La Rubrica di Tullia

Ho visitato Treviso

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Di sera, se il tempo è bello, le rondini svolazzano da un campanile a una torre nel cielo chiaro. Mi hanno colpito, dove vivo non tornano più, come nella vecchia canzone.

Aria serena e tanta luce dappertutto: sui mattoni, sui marmi, sulle pitture slavate, sulle case rifatte all’insegna della memoria, uguali a prima.

Una sorpresa, non ero mai fermata qui, è stata la prima volta. Ho un ricordo, raccontato da mia madre: quando stava a Villa Santina, io non ero ancora nata, veniva fino a Treviso perché qui c’era un bravo ginecologo, nessuno dei suoi cinque figli è nato da queste parti. La nostra Tata veniva da qua, un po’ più a nord, dalla Carnia friulana.

L’aria che si respira a Treviso me la ricorda, mancano le grandi montagne. Bei negozi, ristoranti eleganti, bar dove si beve, giovani e meno giovani dall’alba al tramonto. I migranti stanno nascosti, mimetizzati, seconde generazioni di africani sono integrate con la città, lavorano o studiano, dovunque biciclette.

Grazie alla ricchezza e allo sviluppo di alcune industrie sono sorte Fondazioni che investono in cultura occupandosi della valorizzazione, e del restauro di alcuni luoghi del passato, attrazioni di turismo.

Un esempio: “le carceri austroungariche”, proprio sulla piazza del Duomo. Consiglio la visita alla cripta e al suo museo. Bianco abbacinante dei corridoi , spiccano le porte delle celle di legno spesso, attraverso le ferritoie, piccoli sportelli con chiavistello, creano un effetto ’lontananza’, si intravedono pannelli coloratissimi, con formelle tutte uguali, dipinte e provenienti da paesi africani. IMAGO MUNDI, di quel mondo dimenticato da un’umanità distratta da troppi pensieri egoisti. “Sahara: What is Written Will Remain”,www.imagomundiart.com

Qui l’Africa appare nella sua dimensione disperata e gioiosa nonostante tutto. La Mostra patrocinata dalla Fondazione Luciano Benetton, è ospitata in questa sede, quanto mai evocatrice, ma non sembra sia stata altrettanto pubblicizzata.  Ho passato lì un pomeriggio in completa solitudine.

Ma c’è tanto, altro, in questa città. Conosco bene altre città di questa meravigliosa regione italiana che sono ridondanti internazionalmente note. C’era una Pinacoteca piena di capolavori, tutta arte veneta, adesso chiusa, invisibile, a causa dei restauri della chiesa di Santa Caterina dove aveva la sua sede, incomprensibile!

Buranelli, nella mia guida del 1992, tutto è cambiato e spostato, questo posto è sottovalutato.

Una passeggiata in mezzo a corsi d’acqua, salici che si spenzolano con la loro ombra, pescatori che ributtano in acqua i pesci, piazzette restaurate e case immerse nel fiume, sostenute da archi come palafitte. Mulino ad acqua e grande Pescheria come un’isola tra le acque.

In un’assolata piazzetta, adiacente a una Chiesa, quante? Non le ho contate: creano come un labirinto le gigantografie delle foto di Oliviero Toscani, nitide, penetranti, persone che guardano nell’obiettivo e parlano coi loro sguardi.

Non abbiamo potuto ammirare l’arte veneta, ma abbiamo scoperto il sig. Salce, un signore trevigiano, ricco e benemerito, che ha conservato un’enorme collezione di manifesti pubblicitari dei primi del ‘900.  E, dulcis in fundo, Arturo Martini, dipinti e tante sculture, esposte insieme ad altri pittori molto interessanti.

La sua produzione conosciuta ed esposta in tutto il mondo, detiene un posto di eccellenza all’interno del Museo Balio, altro trevigiano che dedicò la sua vita ai restauri delle pitture della sua città, quelle che decoravano le case, con motivi floreali oppure cavalieri, veri arazzi appoggiate sulle case come tappeti alle fiestre per il passaggio di una processione. Altro trevigiano illustre, e come potrei dimenticarlo, Mario del Monaco, un grande e ineguagliabile tenore, interprete sommo di tutta la lirica italiana. Gli hanno dedicato il teatro e una statua di bronzo in un angolo della piazza, nei panni di Manrico nell’atto di lanciare un “do di petto”.

Parlare di Treviso non può escludere il cibo, il bere, la qualità qui, se la cerchi, è davvero unica. Nonostante la loro tradizione culinaria meravigliosa i trevigiani, i più giovani, come succede in tutto il mondo, sono colonizzati dal cattivo gusto, dal non sapore contrabbandato per esotico e dalla non-pizza; tanto vogliono trangugiare qualcosa insieme a bevande nefaste nel tempo.

Trionfa lo ‘Sprizz’ dal color arancio da mane sera su tutti i tavolini, in ogni caffé per tutti.

Sommario: Treviso merita una visita e non solo perché si può pernottare qui per poi visitare Venezia, come fanno in tanti, perché ne vale la pena.

Tullia Ferrero

Giugno 2018

Di sera, se il tempo è bello, le rondini svolazzano da un campanile a una torre nel cielo chiaro. Mi hanno colpito, dove vivo non tornano più, come nella vecchia canzone.

Aria serena e tanta luce dappertutto: sui mattoni, sui marmi, sulle pitture slavate, sulle case rifatte all’insegna della memoria, uguali a prima.

Una sorpresa, non ero mai fermata qui, è stata la prima volta. Ho un ricordo, raccontato da mia madre: quando stava a Villa Santina, io non ero ancora nata, veniva fino a Treviso perché qui c’era un bravo ginecologo, nessuno dei suoi cinque figli è nato da queste parti. La nostra Tata veniva da qua, un po’ più a nord, dalla Carnia friulana.

L’aria che si respira a Treviso me la ricorda, mancano le grandi montagne. Bei negozi, ristoranti eleganti, bar dove si beve, giovani e meno giovani dall’alba al tramonto. I migranti stanno nascosti, mimetizzati, seconde generazioni di africani sono integrate con la città, lavorano o studiano, dovunque biciclette.

Grazie alla ricchezza e allo sviluppo di alcune industrie sono sorte Fondazioni che investono in cultura occupandosi della valorizzazione, e del restauro di alcuni luoghi del passato, attrazioni di turismo.

Un esempio: “le carceri austroungariche”, proprio sulla piazza del Duomo. Consiglio la visita alla cripta e al suo museo. Bianco abbacinante dei corridoi , spiccano le porte delle celle di legno spesso, attraverso le ferritoie, piccoli sportelli con chiavistello, creano un effetto ’lontananza’, si intravedono pannelli coloratissimi, con formelle tutte uguali, dipinte e provenienti da paesi africani. IMAGO MUNDI, di quel mondo dimenticato da un’umanità distratta da troppi pensieri egoisti. “Sahara: What is Written Will Remain”,www.imagomundiart.com

Qui l’Africa appare nella sua dimensione disperata e gioiosa nonostante tutto. La Mostra patrocinata dalla Fondazione Luciano Benetton, è ospitata in questa sede, quanto mai evocatrice, ma non sembra sia stata altrettanto pubblicizzata.  Ho passato lì un pomeriggio in completa solitudine.

Ma c’è tanto, altro, in questa città. Conosco bene altre città di questa meravigliosa regione italiana che sono ridondanti internazionalmente note. C’era una Pinacoteca piena di capolavori, tutta arte veneta, adesso chiusa, invisibile, a causa dei restauri della chiesa di Santa Caterina dove aveva la sua sede, incomprensibile!

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Buranelli, nella mia guida del 1992, tutto è cambiato e spostato, questo posto è sottovalutato.

Una passeggiata in mezzo a corsi d’acqua, salici che si spenzolano con la loro ombra, pescatori che ributtano in acqua i pesci, piazzette restaurate e case immerse nel fiume, sostenute da archi come palafitte. Mulino ad acqua e grande Pescheria come un’isola tra le acque.

In un’assolata piazzetta, adiacente a una Chiesa, quante? Non le ho contate: creano come un labirinto le gigantografie delle foto di Oliviero Toscani, nitide, penetranti, persone che guardano nell’obiettivo e parlano coi loro sguardi.

Non abbiamo potuto ammirare l’arte veneta, ma abbiamo scoperto il sig. Salce, un signore trevigiano, ricco e benemerito, che ha conservato un’enorme collezione di manifesti pubblicitari dei primi del ‘900.  E, dulcis in fundo, Arturo Martini, dipinti e tante sculture, esposte insieme ad altri pittori molto interessanti.

La sua produzione conosciuta ed esposta in tutto il mondo, detiene un posto di eccellenza all’interno del Museo Balio, altro trevigiano che dedicò la sua vita ai restauri delle pitture della sua città, quelle che decoravano le case, con motivi floreali oppure cavalieri, veri arazzi appoggiate sulle case come tappeti alle fiestre per il passaggio di una processione. Altro trevigiano illustre, e come potrei dimenticarlo, Mario del Monaco, un grande e ineguagliabile tenore, interprete sommo di tutta la lirica italiana. Gli hanno dedicato il teatro e una statua di bronzo in un angolo della piazza, nei panni di Manrico nell’atto di lanciare un “do di petto”.

Parlare di Treviso non può escludere il cibo, il bere, la qualità qui, se la cerchi, è davvero unica. Nonostante la loro tradizione culinaria meravigliosa i trevigiani, i più giovani, come succede in tutto il mondo, sono colonizzati dal cattivo gusto, dal non sapore contrabbandato per esotico e dalla non-pizza; tanto vogliono trangugiare qualcosa insieme a bevande nefaste nel tempo.

Trionfa lo ‘Sprizz’ dal color arancio da mane sera su tutti i tavolini, in ogni caffé per tutti.

Sommario: Treviso merita una visita e non solo perché si può pernottare qui per poi visitare Venezia, come fanno in tanti, perché ne vale la pena.

Tullia Ferrero

Giugno 2018