Giulia Nelli a TRAMANDA
*Immagine in evidenza: Madre terra, 2019, collant nero di diverse densità (den) e filo bianco di lana, diametro 61 cm. Opera finalista del YOUNG FIBER CONTEST Premio Città di Chieri 2020. Foto: Giulia Nelli
Tra le opere in mostra nell’edizione in corso di TRAMANDA a Chieri, visitabile fino al 15 gennaio 2022, c’è MADRE TERRA di Giulia Nelli, giovane artista lombarda (classe 1992) laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera e con un Master in Exhibition Design del Politecnico di Milano.
Un uguale interesse per l’ambito progettuale ed artistico, per il ruolo del gesto e il valore della manualità con cui entrare in contatto con la materia, l’hanno condotta a sperimentare il medium tessile, soprattutto il collant, in opere di piccolo formato così come in installazioni site specific attraverso una tecnica di scomposizione e ricomposizione che riconduce il materiale all’elemento base, il filo, con cui dà forma a nuovi equilibri. Per lei “fare, disfare, annodare e riannodare è la storia e l’immagine della vita, è l’abilità che permette alle donne delle mitologie di tutte le popolazioni antiche di ricongiungere in un’unica trama emozioni, parole e silenzi, storie e legami, memorie e speranze per il futuro.”
La partecipazione alla manifestazione chierese è solo la più recente tra le mostre al suo attivo ed è stata l’occasione p per fare il punto con lei sul suo percorso, su obiettivi e progetti attraverso le domande di questa intervista.
Giulia Nelli. Sullo sfondo Ombra di un sospiro, 2021
La tua opera selezionata ed attualmente in mostra per TRAMANDA è MADRE TERRA: mi racconti questo lavoro?
L’opera Madre terra nasce dallo studio di un modo innovativo di intendere la tecnica tessile dell’arazzo contemporaneo, nel quale la trama è ancora dominante ma l’ordito resta visibile e assume un proprio ruolo all’interno del disegno. In particolare, nell’opera Madre terra l’ordito bianco rappresenta una pioggia leggera che genera nuova vita nella natura: una metafora antica del rinnovarsi dello spirito di vita, anche all’interno dell’individuo, dove possono finalmente germogliare i semi della felicità e delle emozioni più vere.
L’opera contiene in sé alcune delle tematiche che ho poi sviluppato pienamente nell’ambito del progetto “Humus” durante il 2020, di fronte alle problematiche ambientali ed economiche portate alla luce dalla pandemia. Nel progetto ho utilizzato la metafora del viaggio nel sottosuolo per attingere dai legami simbiotici di cooperazione, presenti nel suolo tra comunità vegetali e animali, un nuovo punto di vista su come portare avanti la sfida per la sopravvivenza prendendosi cura dell’habitat e della capacità riproduttiva della terra. Portare in primo piano ciò che sta sotto di noi, come in Madre terra, è anche un invito a soffermarsi sull’importanza dei valori profondi che sostengono una comunità e che la rendono forte e resiliente.
Natura velata, 2021, acquerello, penna nera e collant nero, h61x60 cm. Opera finalista del Premio Morlotti – Imbersago 17° edizione 2021. Foto: Giulia Nelli
I collant rimangono il tuo materiale d’elezione ma i tuoi lavori e la tua ricerca quanto e come sono cambiati nel corso del tempo?
Il mio lavoro è iniziato strappando il tessuto dei collant per ridurli al loro elemento essenziale, il filo, e rielaborare nuove trame immobilizzate su supporti o intelaiature rigide: queste prime opere hanno sfruttato il contrasto tra vuoti e pieni, realizzato mediante le smagliature dei collant, e il contrasto tra bianco e nero per creare segni morbidi e allo stesso tempo incisivi, forti e drammatici.
Successivamente ho cercato di lavorare maggiormente sullo sfondo trattandolo mediante l’uso di inchiostri o realizzando un ampio lavoro di chiaro scuro con la penna.
Più recentemente ho cercato di rendere le mie opere ancora più vicine al mondo tessile staccandomi dal supporto fisso per realizzare istallazioni di grandi dimensioni dove il collant viene utilizzato anche come tessuto di fondo e crea sfumature e trasparenze grazie all’accostamento di collant di den differenti. Allo stesso tempo sto cercando di far emergere maggiormente la matericità del mio lavoro facendo debordare il materiale dai vuoti: quindi un lavoro che utilizza di meno il gesto dello strappo e dello smembramento e di più quello dell’assemblamento di pezzi diversi lasciati integri nella loro fisicità.
Il volto dell’altro, installazione tra gli alberi, giugno 2021, Basilica di San Celso, Milano. Foto: Giulia Nelli
Entriamo nel secondo anno segnato da una pandemia globale. Come ha influito sul tuo lavoro e sul tuo percorso artistico?
Fin da subito la pandemia mi ha segnato personalmente per la drammaticità di tante vite spezzate così velocemente e per l’importanza del rispetto reciproco nelle scelte di tutti i giorni. È nata così la necessità di raccontare il bisogno e l’importanza per le persone di legami forti e la bellezza di relazioni durature e responsabili, che possono fare la differenza per sé e per gli altri.
Ho unito così il tema dei legami da sempre al centro della mia poetica con quello della fragilità della vita umana, per sottolineare come si possa trovare la forza per una rinascita culturale e socio-economica nei legami di cooperazione tra le persone.
Respiro vitale, 2020, collant nero 100 den e inchiostro su carta, h176x130 cm. Foto: Giulia Nelli
La sperimentazione di installazioni di grande formato, anche site specific, nell’ultimo anno ti ha costretto a confrontarti non solo con la tridimensionalità ma, soprattutto, con lo spazio. Come ha influito questo fattore sulla genesi dell’opera? E sulla relazione artista-opera-fruitore?
Le istallazioni di grande formato mi interessano molto perché posso mettere a frutto le conoscenze di exhibition design che ho acquisito nell’ambito del mio percorso formativo e che riguardano appunto la relazione spazio-opera-fruitore. Per esempio, l’istallazione Su ali d’aquila esposta a settembre presso le Scuderie di Palazzo D’Adda a Varallo Sesia mi ha dato la possibilità di sperimentare l’interazione dell’opera con un ampio spazio all’aperto: credo che la collocazione scelta per l’istallazione, che l’ha resa visibile già dall’ingresso del palazzo, l’abbia fatta sembrare quasi un elemento costitutivo dell’architettura dell’edificio, conferendole un carattere “monumentale”.
Ho realizzato inoltre alcuni progetti, ancora purtroppo solo sulla carta, in cui l’istallazione si avvale di una struttura portante studiata appositamente, che, in armonia con l’ambiente più ampio che la ospita, crea un microcosmo nel quale il visitatore può per un momento immergersi completamente nell’atmosfera dell’opera.
Su ali d’aquila, 2021, collant nero e collant color naturale (installazione composta da tre parti), settembre 2021, Varallo Sesia. Foto: Erika Lacava
Guardando avanti, quali progetti all’orizzonte?
I miei progetti riguardano per l’immediato futuro la realizzazione di opere di grande formato che uniscano ai collant altri materiali di supporto e sfruttino un uso controllato della luce.
Quest’anno avrò la possibilità di sviluppare ulteriormente il tema del tessuto di relazioni presenti all’interno del contesto culturale, paesaggistico e storico di un territorio grazie alla residenza d’artista presso Villa Greppi.
In futuro mi piacerebbe cominciare a studiare forme di interazione tra pubblico e artista, già ampiamente sperimentate nell’ambito delle arti performative, che consentano di realizzare opere anche grazie alla partecipazione attiva del pubblico, senza per questo denaturare il messaggio iniziale dell’artista.
Su ali d’aquila, 2021, collant nero e collant color naturale (installazione composta da tre parti), settembre 2021, Varallo Sesia. Foto: Erika Lacava