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Intervista a Alvaro Diego Gomez Campuzano

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Alvaro Diego Gomez Campuzano è nato a Bogotà nel 1956 e nella stessa città si è laureato in Architettura e Paesaggio all’Università Javeriana nel 1978. Da allora ha avviato una costante ricerca artistica che lo ha portato ad esporre in mostre internazionali e siti istituzionali di diversi paesi. L’ho contattato in occasione della sua recente mostra a New York che ha proposto molti suoi lavori tessili realizzati fino al 1990 e in questa intervista mi ha generosamente raccontato il suo rapporto con le fibre e le tecniche, le sue fonti di ispirazione, la genesi e l’evoluzione delle sue opere.

Ornamento Pectoral con Quipu, 1992, VII International Triennale of Tapestry Lodz, Poland.
Nastro trasportatore industriale arruginito, (200 x 165 x 22cm)

Alvaro, fili e tessuti sono i materiali usati nei tuoi lavori fino dal 1970. Cosa ti ha portato a questa scelta?

Ho sempre considerato il tessile come un’espressione artistica. Il tessuto è legato alla natura dell’essere. Esso nasce dal lento processo di raccolta delle fibre di frutti e vegetali, trasformate poi in qualcosa di magico che dà vita al sistema binario di trama e ordito.

È un esperienza la quale immensa e accogliente sensibilità è quella di proteggere quotidianamente la vita umana, di esaltarne le credenze, di rafforzare le sue relazioni con la natura e dare significato a una trascendenza personale e comunitaria attraverso la gestualità del creare, crescere, integrare e rappresentare. L’azione della tessitura è quella di unire, assemblare e costruire; quindi, la tessitura è un ottimo mezzo di espressione. Il corpo umano è tessuto e il cosmo è un intreccio di universi. Ho trovato un’infinità di materiali da intrecciare, dando un senso e una direzione al mio lavoro.

Anthropocene, 2018, Poliuretano, (20 x 20 x 15 cm)

La Colombia ha una tradizione di arte tessile che affonda le sue radici nella cultura preispanica. Questo patrimonio culturale ha influenzato il tuo lavoro e la tua ricerca nel campo dell’Arte Tessile, in che modo?

Le pratiche tessili sono parte del patrimonio preistorico e dell’eredità ancestrale dell’America latina. I tessuti nascono con le prime forme di organizzazione umana in culture come quelle dell’antico Perù, dell’America Centrale, del Nord America, dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania.

Ho avuto la possibilità di visitare siti archeologici come Chichén-Itzá in Mexico, Machu Picchu in Perù e il parco archeologico di San Agustín e Tierradentro in Colombia. Qui ho tratto ispirazione per la mia formazione d’artista e, formalmente, ho scoperto simbolismi geometrici, antropomorfi e zoomorfici alle cui vestigia spesso mi riferisco e che hanno dato origine al mio lavoro. Inoltre, ho un vivo interesse per i sistemi numerici delle culture mesoamericane. Mi riferisco al sistema di contabilità pre-Inca, ai Quipus e ai sistemi di contabilità binaria dei Maya (graficamente simili, per punti e linee, alle prime schede perforate del computer).

Ero anche molto attratto dall’ipotesi che i Muiscas avessero sviluppato il loro sistema di calcolo chiamato Guarismos Muiscas. Ho indagato il simbolismo dei codici ancestrali, dei petroglifi, degli ideogrammi e pittogrammi sviluppando opere associabili figure totemiche rituali precolombiane come nelle opere intitolate “Frailejones”, “Ceremonial Canes”, “Queros” e ” Quipo”. Le opere tessili parlano chiaro: esprimono un’identità culturale e trasmettono conoscenza. Sono una fonte di ispirazione artistica!

El Templo 2018. Cotta di maglia in acciaio inossidabile, XXX Miniartextil Como, Italy, (210 x 105 x 56 cm)

I tuoi lavori tessili vanno oltre la bidimensionalità della tela espandendosi nello spazio tridimensionale. Quando e perché è avvenuto questo passaggio ai volumi della scultura?

Fin dalla mia formazione come architetto, nel 1973, il mio interesse principale è stato il dilagare dei tessuti nello spazio, dove le mie opere assumono accezioni e proporzioni planimetriche. Questi sono progetti aerei che ondeggiano e si evolvono liberamente nello spazio nei quali approccio la possibilità di integrazione e cooperazione tra arte tessile e architettura, verso una totale e coinvolgente creazione ambientale. Nel 1975, ho creato la mia prima installazione di dimensioni variabili intitolata: “Urban Landscapes” per rompere le barriere della tradizione. Il lavoro era composto da 12 pannelli di cotone con rilievi lineari simili a pittogrammi (la dimensione di queste opere variava tra 250 x 140 cm to 400 x 140 cm).  Le singole parti erano posizionate come un labirinto, a formare aperture e chiusure, all’interno e attraverso le quali i visitatori potessero circolare.

Tessile e architettura: come riesci a far dialogare questi due linguaggi nelle tue opere?

L’architettura mi ha dato riferimenti spaziali e costruttivi per capire i tessuti.

Mi ha permesso di intrecciare concetti che sono stati meravigliosamente complementari nello sviluppo del mio lavoro. Tutto ciò che è tessuto o costruito si basa su parametri geometrici con scale e misure, proporzioni, strutture, forze, momenti di equilibrio e tensione; secondo i materiali e le loro rispettive caratteristiche.

Mi piace lavorare in grandi o piccoli formati, applicando questi concetti a sculture portatili: Aeree, Spirali, Riflessi; opere in equilibrio- sospese al soffitto, con un punto di appoggio realizzato in fibre naturali e sintetiche, con tensori e punti di forza situati nelle loro curve e piegature che sono quasi sempre a spirale o elicoidali, con contrappesi in ferro per enfatizzarne la verticalità.

Queste opere sono installate all’esterno o in intersezioni di spazi, creando punti di fuga e relazioni con l’architettura.

Mallas Urbanas, 2019,  Cotta di maglia in acciaio inossidabile

Quali sono i temi cruciali della tua ricerca artistica?

Il tema centrale della mia ricerca è il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente: l’architettura, l’ancestrale e il contemporaneo, l’industriale e il tecnologico.

Il mio lavoro è una simbiosi di codici ancestrali e contemporanei riferiti al concetto di natura e ad una visione archeologica e cosmogonica. Secondo questa visione, gli elementi che abitano lo spazio simboleggiano concetti opposti: rituali ed espressioni urbane, temi organici e tecnologici, il naturale e il macchinico. Il mio lavoro col tessile incorpora anche il rapporto con la pittura e la scultura. Ho sviluppato opere dove lavoro su concetti opposti: leggerezza e pesantezza, flessibilità e rigidità. Dagli anni ’70, ho iniziato a riflettere sui problemi ambientali dal un punto di vista sostenibile. Ecco perché nel mio lavoro affronto i temi della natura e dell’inquinamento.

Nel 2021, la Henrique Faria Fine Art, ha proposto una mostra dei tuoi lavori tessili realizzati nell’arco di vent’anni, fino agli anni novanta. Com’è cambiato il tuo lavoro nel tempo?

Tra gli anni 70 e 90 ho lavorato con fibre naturali: il cotone, la clorofilla, e la terra; e con fibre sintetiche: acrilico o poliestere. Usando questi materiali, ho sviluppato delle tecniche per dare volume, struttura e rigidità al tessuto. Tensione, torsione o compressione venivano utilizzate durante il processo di tessitura.

Partendo dagli anni 90’, ho sperimentato con opere organiche e processi di degradazione naturale. Ho studiato la muffa come un possibile tessuto nel suo contenuto concettuale. “Still life” era stata realizzata sospendendo, per qualche tempo, alcuni frutti su una lamiera di ferro ossidata e forata. L’opera ha voluto rivisitare, a livello contemporaneo e tridimensionale, le ben conosciute composizioni della storia dell’arte, assumendo una dimensione poetica ed estetica.

Ho anche lavorato con la pelle o la cellulosa dei pomodori, delle melanzane e dei peperoni rossi rendendoli come azione pittorica, cercando concetti opposti da quelli indagati come alchimista.

Ricercando spunti d’ispirazione nei tessuti tradizionali, ho iniziato un processo di archeologia urbana contemporanea. Ho realizzato i miei primi lavori di metallo tessuto componendo nastri trasportatori usati o catene. Li ho tessuti e assemblati geometricamente, in opposizione ai sistemi di antiche civiltà che hanno la loro origine nell’esplorazione della codificazione informatica attuale e della vita urbana. Riutilizzando il materiale e trasformandone l’essenza ho reso il metallo tecnicamente flessibile quanto il tessuto. Sulla base di questa nuova metodologia ho sviluppato una serie di lavori tra cui: “Quipu”. Quest’opera fa riferimento al sistema di tracciamento utilizzato dalle civiltà antiche, indagando i loro sistemi di contabilità. Questo lavoro è stato presentato nel 1991 alla Galleria Negret di Bogotá, in Colombia.

Nel 1992, sono stato invitato per la seconda volta alla XV Biennale Internazionale dell’Arte Tessile di Losanna, in Svizzera, con l’opera “Yupana Ornament”. Questo lavoro presenta connotazioni architettoniche e si ispira alla cultura pre-colombiana, decontestualizzando i codici originali di tecnica e materiali. Nello stesso anno sono stato invitato a partecipare alla VII International Tapestry Triennial al Museo Tessile Centrale di Lodz in Polonia con l’opera “Pectoral Ornament with Quipu”. Questo lavoro ha una natura sia rituale che industriale.

Per la mostra Rio Group, nel 1992, al museo Sofia Imber in Caracas, Venezuela; ho creato “Frailejones”, “Tótems” e “Laguna”. Queste opere creano uno spazio sacro, ancestrale e mitologico associato con la natura e l’ambiente urbano.

In questo periodo, accanto al mio lavoro con la scultura, ho studiato la pittura rupestre sviluppando una tecnica che vede l’utilizzo di colture di ferro su superfici sintetiche. Dipingendo e raschiando superfici create in ambienti umidi, ho prodotto reazioni chimiche fissate poi con lacche, come in “Esplosioni solari”. Verso la fine del millennio, nelle cave di Bojacá, in Colombia, ho scolpito la pietra in un dialogo architettonico e ancestrale con la natura.

“Sin Fin” è un’opera di 15 tonnellate composta da quattro monoliti di pietra rettangolari installati in cerchio, ciascuno è rivolto verso un punto cardinale. La scultura si trova attualmente nel campus dell’Università Javeriana di Bogotá, in Colombia.

Bodegón 1998. Frutta marcia con ragnatela, (28 x 19 x 8 cm)

Come nuova sfida per il 2000, ho studiato una tecnica di tessitura medievale: Chain Maille, sviluppata e trasformata in rilievi con codici a barre e schede di programmazione per computer.  Questa tecnica è anche stata usata per ricreare spazi rituali come nell’opera “The Table is Served”, presentata al XXV Miniartextil Como, nel 2015.

Questo lavoro vuole rappresentare l’atto rituale di riunirsi attorno a un tavolo per celebrare e commemorare. Dal tavolo emerge la figura stilizzata di una donna, le quali curve evocano la forma di montagne, di Pacha Mama: la madre terra, simbolo delle nostre origini.

Nel 2019 ho creato “In Memoriam In Situ”, un tributo al patrimonio architettonico del chiostro di Santo Domingo a Cartagena in Colombia. Più recente e leggero è il lavoro tridimensionale: “Temple”, presentato a “XXX Mini Art Gallery” alla Pinacoteca del Museo Civico di Como, nel 2021.

Questo lavoro si compone di diversi piani, aste e vettori che si intrecciano nello spazio, suggerendo movimento e trasformazione energetica e creando una forza che conduce a un portale che unisce concettualmente il sacro e il terreno.

Opere realizzate con tecniche ancestrali come la chain maille, ci permettono di viaggiare attraverso la storia, evocando memoria e immaginazione legate al simbolismo universale delle culture ancestrali.

Nel 2007 sono stato invitato a far parte della giuria alla XIII Triennale Internazionale degli Arazzi al Museo Centrale dei Tessuti di Lodz in Polonia.

Nel 2010 ho esposto le mie opere in bronzo, un’astrazione basata sui Muisca Guarismos. Questa ricerca si è fondata sulle le ipotesi di storici come Humboldt che hanno teorizzato il possibile sviluppo dei sistemi numerologici dei Muiscas.

Successivamente ho svolto una residenza artistica in un villaggio chiamato La Boquilla in Colombia, su lmare dei Caraibi. Qui ho realizzato un video di 10 minuti intitolato “Atarraya”, coadiuvato da un’installazione che narrava la vita dei pescatori e la tessitura delle reti.

Dal 2020, ho incorporato materiali plastici, nei miei lavori, iniettando poliuretano tramite macchinari industriali ad alta tecnologia. In “Anthropocene”, esposto al XXVIII Miniartextil di Como, nel 2018, esploro l’idea di nuovo essere umano derivante dall’era della trasformazione, della biotecnologia e della sua interazione con dell’intelligenza artificiale, in continua evoluzione.  Mi rendo conto che gli umani, essendo esseri resilienti, sono l’unica specie che può scendere a compromessi e adattarsi alle avversità. Vedo il mio lavoro come un’antologia dell’uomo, delle sue origini preistoriche e della sua evoluzione. L’ho sviluppato esplorando una molteplicità di tecniche il cui filo conduttore è il tessile.

Sono stato anche giurato alla XIII Triennale Internazionale degli Arazzi presso il Museo Centrale dei Tessuti di Lodz, Polonia, nel 2007. Inoltre, ho partecipato a più di 100 mostre collettive e 14 mostre personali, tra cui la XIII (1986) e la XV (1992) Biennale di Losanna, Svizzera; ho realizzato dieci opere per il Miniartextil di Como, Italia; VII (1992) Triennale degli Arazzi a Lodz, Polonia; VI (1999) e VII (2002), la Triennale Internazionale del Minitessuto al Museo di Belle Arti di Angers-Francia; IX (1992) Biennale di Minitessili a Szombathely, Ungheria.

Ornamento Yupana 1990, XV Biennale Internazione di Losanna, Svizzera. Nastro trasportatore industriale arrugginito e acciaio inossidabile, (160 x 140 x 2 cm)

“Interior wall”, una delle tue opere più conosciute, è stata esposta all’interno della mostra alla Henrique Faria Fine Arts, per la prima volta dal 1986 quando era stata presentata alla mostra internazionale dell’arazzo di Losanna. Puoi parlarci di questo lavoro?

Nel 1986 sono stato invitato alla XIII biennale internazionale dell’arazzo a Losanna in Svizzera con “Interior wall”, un’opera architettonica che include la rappresentazione di porte, finestre e scale combinate a parti più dense o trasparenti.

Questo pezzo è molto vicino alla pittura, non solo perché rappresenta lo spazio da un punto di vista frontale ma anche perché cattura, attraverso la tela, una soggettiva interpretazione della realtà attraverso l’uso di forme geometriche e elementi quotidiani resi con linee marcate e piani intersecanti. Questo lavoro è realizzato in cotone, seta, legno e pulegge di ferro; materiali che, mescolati, hanno reso possibile una struttura molto precisa, con profondità di piani.

Quali sono i nuovi progetti tessili all’orizzonte?

L’arte tessile contemporanea è dirompente e supera i propri limiti e concetti. In questo modo contribuisce e accende il dialogo e la riflessione collettiva contribuendo all’umanità. È un ulteriore strumento di conoscenza. Gli sviluppi tecnologici applicati ai tessuti, hanno portato innovazione e nuove possibilità per materiali e fibre, creando una rivoluzione nella tessitura. Ho all’attivo progetti di ricerca che coinvolgono l’industria tessile e la tecnologia nei quali sto studiando nuovi materiali maggiormente resistenti che reagiscono tramite sensori alla temperatura, al movimento, al suono, al cambiamento di forma, al colore e alle superfici addirittura trasformandoli in fonti di energia.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.