Tessuti d'Arte

I 75 anni di Tessilarte, un archetipo dell’arte morbida

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Ho conosciuto Paola Martinetti all’inizio degli anni ’70, quando ambedue eravamo sotto i trent’anni; lei architetto, io avendo abbandonato ingegneria, eravamo approdati quasi per caso al tessile e più precisamente nel settore dell’arredo casa.

A farci incontrare fu Luigi Cesari, un burbero geniale, proprietario del più sofisticato atelier di biancheria della casa insieme al parigino Porthault.

In entrambi i casi non si trattava di semplici boutique, ma di veri atelier, perché a monte vi erano produzioni proprie e assortimento esclusivo.

Cesari a Roma poteva fregiarsi di una coppa d’oro vinta ad un concorso di eleganza in Francia, consegnata personalmente da Jean Cocteau all’orgoglioso imprenditore.

Oggi il negozio di Via Barberini non esiste più, ma negli anni di massimo fulgore, entrando si era attratti da due scaffalature incassate nel muro: a sinistra quella della spugna americana, impilata in modo che gli oltre trenta colori fossero coordinati secondo le direzioni della rosa dei venti, cioè perpendicolarmente o in diagonale nessun colore strideva con quelli vicini, una composizione che faceva pensare a Mondrian o Vasarely.

Tovaglia in puro Lino tinto in filo così come esce dal telaio (sopra le rocche di filato utilizzate)

Sulla destra lo scaffale più piccolo nel quale erano in bella mostra le straordinarie tovaglie di lino tinte in filo prodotte dalla Tessilarte: la piccola tessitura fiorentina di Paola.

Quello che colpiva erano gli accostamenti dei colori, per l’epoca assolutamente innovativi: blu e verde mela, antracite e rosso corallo, marrone e turchese, bianco e nero.

Anche io, nell’azienda di famiglia, mi occupavo di sviluppo prodotto, incuriosito e ammirato chiesi a Cesari di presentarmi l’autrice di tanta bellezza e audacia.

Fu l’inizio di una profonda amicizia, cementata da reciproca stima, che perdura tuttora e ci ha visto lavorare e a volte collaborare in ambiti comuni.

Quest’anno ricorre il settantacinquesimo anniversario della fondazione della Tessilarte, per cui ho raggiunto Paola a Firenze nella sede storica di Via Toselli non lontano da Porta al Prato, con l’intento di farmi raccontare come nacque l’azienda che, come dice il nome, ha inserito la parola arte nel suo logo, ponendo a fondamento della propria essenza tradizione e cultura.

Firenze, oltre ad essere il luogo dove è nata la lingua italiana, fu culla del rinascimento; il mecenatismo delle famiglie che detenevano il potere, ma anche la loro inclinazione alla finanza e al commercio, dettero vita ad un artigianato di qualità, trasformatosi nel tempo in industria: ceramica, lavorazione del cuoio, tessuti e tanto altro.

Logo Tessilarte

Da quel nucleo fiorentino sono nati comprensori limitrofi, sedi di produzioni di eccellenza famose nel mondo, quali Prato, Pistoia, Empoli e Monte San Savino.

Ma la Tessilarte ha una storia diversa, pure se derivante dal filone della piccola industria fiorentina.

Altre due città oltre Firenze sono coinvolte: Venezia e Milano.

La mamma di Paola, Vittoria Camerino era nata a Venezia da una famiglia ebraica, lontana dal mondo tessile, ma gli ebrei la stoffa ce l’hanno nel DNA perché a loro, per secoli reclusi nei ghetti della diaspora, fu concessa solo la compravendita di stracci e abiti usati.

Trasferitasi con la famiglia a Milano, come nella canzone di Memo Remigi, Vittoria conobbe in Galleria il medico Martinetti, che sposò e seguì a Firenze dove doveva assumere un incarico.

Dal matrimonio nacquero due figlie di cui Paola è la primogenita.

Una volta a Firenze, per caso Vittoria venne a sapere da una persona amica che era in vendita una piccola azienda che produceva tessuti per abbigliamento, oltre al marchio e alle merci, erano compresi i vecchi telai verticali di legno e l’immobile dove era allocata la produzione.

Detto, fatto, acquistò la piccola tessitura, proseguendone la produzione usuale, era il maggio del 1947.

Solo due anni dopo la fine del conflitto mondiale, Vittoria, scampata al rischio di deportazione come ebrea, si mise al timone della piccola azienda nell’Italia del dopoguerra bisognosa di tutto, dove qualunque attività produttiva funzionava a pieno ritmo.

Proprio in quegli anni a Firenze erano sorti degli uffici acquisti rivolti soprattutto al mercato americano che aveva iniziato ad assorbire come una spugna gli articoli di lusso dell’artigianato e della piccola industria della Toscana, troppo costosi per il mercato interno.

Un certo giorno si presentò in Tessilarte un importante converter americano, accompagnato da un funzionario di uno di quei buying office alla ricerca di chi fosse disposto a produrre set americani e tovaglie di puro lino, con la garanzia di grosse quantità e continuità d’acquisto.

Da quell’incontro nacque la Tessilarte così come la conosciamo oggi, dopo aver abbandonato la produzione di tessuti abbigliamento per dedicarsi alla biancheria da casa.

Purtroppo, Vittoria venne a mancare prematuramente nel 1969, si poneva dunque, il problema di cosa fare dell’azienda, Paola era da poco laureata e lavorava nell’ambito dell’università, ma vedeva uno scarso futuro dinanzi a sé.

Contro il parere di familiari e amici decise di occuparsene lei, essendo totalmente digiuna di tessitura e gestione commerciale.

Ma proprio essere una neofita le ha permesso di esprimersi dal punto di vista stilistico in modo assolutamente fuori dagli schemi consueti, forte della solida cultura estetica acquisita con la laurea in architettura, ma, aggiungo io che la conosco bene, da un innato talento coltivato nel tempo e reso più consapevole dall’esperienza.

Espandendo le quadrettature al limite delle possibilità dei vecchi telai e utilizzando filati di alto titolo, è stata in grado di creare disegnature inusitate, donando ai prodotti una mano rustica, ma di grande raffinatezza.

Quei prodotti dell’esordio di Paola, risalenti agli anni ’70, entrano di diritto nella storia del tessile per la casa, col tempo però l’evoluzione delle abitudini casalinghe e la necessità di manutenzione manuale ne ha frustrato la domanda.

Paola Martinetti

Così negli anni ‘80 Paola, su pressante richiesta della clientela, decise di ampliare l’offerta ad altri prodotti, soprattutto nel settore della biancheria da letto, non rinunciando alla ricerca appassionata di disegni e tinte, finalizzata a proporre idee evolutive e inconsuete, con l’utilizzo di altre tecnologie tessili, quali la stampa, lo jacquard e il ricamo.

Con Paola ho condiviso anni di lavoro come consulente in aziende di prima grandezza e partecipato alle principali fiere internazionali del nostro settore: Heimtextil a Francoforte, Paritex a Parigi e varie market-week a New York, portando in giro per il mondo la creatività italiana.

A proposito di creatività, si espongono nei musei, come opere d’arte, le creazioni di Valentino, di Yves Saint Laurent e gli abiti con le mille piegoline di Capucci, ma anche una semplice tovaglia può esprimere l’ingegno e la fantasia di chi l’ha pensata.

Un modo per riaffermare che anche il design industriale è assai vicino all’arte in senso stretto, una visita al MoMa di New York dà tutte le risposte in merito.

Lenzuolo jacquard in raso di cotone con coordinata

Stefano Piperno

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Stefano Piperno è nato a Roma il 5 aprile del 1944 da una famiglia coinvolta nel tessile da molte generazioni.

Dopo gli studi classici ha iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia, trasferendosi poi a Milano dove si è  occupato di sviluppo del prodotto con particolare attenzione agli aspetti creativi, presso importanti società del settore arredo casa.

Si è ritirato dopo cinquant’anni trascorsi nel mondo delle stoffe ed ora mette a disposizione l’esperienza e le relazioni personali per raccontare la stretta relazione tra produzione e arte, un connubio alla base delle culture di tutto il mondo fin dagli albori della civiltà.