ELIN IGLAND
*Foto in evidenza: Immagini dalla mostra «Weights and Free Flocs of Birds» alla Soft Gallery, 2017. Crediti fotografici: Øystein Thorvaldsen
Elin Igland, 1982, è un artista tessile norvegese, che vive a Landvik nel comune di Grimstad.
Igland ha conseguito una laurea in arte tessile presso la Bergen School of Art and Design (2006-2009) e un master presso la Oslo School of Art (2010-2013).
La sua pratica rivisita la tradizione tessile; le strutture classiche dell’intreccio di trama e ordito sono un motivo di studio costante e una base sulla quale sperimentare a livello materico, tecnico e concettuale. Il suo lavoro dimostra una vasta consapevolezza di questo mezzo espressivo.
Alle conoscenze storiche e tecniche, basate sugli anni di studio accademico e di apprendistato a Como, nel 2009, dove ha lavorato come designer tessile e stagista, e a Tilburg, nei Paesi Bassi, si affiancano quelle sperimentali tipiche dell’arte tessile moderna di stampo norvegese.
Negli ultimi 10 anni, Igland ha partecipato a diverse mostre in importanti location tra cui il Southern Norway Art Museum di Kristiansand, Gallery 3,14 di Bergen, Trafo Art Gallery di Asker. La sua prima mostra personale è stata ospitata da Kampen Visningsrom nel gennaio 2014. Nell’ottobre dello stesso anno, Igland ha aperto una grande mostra personale a Reimangården con il sostegno della Grimstad Art Association. Le sue ultime mostre personali hanno avuto luogo alla Soft Galleri di Oslo (2017) e alla Buen Gallery di Mandal (2022).
La pratica dell’artista è stata sostenuta da importanti premi e sovvenzioni sia regionali che statali come lo Statens kunstnerstipend e il Bildende Kunstneres Hjelpefond (BKH).
In questa intervista, l’artista norvegese spiega come si è sviluppato il suo interessante linguaggio visivo e le tecniche che lo sostengono.

La tua pratica artistica si basa su un approccio materico che attua una sperimentazione sulle tecniche tradizionali di tessitura e le reinterpreta. Parlaci del tuo rapporto con la tradizione e dell’aspetto liberatorio di questa azione stilistica.
Nella tradizione, ci sono spesso molte regole e aspettative con le quali ci si deve confrontare. Preferirei non avere queste limitazioni e formare la mia modalità espressiva basandomi su valori materici e tecniche proprie. Molte tradizioni hanno beneficiato dall’essere messe in discussione e anche distrutte. Sono ispirata dai momenti storici legati allo sviluppo dell’arte tessile, nel corso della quale le tradizioni sono sempre state messe in discussione e scardinate aprendo le porte a molte possibilità interpretative e espressive.
La comunità norvegese che si è riunita attorno all’arte tessile ha una storia unica e una lunga esperienza di sperimentazione con questo mezzo nell’arte visiva, ed è marcata da una liberazione rispetto ai metodi tradizionali. Questo atteggiamento trova le sue radici nella mobilitazione degli artisti del 1974 che ha portato alla formazione dell’associazione Norwegian Textile Artists. Io e i miei colleghi contemporanei possiamo ringraziare i molti venuti prima di noi per questa libertà. La libertà in cui mi trovo a lavorare come artista non è scontata e deve essere salvaguardata costantemente.
Nella mia pratica, alterno lavorazioni libere ad altre che realizzo utilizzando la tecnologia propria del lavoro a telaio come l’uso dei pattern e degli schemi del disegno che definiscono le combinazioni di trama e ordito. Le proprietà dei materiali sono importanti. Sperimento e indago fino a che punto posso essere indipendente dal telaio come macchina, e mi pongo domande quali: quando non si tratta più di tessitura? Cosa definisce un arazzo? Cosa definisce una superficie piana e bidimensionale in opposizione allo scultoreo, spaziale e tridimensionale?
Nel 2009 hai vissuto in Italia, lavorando come designer tessile durante un periodo di apprendistato. Puoi parlarci delle esperienze formative che hanno contribuito allo sviluppo della tua pratica?
È stata un’esperienza molto emozionante e mi ha dato molta ispirazione! Ho potuto sperimentare con mano l’industria tessile da un punto di vista diverso da quello che conoscevo. Mi ha permesso di acquisire molte conoscenze e di farmi un’idea dell’industria tessile italiana e della sua cultura, il che è stato fantastico.
È stato istruttivo sperimentare come venivano elaborati e prodotti i tessuti per le case di moda europee. C’è un’enorme quantità di conoscenza e creatività da cui è stato bellissimo imparare. La mentalità dell’industria è vicina ma anche distante da come approccio la produzione nella mia pratica; vi riconosco un parallelo nell’aspetto sperimentale, il modo in cui il materiale assume una funzione specifica e come si può lavorare tecnicamente usando il telaio per ottenere le espressioni visive che si desiderano.
Lavoro in modo molto materico, nel processo creativo le idee nascono dal confronto con la tecnica e il materiale. In questo modo concretizzo un oggetto, una scultura o un’installazione. Approcciandomi con il materiale mediante dei processi pratici, arrivano anche le idee, i concetti e i pensieri sottesi al lavoro stesso. A Como e nell’industria tessile, si è pratici in un modo diverso; si guardano modelli, campioni, qualità, colori, combinazioni e si lavora verso un’espressione visiva. Como è stato un posto meraviglioso. Sono incredibilmente impressionata dalla quantità di conoscenza e dalla dedizione al tessile e all’industria.

La maggior parte delle tue sculture assumono forme astratte dove superfici molto organiche si mischiano e confrontano con altre regolate invece dall’incrocio geometrico di trama e ordito. Come e perché hai scelto di alternare questi aspetti?
Alterno la tessitura su macchine industriali jacquard, la tessitura a mano e la tessitura libera dove appendo l’ordito al soffitto con dei ganci e mi muovo attorno ad esso con le trame, agendo come una gigantesca navetta. La mia pratica spazia dal lavoro su macchine industriali molto complesse, che richiedono precisione, all’utilizzo di quello che io chiamo “telaio libero” dove posso creare in grandi dimensioni e in maniera grezza, decidendo tutto sul momento. Questa è sia una necessità che un contrasto nel mio lavoro. Quest’opposizione mi è d’ispirazione, e ciò che accade quando si permette al materiale di agire senza doversi conformare al sistema o alla cornice dei telai. Questa è l’emozione in cui spesso lavoro; cosa succede quando i principi del telaio, come la struttura e la tecnologia, che forniscono il sistema e hanno la capacità di tenere migliaia di fili al loro posto, scompaiono? La natura del materiale è quella di arricciarsi da solo. Cosa succede senza l’influenza e il controllo meccanico e umano, e senza una struttura rigida? Quando l’opera non è più un arazzo? Cosa definisce un arazzo?

Lana Norvegese, filati sintetici e legno; come scegli i materiali da usare nelle tue opere?
I contrasti materici sono importanti per me, e il concetto dei materiali: cosa significano? Che qualità hanno? Da dove vengono? Con quale intenzione sono stati prodotti? La lana che uso proviene da una magnifica filatura chiamata Norsk Kunstvevgarn, che si trova vicino alla mia città natale in Norvegia.
Norsk Kunstvevgarn e la famiglia Hoelfeldt-Lund producono filati, specialmente per arazzeria, da pecore norvegesi Spæl. La loro produzione dura da decenni con una qualità straordinaria e fibre selezionate a mano che hanno caratteristiche quali lucentezza e resistenza, in modo che il filato fornisca speciali effetti di superficie nella tessitura dell’arazzo. H. Lund produce anche un ordito particolare in lana di Spæl-sheep, una qualità con molta forza e rigidità dove il filo ha delle fibre che sporgono agendo, nel mio caso, come ganci per contenere la leggerezza del nylon.

Il nylon è una tipologia di filato usata nell’industria della maglieria e possiede una proprietà che, quando viene estratto dai suoi coni, lo fa espandere. Questa è una caratteristica che ho usato nella tessitura, per ottenere volume tra gli strati e come effetto di volume nella superficie quando uso telai industriali. Alla fine, ho iniziato a testare questa proprietà del nylon nei miei esperimenti a telaio libero; ho avvolto il filo in matasse più spesse da usare come trama quando tessevo liberamente nella stanza.
La combinazione della fibra di lana rigida e della finezza del nylon fa sì che i filati si attacchino tra loro e interagiscano l’uno con l’altro. Questo aspetto mi dà l’opportunità di lavorare con la forma scultorea e l’espressione visiva che voglio.

Il filo sembra avere un ruolo essenziale diventando protagonista a livello formale e indicando significati nascosti (come nell’opera Lodd og Frie Fugleflokker); che significato assume nella tua pratica?
Il filo e il materiale giocano un ruolo molto importante. In un’opera astratta sono i materiali, la forma e i colori che si pongono in prima linea e incontrano lo spettatore. I significati nascosti sono presenti a diversi livelli, alcuni leggibili e altri completamente astratti. I titoli che uso giocano un ruolo importante nel trasmettere un significato allo spettatore. Allo stesso tempo, desidero che lo spettatore abbia uno spazio di interpretazione il più aperto possibile; voglio che sia responsabile in prima persona dell’esperienza delle opere stesse, anche solo come percezione fisica di colori e materiali in relazione all’architettura e allo spazio, niente di più. O magari attraverso interpretazioni più simboliche, che essi ritrovano nell’esperienza di un’opera d’arte astratta.

Oltre ad avere una forza visiva propria, le tue opere dialogano fra di loro e con lo spazio. Ci puoi parlare di questa relazione?
Nel mio processo di creazione di un’opera lavoro sempre con in mente la stanza dove si terrà la mia prossima mostra. La combinazione dei diversi oggetti è essenziale, voglio che essi funzionino nello spazio della galleria per dare al pubblico un’esperienza olistica e spaziale. Come sono montati i diversi oggetti? Quante opere ci sono nella stanza, a che altezza sono appese al muro? Come gli oggetti scultorei sospesi si relazionano a quelli appesi al muro? Queste considerazioni sono molto importanti per me quando allestisco una mostra, influenzano la percezione di ogni singolo oggetto e del loro insieme.

Nell’opera Ny Horisont realizzata per l’altare di Nye Flekkerøy Kirke un tipico cielo scandinavo di luce e nuvole si staglia sullo sfondo di cemento della parete. Il filo è presente ma la tecnica di lavorazione del tessuto sembra essere differente rispetto ad altre tue opere, come hai realizzato questo lavoro e da cosa è stato ispirato?
Questa installazione per altare è prodotta al Textile-Lab di Tilburg, in Olanda. Un posto incredibile dove ho soggiornato come tirocinante prima di recarmi a Como. In questo laboratorio si ha la possibilità, come artista, di produrre opere su macchine tessili industriali. Un posto unico, dove si possono usare le macchine in un modo diverso dal solito. Si può sperimentare stimolando ampiamente i telai per produrre l’espressione visiva desiderata. Non ci si deve attenere a ciò che sarebbe consono fare se si dovessero tessere metri di tessuto: ritmo di tessitura, materiali stabili perché il telaio lavori senza complicazioni, il disegno che deve essere bilanciato in modo che l’ordito continui per molti metri, ecc. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di utilizzare i materiali di alta qualità per arazzeria prodotti da H.Lund in macchine industriali, perché possiedono una qualità del tutto unica che un tale progetto ecclesiastico merita.

Per quanto ne so, questo filato, essendo molto rigido e spesso, non è mai stato usato in questo modo prima. Ma fortunatamente nel laboratorio l’abbiamo reso possibile, effettuando molti test e trovando soluzioni per farlo funzionare. Mi interessava usare i materiali di H.Lund perché hanno una lunga tradizione nel campo dei tessuti per la chiesa. La chiesa aveva precedentemente un arazzo d’altare tessuto dalla tessitrice norvegese Else Marie Jackobsen, che è una mia grande ispirazione. L’idea dietro quest’opera è stata anche quella di creare un punto di riferimento per la religione e per le persone che usano la chiesa. Flekkerøy è un posto bellissimo con una lunga tradizione associata alla natura, al mare e alla pesca. Il punto di partenza visivo è una piccola pietra che giaceva sui gradini della vecchia chiesa. È stata ingrandita con un microscopio, e sono emersi i colori più sorprendenti; gli stessi colori che sono centrali nella fede cristiana: i colori liturgici verde, rosso, viola e bianco. Anche l’architettura ha avuto un ruolo fondamentale in questo progetto
Il 2022 sembra già essere un anno ricco di eventi per te, cosa hai in programma?
stata coinvolta in politica e nell’organizzazione Norwegian Textile Artists – che gestiscono la Galleria Soft a Oslo, una galleria che pone l’arte tessile al centro della propria programmazione. Questa organizzazione e le donne che l’hanno fondata negli anni 70 sono una grande ispirazione per me. La libertà per cui hanno lottato non è ovvia, e ha avuto un grande impatto sulle possibilità mie e di altri artisti tessili di lavorare liberamente e a livello sperimentale. Attualmente sto anche partecipando alla Textile Art Triennale – Textile Art of Today che sarà in corso, per tutto il 2022, nell’Est Europa.