grezzo e grossolano con un materiale più raffinato e nobile. Si usa nella produzione di corde, nei tessuti…

Quando ho lasciato la scuola, ho avuto l’idea di prendere a soggetto la corteccia degli alberi. Realizzai una serie di foto macro, poi un cartone* e infine un arazzo… Inutile dire che perdetti ogni traccia di volume, l’effetto delle venature del legno, degli avvallamenti; in una parola, anche lavorando con il colore, persi tutta la consistenza della corteccia.

Mi dedicai quindi agli arazzi monocromi e iniziai a lavorare sul volume utilizzando le tecniche del nodo e dell’intreccio, dell’escrescenza e dell’espansione che si trovano anche nel lavoro di Magdalena Abakanowicz.

In seguito decisi di lavorare con materiali vegetali, quindi il lino è stata la mia prima scelta.

Per quanto riguarda la tecnica, smisi di tessere all’interno del telaio dell’arazzo stendendo invece i fili a terra. Con la tensione data dall’avvolgimento, iniziavano ad emergere le volute del materiale e il volume che cercavo era lì. All’inizio realizzavo piccoli pezzi con il filo da ricamo. Con il tempo, ho acquisito fiducia e sono passata a una scala ulteriore.

*Disegno preparatorio usato come modello per la tessitura dell’arazzo.

Les Processionnaires, Musée de la Chartreuse de Douai, Francia, 2010-2011, lunghezza 44 m. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinta a caldo. Nota: il concetto era di produrre una scultura al giorno, per un anno. ©AudeFranjou

Qual è la fonte della tua ispirazione?

Mi ispiro molto alla natura che mi circonda, alle radici, alle liane, ma anche allo scheletro umano, ai coralli, alle alghe, agli alberi. Di recente mi sono chiesta cosa mi mancherebbe di più se dovessi trasferirmi e la risposta è stata ovvia: la foresta, perché vivo nel cuore di un massiccio forestale, ricco di specie, odori e paesaggi che mi ispirano. Dalla taiga con le sue betulle, ai pini marittimi e ai sentieri di sabbia bianca, alle querce secolari, passando per il caos delle rocce e le loro incredibili forme lavorate dall’erosione. E poi l’oceano, sempre in movimento e così spesso ritrovato che riesce a rigenerarmi.

Ciò che accomuna tutte queste cose è il modo in cui la natura, nella sua evoluzione, prende e cresce, ci sorprende con la sua armonia, la sua estetica. La natura mi stupisce e mi mette sempre in discussione perché in essa c’è poco o nulla di falso. Il mondo in cui viviamo dovrebbe farci porre delle domande: cosa facciamo e come trattiamo il mondo vivente che ci circonda?

Waterside. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 42 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou
Nidation naturelle. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 40 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, non tinto. Sullo sfondo: La collezione di forbici di Aude Franjou., ©AudeFranjou

Per creare le tue sculture utilizzi una gamma ridotta di materiali, esclusivamente spago di lino e filo di canapa. Quali sono le qualità tecniche ma soprattutto sensoriali ed espressive che ritrovi in essi e che ti hanno condotta ad adottarli come materiali di elezione per il tuo lavoro?

Oggi la mia scelta è il lino.  Ho scelto il lino come supporto per il mio lavoro.

È una reminiscenza di immagini dell’infanzia?

Un tempo vivevo in campagna e in primavera i campi di lino erano ricoperti da migliaia di fiori blu, bianchi e rosa, era magnifico. E poi c’era la riva dell’oceano, le corde delle barche nel porto di Cotinière, vive, in movimento, sagge o minacciose. Se avevi la sfortuna di inciampare in un tranquillo rotolo di corda, la tua caviglia si sarebbe potuta spezzare ma non la corda! Che robustezza.  È commovente osservare l’usura di una corda che è stata impugnata tante volte da mani maschili… o femminili. Uso il filo di lino come “anima” delle mie sculture e lo spago più o meno fine per il lavoro di avvolgimento. Creo la forma mentre la scolpisco, con essa vivo il momento, le mie emozioni e le mie riflessioni attraversano il mio lavoro.

Il lino è un materiale più complesso di quanto sembri. Immaginate lo stelo leggero che si piega al vento e diventa straordinariamente forte quando si trasforma. La fibra di lino è incredibilmente viva, si evolve in base alle condizioni climatiche. Quando fa molto caldo, il materiale si ammorbidisce e diventa quasi tenero, mentre l’umidità e il freddo lo rendono rigido, ruvido e duro al punto da danneggiare le mie mani! È quindi necessario domare questo materiale che si ribella e non si lascia trattare, non c’è nulla di inerte nel lino.

En voyage. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 25 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, non tinto. ©AudeFranjou
Cercle jaune. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 1m20 di lato. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, non tinto e tinto a caldo. ©AudeFranjou
En voyage II. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2017, 25 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, non tinto. ©AudeFranjou

Molto spesso le tue sculture escono dagli spazi della galleria d’arte per essere inserite e integrate nello spazio macroscopico della natura. Questa caratteristica del tuo lavoro ha dei punti di contatto, in termini concettuali, con la Land Art? I tuoi lavori nascono e sono pensati per essere parte integrante del paesaggio naturale?

Effettivamente ho esposto per un po’ di tempo nella natura. Ma più che la natura nel senso generale del termine, era la simbiosi del mio lavoro con gli alberi a interessarmi.  Quindi non credo di far parte del movimento della land art, che ha un certo lato “effimero”, ma il concetto è interessante e generoso. Offrire a un pubblico vasto la possibilità di fruire dell’opera, esaltare la natura, è quasi una forma di spiritualità.

Da diversi anni il mio lavoro si nutre della natura, ma per la maggior parte del tempo lavoro in studio. I miei lavori sono concepiti come pezzi di qualcosa in divenire, non si sviluppano da un modello fisso, sono una costruzione che progredisce nel tempo. Dedico molto tempo a questo aspetto. Ogni pezzo si combina con il precedente, componendo un caleidoscopio. Mi affido molto alle mie mani e alla mia immaginazione, per realizzare pezzi su misura!

Sequoia. Museo tessile di Wesserling, 2007, 15 m di lunghezza x 2 m di larghezza. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou

Come sono cambiate concettualmente o esteticamente le tue opere, dai primi lavori a quelli più recenti? C’è un progetto che hai a cuore ma che non hai ancora potuto realizzare?

Dopo un periodo di sculture piuttosto monumentali, con il tempo i miei pezzi sono diventati sempre più intimi. Senza rinnegare il lavoro dei miei inizi, lavoro oggi su un’altra scala. È un’evoluzione che mi dà molto, come rifocalizzarsi in profondità. Mi pongo solo un vincolo: mantenere la tecnica che ho sviluppato! Come la vita, le forme si evolvono. Maturità, esperienze, ambiente, vita interiore hanno un impatto sulla mia ricerca.

Dopo aver lavorato su opere molto dense, molto chiuse e molto colorate, attualmente sto lavorando su opere che sono tutte leggerezza e trasparenza, tutte bianche. Mi ispiro alle incredibili forme dei coralli.

Sto preparando un’installazione intorno a questi pezzi candidi, bianchi che evocano la morte del corallo. Si tratta di un’installazione che mette in evidenza il riscaldamento globale. Sotto gli occhi dei visitatori, i coralli torneranno in vita durante un passaggio luminoso: per qualche minuto, la luce darà colore agli scheletri di questi animali marini che stanno morendo sotto i nostri occhi.

Mother and child. Biennale internazionale dell'artigianato di Cheongju, Cheongju, Corea, 2013, lunghezza 10 m. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou
Corail. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2018, 25 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino sbiancato, non tinto. Matita bianca su carta riciclata. ©AudeFranjou
[Fibrescences]. Cholet, Francia, 2007, 1m85 di altezza x 3m di larghezza. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou
Workshop corals. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2018, 70 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino sbiancato, non tinto. ©AudeFranjou

Red. Puoi parlarci di questa serie di lavori? Da quale idea nasce e come l’hai sviluppata? Cosa ti guida nella scelta del colore per le tue opere?

 

Il rosso è stata una delle mie fasi. Ho usato le sue diverse sfumature più e più volte.  In Occidente, il rosso è associato all’energia, all’azione e alla passione. Per alcuni è anche sinonimo di violenza, sangue, morte. Mi è capitato spesso di ricevere commenti di questo tipo e di sentirmi offesa da parole molto pesanti che accompagnavano un’installazione: “Sembra un film cruento degli anni ’80”.

Poi, un giorno del 2013, sono andata in Corea per esporre il mio lavoro, ma lungi dall’essere scioccante, il rosso, come spesso accade in Asia, è stato associato alla fortuna, alla gioia, alla prosperità e ad una vita longeva. È un colore che rappresenta la discendenza, la genealogia. Qualcosa di molto positivo ne è scaturito. Il rosso è stato messo in primo piano e, lungi dall’essere repellente, è stato celebrato! Il mondo è vasto!

Quando scelgo un colore, prima lo esploro: il suo simbolismo, il suo potere evocativo, la sua resistenza alla luce, la sua profondità, se le sue sfumature esistono nei materiali naturali, nei pigmenti.

Questo è uno dei motivi per cui da tempo mi interesso ai pigmenti naturali, in particolare il guado*.

Questa pianta è stata utilizzata fin dalla notte dei tempi ed è forse il più antico pigmento usato per tingere i tessuti prima di essere spodestato dall’albero dell’indaco e oggi dai coloranti sintetici. Ma non ho lavorato solo con il rosso! Nero, blu, verde, giallo, bianco, ecc. Il colore è legato direttamente alla forma che creo e al lavoro delle mie mani. Talvolta voglio evidenziare un nodo, un’altra volta una cavità. La sfumatura del colore rafforza i tratti ascendenti e discendenti, come nella scrittura. In effetti, non uso una sola tonalità, ma decine di sfumature anche su sculture che sembrano monocromatiche.

*pianta europea a fiore giallo della famiglia dei cavoli. In passato era ampiamente coltivata in Gran Bretagna come fonte di tintura blu, che veniva estratta dalle foglie dopo averle essiccate, polverizzate e fatte fermentare

Virgule rouge. Aude Franjou, collezione personale, Nemours, Francia, 2009, 120 cm x 50 cm. Lino scolpito: Stoppa di lino, corda di lino, tinto a caldo. ©AudeFranjou
Mother and child. Biennale internazionale dell'artigianato di Cheongju, Cheongju, Corea, 2013, sculture di 30-40 cm raggruppate in moduli di 1,5 m x 2,5 m. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, tinto a caldo. Sullo sfondo: disegni a matita nera su carta kraft 30x50cm. ©AudeFranjou
Mother and child. Biennale internazionale dell'artigianato di Cheongju, Cheongju, Corea, 2013, sculture di 30-40 cm raggruppate in moduli di 1,5 m x 2,5 m. Lino scolpito: Stoppa di lino, spago di lino, tinto a caldo. Sullo sfondo: la collezione di forbici di Aude Franjou, l'attrezzatura da lavoro e una scultura più piccola parzialmente ricoperta di foglia d'oro. ©AudeFranjou

Recentemente si è tenuta la mostra bi-personale “FILS SCULPTES” AUDE FRANJOU / INDRA MILO. Nel rispetto delle personali linee di ricerca, c’è una visione condivisa, una suggestione o un approccio che mette in connessione le tue opere e quelle di Indra Milo?  Come è nata l’idea di questa mostra?

Questa mostra è nata da un amico argentino il cui studio è spesso un luogo di musica e performance dal vivo. È uno spazio aperto che esplora tutte le forme di espressione artistica. Il suo impulso, il suo “coup de cœur”, mi ha permesso di esporre il mio lavoro. Subito mi ha presentato Indra, che è un’intagliatrice di legno. Lei mescola la corda con il legno, e questo è il terreno comune che abbiamo potuto esplorare per creare collegamenti e ponti tra i nostri due media.

Progetti futuri?

C’è un progetto che vorrebbe propormi?

Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.