Interviste

Intervista a Reyhaneh Alikhani

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Per le interviste sulla soglia dell’Accademia ho incontrato Reyhaneh Alikhani (Ramsar, Iran, 1985) che frequenta il Biennio in Decorazione per l’Architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna dove ha già conseguito Diploma di I livello in Decorazione Arte e Ambiente. Vincitrice del primo premio al Chieri International Young Fiber Art contest Maria Luisa Sponga Award nel 2018, quest’anno, nell’ambito dell’11º Valcellina Award, alla sua opera è stato assegnato il Premio Calimala. Da qui sono partita alla scoperta del suo lavoro.

Trame Pure, tessitura kilim, lana naturale, Courtesy Reyhaneh Alikhani

Uno dei tuoi ultimi successi in ordine di tempo è la tua opera Segni di resistenza che ha vinto il Premio Calimala del Valcellina Award. Ci racconti genesi e significati di questo lavoro?

L’idea nasce due anni fa nell’ambito di un progetto accademico. Sentivo la necessità di sperimentare tecniche nuove poiché fino a quel momento il mio approccio con il materiale tessile era sempre stato la tessitura all’interno di svariati utensili (spesso taglienti) che in pratica svolgevano il ruolo del telaio. Questa volta invece, ho voluto impiegare la tecnica della realizzazione del feltro per creare una sorta di guaina per oggetti appuntiti e taglienti, privilegiando utensili usati, per privarli della funzione avuta fino a quel momento. Dopo una prima sperimentazione, sono stata attratta dai segni e dalle macchie che rilasciava l’ossido delle lame di metallo sulla guaina di feltro, sembrava quasi che questi segni raccontassero i segreti dell’oggetto. Da qui ho sviluppato il progetto che ho presentato al Valcellina Award, dove ha assunto anche un valore ulteriore essendo esposto al Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie, che mi ha assegnato il riconoscimento.

Una ricerca la tua che spazia attraverso diverse tecniche e affronta diversi temi rimanendo sempre fedele al medium tessile. Quando, come e perché sei approdata all’utilizzo delle fibre per esprimerti?

Gli effetti dell’immigrazione sono molteplici. Prima di trasferirmi in Italia circa 7 anni fa, il mio linguaggio artistico non aveva mai approcciato il medium tessile. Una volta arrivata qui invece, ho istintivamente cercato un linguaggio che mi facesse sentire più vicina alla mia terra, o forse più che alla mia terra alla mia famiglia. La lana che uso principalmente per le mie tessiture, proviene dall’Iran ed è la lana usata per tessere i kilim. Il contatto con questo materiale, mi dà serenità. In più, i tempi dilatati e lenti delle pratiche tessili mi permettono di esprimere meglio la mia essenza e la mia personalità. Non potrei mai lavorare con un colore che si asciuga in 5 minuti. O l’argilla che dopo un po’ si secca. Io necessito di tempo, e il tessile mi permette di rispettare i miei tempi.

Segni di resistenza, lana, feltro, coltelli e seghe, 160*30*20, 2020

Come si coniugano le due culture – quella italiana in cui vivi e studi e quella persiana d’origine – nel tuo lavoro artistico?

Io cerco di toccare tematiche universali che hanno però coinvolto anche il mio vissuto personale e famigliare, e lo faccio attraverso un linguaggio che richiama palesemente le mie origini. Credo che l’universalità delle tematiche toccate, rendano i miei lavori concettualmente tangibili a persone di culture anche diverse dalla mia, mentre il richiamo delle mie radici attraverso la tecnica del kilim, rendano le mie opere più interessanti per un interlocutore occidentale che mediorientale, in quanto abitualmente ciò che conosciamo meno ci incuriosisce di più.

Indelebile, Courtesy Reyhaneh Alikhani

Quali sono i temi e le istanze ricorrenti che affronti attraverso le tue opere? E quali sono le tue fonti di ispirazione?

La mia principale fonte di ispirazione è sempre stata la natura in tutte le sue forme. Anche se, dopo i miei primi lavori, ho notato che la lettura che ritenevo di conferire alle mie opere era diversa da quella che ne davano gli altri. Spesso le persone coglievano nei miei lavori un elemento di riflessione sulle donne, sui loro problemi e la loro vita. Indagando dentro di me ho realizzato che nel mio inconscio ho sempre avuto questa ipersensibilità verso l’universo e la psicologia femminile, che poi in una specifica opera, ho consapevolmente evidenziato.

Dicevi prima che apprezzi le tecniche tessili che richiedono tempi lunghi, ritmi lenti e gesti ripetitivi. Secondo te, questo è più un limite o un vantaggio?

È sia un limite che un vantaggio.  Un vantaggio, in quanto ti permette di vivere un’esperienza in evoluzione a lungo termine in una stessa opera, uno svantaggio perché spesso si abbandona le opere a metà perche’ ad un certo punto si cambia, e l’opera in via di realizzazione, non ci rappresenta più. È uno svantaggio anche pratico dal punto di vista lavorativo poiché i tempi di realizzazione dell’opera non coincidono con i tempi del sistema artistico attuale.

Trame, 2018-2019, tessitura kilim, lana naturale, seghe di vario tipo, 180*80*4, Courtesy Reyhaneh Alikhani

Attraversiamo un’epoca di grandi cambiamenti e di grande incertezza. Qual è secondo te il ruolo dell’arte e dell’artista in tempi critici come questi?

Credo che nell’epoca dei cambiamenti veloci, della tecnologia estrema e della mancanza di tempo, l’arte permetta alle persone di uscire, anche se per un istante, dalla bolla piena di se stessi. Penso che il ruolo dell’arte oggi sia quello di riuscire a farci fermare e riflettere, a moltiplicare i nostri punti di vista.

Quali sono i progetti all’orizzonte? E quali sogni nel cassetto?

Se devo essere sincera, vorrei prima di tutto finire gli studi che ho intrapreso, e vorrei poi riuscire a vivere d’arte. Sono ancora alla ricerca di un mio linguaggio artistico solido che mi rappresenti e vorrei riuscire ad allentare i miei freni inibitori nella mia personale espressione artistica. Cerco di acquisire sempre più consapevolezza di ciò che faccio. Ad oggi, succede sovente che altre persone riescano a capire me meglio di me e, di conseguenza, comprendano le mie opere più di quanto non riesca a farlo io stessa, Ecco, forse il sogno nel cassetto è proprio questo: acquisire una maggiore e profonda consapevolezza di me e della mia arte.

PUNTO E A CAPO, lana, Tessitura Kilim, 140*77*4, 2021, Courtesy Reyhaneh Alikhani

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.