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DIETRO LE QUINTE DELLA BIENNALE DI FIBER ART DI SPOLETO

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*Foto in evidenza: Biennale di Fiber Art di Spoleto 2019/19 – Palazzo Collicola Arti Visive Museum

In attesa della seconda edizione della Biennale di Fiber Art di Spoleto che aprirà tra poche settimane, mi sono chiesta chi c’è dietro a questo evento che porta nella cittadina umbra una mostra internazionale diffusa allestita in diverse sedi, con installazioni ed interventi site specific di artisti provenienti da background differenti. Così ho incontrato e intervistato Maria Giuseppina Caldarola e Pierfrancesco Caprio, ideatori e coordinatori di questo progetto, che con l’Associazione Culturale Officina d’Arte e Tessuti a dispetto di pandemia e difficoltà sono riusciti a dar forma e vita anche a questo nuovo prestigioso appuntamento

Biennale di Fiber Art di Spoleto 2019/19

Oggi che la Fiber Art ha finalmente guadagnato anche nelle gallerie e nelle fiere di settore lo spazio dovuto ad un linguaggio dell’arte contemporanea, si moltiplicano le mostre specializzate. Tuttavia, promuovere ed organizzare una Biennale di Fiber Art qualche anno fa e, per di più, in una piccola città lontano dalle metropoli crocevia dei flussi del mercato dell’arte, è stato indubbiamente coraggioso e visionario. Come è nata in tempi non sospetti l’idea e perché avete scelto proprio Spoleto?

La risposta è insita in parte nella stessa domanda. Abbiamo scelto Spoleto anche perché è lontana dai flussi di mercato. Ma non solo.

Quando si scende dal treno, nella piazza della stazione ci si trova di fronte ad una grande opera del grande artista Calder, il “Teodelapio”. Crediamo sia l’unico Comune, perlomeno in Italia, dove si viene accolti da una così rilevante opera d’Arte. Spoleto è un centro di cultura.

Basti pensare al “Festival dei due Mondi”, fondato da Giancarlo Menotti nel 1958. A quei tempi unico nel suo genere e che potremmo definire politematico. Ancora oggi il Festival è vivo e crea nuovi spettacoli e nuove occasioni culturali. Ma Spoleto aveva una sua inclinazione all’arte anche prima del Festival. Per esempio Il gruppo di Spoleto. Formato da artisti come Toscano, Raspi, De Gregorio, Rambaldi, Marignoli orientati verso l’informale e soprattutto Leoncillo, grande interprete di un arte senza aggettivi, attiva anche a livello sociale.

Insomma, abbiamo trovato un ambiente favorevole e ricettivo, in un luogo di grande valore architettonico, urbanistico e storico. D’altronde è una condizione che è presente in tutta l’Umbria. Basti pensare a Todi, Assisi, Città di Castello dove è presente l’opera di Burri .

Non ultimo è la tradizione di lavori tessili nell’Umbria. Dove si trovano numerosi piccoli musei a riguardo. Un patrimonio di grande valore.

Un po’ di coraggio l’abbiamo avuto. Ma crediamo che Spoleto sia stata la scelta giusta.

Come si ‘costruisce’ la Biennale? Quali sono le collaborazioni che consentono di dare forma al progetto? Chi sono i partecipanti e come vengono selezionati gli artisti?

Nella prima Biennale la collaborazione più rilevante è stata quella con Docenti ed allievi delle Accademie di belle arti di quasi tutta l’Italia. Così come si prefigura per questa seconda, dove sono presenti docenti e allievi delle Accademie di Brera, Roma, Napoli, Venezia, Torino, Bologna, Foggia, Lecce, Carrara, Urbino. Importante è anche il contributo di opere da parte della DARS, un’associazione di Udine che ha fondato la Biennale del libro d’artista, presente anche nella prima edizione. La presenza massiccia delle Accademie non è casuale. Fa parte di un progetto che parte dal 2017 con una mostra della Galleria Officina d’Arte e Tessuti. Mostra storica, dove erano presenti molti grandi nomi della Fiber Art ed alcune Accademie.

Il progetto aveva due obiettivi. Entrare nelle Istituzioni dell’Alta Formazione per monitorare quali erano le posizioni culturali tra Accademie e la Fiber Art. Secondariamente dare spazio agli artisti giovani che insieme ai loro docenti potevano esprimere le loro idee attraverso opere legate alla Fiber Art. Questo progetto si amplia nella prima Biennale e da luogo ad una collaborazione con una Ditta produttrice di capi in cashemere di alta qualità. La ditta Galassia di Perugia cede gli scarti del processo produttivo agli artisti delle Accademie, in modo tale che da rifiuto venga trasformato in espressione artistica. Così nasce il progetto “Ritagli d’autore. Nuove declinazioni del riuso”. curato particolarmente dalla professoressa Margherita Labbe di Brera.

Per quanto riguarda la selezione, questa avviene in due modi. Per le Accademie viene esercitata dai docenti, avendo un numero stabilito di presenze. Gli altri artisti vengono invitati dalla nostra associazione ed è proprio questa che esercita la selezione.

Quali sono state e quali sono le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare – e quali ancora affrontate – per la realizzazione e la promozione di questa manifestazione?

Le difficoltà di natura economica e logistica nell’organizzare eventi culturali sono sempre presenti. Nel nostro caso, dopo tanti anni di mostre organizzate in galleria e in spazi pubblici, ci troviamo ora ad aspirare ad uno spazio permanente dedicato alla Biennale, pubblico o privato che sia. Non è un caso che le iniziative espositive di Fiber Art più antiche sono anche quelle che hanno uno spazio permanente a disposizione, perché almeno un elemento di continuità è sempre presente e ciò assicura alcune primarie certezze. Per quel che riguarda gli aspetti più propriamente economici le questioni sono complesse, anche perché è difficile dover contare solo su risorse proprie. Qualcosa all’orizzonte si sta muovendo e siamo fiduciosi.

Chi è il visitatore della Biennale e qual è stata fin qui la risposta del pubblico ed il riscontro nell’ambito del settore artistico?

A partire dal 2013, dalla mostra personale di Lydia Predominato, abbiamo avuto modo di notare che il pubblico, con qualche prevalenza di quello femminile, è molto attratto dalla Fiber Art. Gli stranieri lo sono molto perché forse hanno più l’abitudine a questa espressione artistica. In ogni caso, se le persone sono anche “guidate” da qualche spiegazione e racconto sono sempre grate e riconoscenti per aver se non imparato qualcosa, almeno provato delle emozioni. Molte persone sono incuriosite e chiedono dettagli tecnici. In generale, tutti mostrano un atteggiamento di consapevolezza, non “subiscono” le immagini come qualcosa di avulso da sé. Questo è anche un elemento di soddisfazione per gli organizzatori. Nell’ambito del settore artistico troviamo sempre riscontri positivi, quasi una riconoscenza per un lavoro che promuove una creazione artistica non molto presente nelle gallerie o in spazi espositivi pubblici. Più complesso è l’aspetto del mercato dell’arte per questi artisti. Tuttavia ci sono segnali positivi a livello internazionale e dunque speriamo che anche in Italia ci sia un progressivo apprezzamento. Nella nostra galleria lo abbiamo riscontrato in diverse occasioni.

Questo evento ha riscosso un notevole successo sin dalla prima edizione. Cosa è cambiato nel frattempo, dal vostro punto di vista e quali sono le novità di questa edizione?

La domanda è importante, infatti si pone il problema di cosa accade tra un biennio e l’altro. Noi abbiamo avuto la pandemia, e questo ha avuto qualche conseguenza, dal punto di vista logistico, naturalmente, ma anche riguardo all’impostazione concettuale. Alla fine abbiamo deciso di non cambiare nulla di quanto avevamo previsto e presentare le opere realizzate come memoria di un particolare momento nell’esistenza di tutti noi ed al tempo stesso come messaggeri di rinascita e di futuro. È una rassegna che darà conto di un “prima” e di un “dopo”, da cui ricominciare.

Inoltre, va detto che aspettavamo proprio questa seconda edizione per fare una prima valutazione di quanto realizzato, in termini di obiettivi generali e specifici. Funzionale al momento di valutazione e critica è stata la costituzione dell’Associazione Officina d’Arte e Tessuti, alla quale l’omonima galleria spoletina ha passato il testimone per quanto attiene l’organizzazione.

Esigenza fondamentale è condividere in un gruppo più ampio i temi da sviluppare ad ogni edizione, raccogliere spunti ed idee, ampliare l’aspetto sinestetico, con contributi di musicisti e poeti.

 

Qual è, secondo voi, l’aspetto più interessante della Biennale? Cosa direste ad un ipotetico visitatore non abituato a frequentare le mostre d’arte che vi domandasse le ragioni per cui dovrebbe visitare la Biennale?

È la presenza di artisti affermati insieme a studenti di Accademia, a persone che, pur non avendo una specifica formazione artistica, se guidate da un’artista con un forte impegno a livello morale e sociale, riescono ad esprimere una creatività sempre più consapevole. È l’esempio del Gruppo veneziano Verdeaqua creato dall’artista Anna Moro Lin, invitato nella precedente edizione. In sintesi, possiamo affermare di sentirci pienamente sintonici con alcune affermazioni di Christine Macel:

L’Arte “un giardino da coltivare al di là delle mode e degli interessi specifici, un’alternativa insomma all’individualismo ed all’indifferenza” afferma la Macel[1] e prosegue, riferendosi alla 57° Biennale di Venezia: “E’ una mostra con gli artisti, degli artisti ed infine per artisti sulle forme che vengono proposte sugli interrogativi che sollevano sulle pratiche sviluppanti ed i modi di vivere
In sintesi, una “Biennale per conoscere”: cosa c’è di meglio per decidere di visitarla?

[1] Christine Macel “Viva Arte Viva” Catalogo 57°  Biennale d’Arte di Venezia 2017

Quali sono i piani per il futuro? E c’è un ‘sogno nel cassetto’?

“La Biennale tutto l’anno” è l’idea maturata nel periodo di confinamento. In assenza di contatti e di occasioni di incontro ci siamo resi conto dell’esigenza di attivare canali diversi di comunicazione e di creare momenti di approfondimento, scambio e discussione sui temi che vengono trattati nell’ambito della Biennale. Si pensa a mostre personali da ospitare nella nostra galleria spoletina per approfondire la conoscenza di una serie di artisti che, quando invitati in Biennale, possono mostrare solo una minima parte della loro produzione artistica. La galleria diventa così un’occasione per ospitare questi Focus. Non l’unica occasione. Infatti da parte del CAOS di Terni ci è stata offerta la possibilità di utilizzare i loro spazi espositivi al medesimo fine. Siamo molto contenti di questa collaborazione anche perché abbiamo già lavorato con il Direttore artistico e scientifico Pasquale Fameli, che figura come curatore dello spazio RIZOMATICA presente nella prima edizione della Biennale. È anche un accademico e questo per noi è una condizione che ci assicura di mantenere sempre un profilo di una sufficiente qualità.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.