Interviste

ELISA MULIERE

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*Foto in evidenza: Elisa Muliere, Sara Bonaventura, Iconoplast, 2021, installation studio view, courtesy Adiacenze, ph. Visual Lab

Istintiva, introspettiva, narrativa, intuitiva, sensuale, ironica: Elisa Muliere (Tortona, 1981) vive e lavora a Bologna, dove sviluppa una ricerca eterogenea, che spazia dalla pittura su tela e carta alla sperimentazione di altre forme espressive come installazioni, scultura e prodotti editoriali, perseguendo con coerenza la sua indagine su quelle che lei stessa definisce le “complessità insite nell’animo umano”. Complessità, ma anche leggerezza, liberazioni e fragranze, nelle quali ama addentrarsi in maniera introspettiva e visionaria, ricostruendo un immaginario in equilibrio tra armonie e contrasti.

Da oltre un decennio espone in diverse mostre personali e collettive, in Italia e all’estero, ed è stata selezionata per diverse residenze. Ha pubblicato due libri d’artista: Icaro deve cadere (2014, GRRRz Comic Art Books), presentato in diversi spazi tra cui la VII Biennale Internazionale dell’Illustrazione di Lisbona “ILUSTRARTE” come progetto finalista, e Il mio regno (Edizioni Sido, 2018) un’interpretazione contemporanea e femminile della più celebre fiaba di Oscar Wilde “Il Principe Felice”, in cui la principessa si trova ad affrontare il regno di un’umanità complicata.

Ma forse non meno complicate potrebbero essere le forme di esistenza prefigurabili per il futuro, oggetto della più recente ricerca, proiettata in una dimensione post-human dove – coerentemente con la vocazione trans-disciplinare dell’artista – scienza e consapevolezza ambientale sollecitano la costruzione concettuale e tattile di un nuovo biomorfismo, che evoca la fusione tra naturale e artificiale. La incontriamo proprio mentre lavora alla presentazione di questo nuovo progetto espostivo.

Elisa Muliere, Sara Bonaventura, Iconoplast, 2021, installation studio view, courtesy Adiacenze, ph. Visual Lab

Nel tuo lavoro utilizzi abitualmente diversi mezzi espressivi e – come mi hai raccontato quando ho visitato “clandestinamente” un tuo allestimento nel periodo in cui eravamo ancora a ridosso del lockdown – a un certo punto la macchina da cucire è entrata quasi casualmente tra gli strumenti con i quali hai iniziato a sperimentare l’utilizzo di materiali plastici. Una manualità che ti ha sorpresa e coinvolta via via sempre di più, mentre lavoravi a un progetto sulla visione del futuro, in una dimensione sospesa tra arte e scienza apparentemente lontanissima dal recupero delle tecniche sartoriali e tradizionali. Ci racconti la genesi di questo progetto e le sue interazioni?

Iconoplast è un progetto di ricerca transdisciplinare, a cura di Adiacenze (Bologna) e Anna Rosellini, al quale sto lavorando con la video artista Sara Bonaventura dal novembre 2019. Ideato a partire dall’incontro a Londra con Madelon Vriesendorp – artista olandese e co-fondatrice dello studio di architettura Oma – e ispirato alla sua recente serie di sculture Milk Bottles, veri e propri idola ricavati da plastica di scarto domestico, il progetto ha preso forma durante una residenza artistica attivata da Adiacenze nel 2020 all’interno dei suoi locali, chiusi al pubblico a causa della pandemia.

Racconta, attraverso una narrazione speculativa, di un futuro post-human nel quale alla specie umana si è sostituita una nuova specie vivente, nata dall’incontro tra le microplastiche presenti oggi nelle acque del pianeta Terra con cellule e batteri.

Chiamate a confrontarci con un materiale inedito all’interno della nostra produzione come la plastica, io e Sara abbiamo lavorato alla composizione di un’installazione immersiva costituita di smaterializzazioni video, elementi scultorei e assemblaggi. Un mondo perturbante, pulsante e colorato, curioso – profondamente distante dall’estetica desolante tipica delle narrazioni sull’Antropocene – che ci auguriamo possa innescare nel visitatore un pensiero laterale di riflessione sulla propria condizione.

Elisa Muliere, Iconoplast, 2020, preparatory sketch

Se Bonaventura racconta la genesi di questa nuova specie, dal mio Iconoplast prende forma l’emerso, la neoforma primordiale: grandi sculture di film plastico cucite, riempite di altrettanta plastica di recupero, si adattano allo spazio da occupare, ogni volta con un approccio site specific. Tentacolari, morbide, aperte in uno slancio vitale, vogliono accogliere empaticamente il pubblico, creando un cortocircuito emotivo tra fascinazione e disorientamento.

Il progetto debutterà il 12 marzo 2022 presso la project room Ronchini al Caos Museum di Terni; la mostra, visibile sino al 24 aprile, sarà preceduta da un ulteriore periodo di residenza presso La Romita School of Art. Questo ci darà modo non solo di formalizzare l’allestimento, ma di collaborare con alcune aziende del territorio e con l’HackLab del Museo – che ci affiancherà nell’ideazione di particolari effetti sonori e luminosi per mezzo dell’utilizzo di Arduino e altri dispositivi tecnologici.

Credo che la forza Iconoplast risieda nel suo carattere trasversale: è pensato infatti come progetto itinerante e in divenire, da sviluppare con differenti esiti formali, per accogliere una pluralità di contributi sia artistici che di figure altre quali scienziati, ingegneri, poeti, filosofi…

Elisa Muliere, Sara Bonaventura, Iconoplast, 2021, installation studio view, courtesy Adiacenze, ph. Visual Lab

Le esperienze di residenza sono un motore molto significativo per la ricerca contemporanea e spesso offrono occasioni inedite per l’interazione interdisciplinare. Come le vivi? 

Le vivo come occasioni: per attivare intuizioni, contaminare il reciproco pensiero, andare in profondità. Penso ad esempio alla residenza Isola Comacina (luglio 2018) promossa dall’Accademia di Belle Arti di Brera, in compagnia di Cristina Principale, storica dell’arte, curatrice e giornalista e dell’artista Barbara Baroncini. Un’esperienza intensa di incontro e scambio, colma di poesia. O ancora, al progetto Prospettive, ideato e a cura di Adiacenze, al quale ho partecipato con Giulio Zanet nel luglio del 2020 a Spilamberto (MO): un lavoro in sinergia con il territorio e i suoi abitanti, di indagine storica e sociale. Le residenze servono esattamente a questo, a innescare un confronto mescolando discipline, filosofie, culture e a cambiare punto di osservazione, operando fuori dai nostri studi privati. Sono uno strumento fondamentale per la formazione di un pensiero artistico aperto all’ibridazione, alla collaborazione – affinché il nostro linguaggio possa affrontare temi contemporanei con l’intensità necessaria a tracciare nuovi percorsi di indagine sul futuro.

Elisa Muliere,2021,When she has gone, mixed media on canvas, 106x80 cm, courtesy the artist and Traffic Gallery

In tutti gli ambiti in cui operi – dall’editoria alla pittura, fino all’installazione – proponi un lavoro che sonda i riverberi tra inconscio personale e condizione universale, valorizzando l’identità femminile come condizione di sensibilità e forza, come abbiamo visto fare, con diverse modalità, da molte artiste delle avanguardie… Dobbiamo ancora sostenerla come battaglia? 

Tutta la mia produzione ha una radice di lavoro estremamente fisica, di contatto. Sgorga da un canale interno e basso, di ascolto del sé e restituzione. Movimenti del corpo che si riflettono sul materiale: in un cenno pittorico, nella piega di una lastra ceramica, nel taglio di un tessuto. Morbidi, sinuosi a volte, pungenti e disarmonici altre. Ogni pezzo entra poi in relazione con gli altri in un dialogo aperto – a comporre una coralità fluida.

Altrimenti anche niente, 2021, group show, installation view, courtesy Rehearsal
Altrimenti anche niente, 2021, group show, installation view, courtesy Rehearsal

Mi chiedi se dobbiamo ancora sostenere una battaglia per l’emancipazione. Vorrei poterti rispondere di no, che non è più necessario – eppure non è così. C’è ancora molto da fare e da dire per l’affermazione di un pensiero inclusivo e di alleanza, che faccia leva sul ribaltamento delle idee dominanti. Anche per questo, nella mia produzione, punto senza sosta sul concetto di possibilità. Per accogliere, comprendere, mutare: schemi, condizioni, stati d’animo. Siamo esseri di passaggio, instabili in ogni frazione di vita.

Ad un grido di battaglia però, preferisco una polifonia, che si insinui tra i pensieri, prenda spazio. Un canto variabile per ritmo ed intensità, che ci tenga svegli, vivi, emozionati. Che sappia raccontarci.

Valeria Tassinari

English version Valeria Tassinari è storica dell’arte, docente, curatrice e critica d’arte contemporanea. Si è laureata al DAMS (in Discipline delle Arti) presso l’Università di Bologna. Docente di Storia dell’arte, ha insegnato Storia della Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, istituzione per la quale ha curato incontri, conferenze e pubblicazioni sul tema della decorazione nella storia e nella contemporaneità. Scrive testate giornalistiche e specializzate, e collabora stabilmente con “Il Giornale dell’Arte” Allemandi e con la rivista Arte iN. Ha collaborato con istituzioni pubbliche e museali in Italia e all’estero; dal 2012 è curatore scientifico del Museo MAGI ‘900 e dal 2022 è presidente del Centro Studi Internazionale “Il Guercino”. Come curatrice indipendente si occupa di progetti espositivi incentrati sul rapporto tra arti visive e contesto storico e naturale. Si occupa inoltre di progetti di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico, con particolare attenzione per il rapporto sinergico tra le arti e il contesto antropologico e ambientale.