Franca Sonnino, ovvero la poesia in una tela di ragno

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Con una matassa di filo di ferro e qualche rocchetto di filo di cotone, Franca Sonnino si accinge a ricostruire il mondo. Il suo microcosmo è definito da un segno sottile, continuo, a volte sommesso, sempre inteso comunque a cogliere del reale l’essenza profonda, non il dato contingente, l’intima sostanza della struttura non la mutevole apparenza della sovrastruttura. Col risultato che i suoi paesaggi, le sue nature morte, i suoi mosaici attingono una condizione di immaterialità, di precarietà, che se da un lato suggerisce una sensazione di levità, d’altro canto rivela una provata attitudine a penetrare oltre la pelle dell’esperienza per impadronirsi del nucleo di essa.
Così, usando un segno essiccato sino all’inverosimile, incredibilmente Sonnino diviene scultrice, modellando il vuoto assediando lo spazio con un fitto reticolato di tensioni, all’interno del quale si riesce ad immaginare il cumulo di sensazioni, che l’hanno originato. Destrutturare il reale per rivederlo in forma diversa, poeticamente motivata ma al tempo stesso verosimile, togliere consistenza alla prosaicità delle cose e riproporle tuttavia in forma credibile. In questo consiste il lavoro dell’artista ei giochi d’ombre che le sue forme intraprendono costituiscono l’inconfutabile prova del nove della loro esistenza, l’indizio certo della immanenza della poesia al di là dell’incredulità, la certificazione del suo ostinato voler essere al di là del quotidiano e dell’effimero. Se in passato il legame con la realtà, pur ridotto all’osso e a lungo decantato, si leggeva abbastanza agevolmente, oggi affiora invece nella serie dei “mosaici” una tensione ancor più spiccata all’astrazione, all’adozione di moduli regolari, di forme geometriche, di una sintassi articolata ma fondata sulla serialità. Non è una fuga verso l’irrazionale, non è l’abdicazione dalla comunione con le cose del mondo, ma solo un mutamento dovuto agli strumenti con cui l’artista guarda ad esse.  E’ come se avesse avvicinato l’occhio alla lente del microscopio, per godere dell’armonia perfetta, ma niente affatto artificiale insita nella struttura di un cristallo o nella tela di ragno.

(Lia De Venere)

Franca Coen Sonnino è nata a Roma nel 1932, dopo essersi laureata in lettere inizia nei primi anni ’70 il suo percorso artistico dedicandosi alla pittura sotto la guida di Maria Lai. Dal 1972 ha esposto regolarmente in gallerie e musei. Nel febbraio 2019 il Museo del tessile di Busto Arsizio ha dedicato a lei e Maria Lai la rassegna “ Maria Lai e Franca Sonnino Capolavori della Fiber Art italiana”.
Dal 2019 viene rappresentata da Repetto Gallery di Londra ed è presente nelle principali Fiere internazionali d’Arte.

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Franca Sonnino
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