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Intervista con Amy Meissner

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L’artista di Anchorage Alaska, Amy Meissner, unisce il lavoro manuale tradizionale, gli oggetti trovati e i tessuti abbandonati come richiamo al lavoro letterale, fisico ed emotivo delle donne. Ha esposto a livello internazionale, con opere tessili nella collezione permanente dell’Anchorage Museum, della Contemporary Art Bank of Alaska e dell’Alaska Humanities Forum,  i suoi lavori fanno inoltre parte di  numerose collezioni private. La sua mostra personale Inheritance: makers, memory. Myth, ha debuttato all’Anchorage Museum nel maggio 2018 e poi ancora all’ Alaska State Museum in Juneau nel 2019. Il suo background è nel campo dell’abbigliamento, dell’illustrazione e della scrittura creativa.

Di seguito il link al sito web dell’artista:

www.amymeissner.com

Amy, perché la tua scelta è rivolta proprio al tessile come mezzo espressivo?
Puoi dirci qualcosa sulla tua storia di artista?

Mi hanno insegnato a ricamare, cucire e lavorare all’uncinetto in tenera età. Da adolescente ho realizzato la maggior parte dei miei vestiti e ho lavorato nell’industria dell’abbigliamento tra i 17 e i 30 anni, per lo più in 2 piccoli atelier che realizzano abiti da sposa personalizzati. Ho anche lavorato in due piccole fabbriche facendo di tutto, dal taglio di produzione al cucito a campione fino alla creazione di modelli.

All’Università ho studiato disegno e pittura, competenze che si sono facilmente trasferite nella carriera di designer nel settore dell’abbigliamento e dei tessuti. A trent’anni ho lasciato l’industria dell’abbigliamento per perseguire altri interessi artistici nel settore editoriale, ho ricevuto un  Master of Fine Arts (MFA) in scrittura creativa. Quando i miei figli erano ancora piccoli  ho scelto di tornare al lavoro tessile e artigianale. Mi è sembrato molto naturale fare questo lavoro ed è diventata un’opportunità per entrare in contatto con le storie delle donne scandinave della mia famiglia, molte delle quali erano vissute senza che io le conoscessi.

 

Tra le tue opere tessili, qual è quella che ti rappresenta di più e a cui ti senti più legata?

Mi sento più legata a “Fatigue Threshold” e a “Spontaneous Combustion“, quest’ultima fa parte della collezione permanente del Museo di Anchorage. Entrambe queste opere si rivolgono direttamente al lavoro emotivo delle donne e alla maternità, e sono realizzate principalmente con tessuti domestici abbandonati – trapunte, ricami decorativi, lavori all’uncinetto – tutte le arti decorative femminili ritenute senza valore nel più ampio mondo dell’arte e dell’artigianato, spesso scartati da persone che non sono più in grado di conservarle. Entrambi i pezzi si richiamano alla forma del quilt, con ricamo e trapuntatura a mano. Entrambi utilizzano testi scritti ripetuti all’interno del lavoro e che possono essere interpretati come una “litania”che riecheggia la fatica della casa e della maternità; la ripetizione all’interno di ogni pezzo crea un sottofondo scuro e maniacale che contrasta con l’intento originale che era quello di creare bellezza all’interno della casa.

“Fatigue Threshold”, 54″W x 79″H, abandoned quilt, vintage doilies & upholstery, bedding, wool, silk organza, 2016, copyright Amy Meissner

“Spontaneous Combustion”, 54″ x 77″, wool, cotton, vintage domestic linens. Machine pieced, hand embroidered & appliquéd, hand quilted, 2013. *Permanent Collection, Anchorage Museum at Rasmuson Center, Alaska, copyright Amy Meissner

Può parlarci dei lavori che fanno parte di “Vein Series“?

Si tratta di una piccola serie che è nata considerando il corpo come metafora del paesaggio. Vivo in Alaska e la mia famiglia si occupa di pulire i rifiuti marini dalle spiagge remote di Prince William Sound ogni estate. Questo è un lavoro  basato sul volontariato, 2 adulti e 2 bambini con una piccola imbarcazione. E’ un lavoro tranquillo e meditativo che mi sembra travolgente e gratificante, ma durante le lunghe ore di raccolta di detriti di plastica e reti ho molto tempo per pensare. Le spiagge offrono anche la possibilità di osservare e scoprire la natura che ci circonda: spiagge diverse hanno pietre molto diverse, anche se si trovano sulla stessa linea di costa. Alcuni sembrano dita, alcuni monete lisce nere, altri sono ciottoli delle dimensioni di un pompelmo, e non prendo mai un sasso da una spiaggia se non l’ho pulito prima, quindi è un gesto che esprime reciprocità, un regalo. Lo sviluppo della Vein Series è nato considerando come combinare gli oggetti trovati con i tessuti, facendo riferimento al corpo e alle cose che non possiamo controllare. E’ una meditazione sul dolore e sulle forze esterne che involontariamente ci modellano.

“Vein #3” ,16″ x 16″ x 2″,Vintage domestic linens, unspun wool fiber, silk organza mesh, found objects. Hand felted, machine & hand embroidered, hand quilted, upholstered onto cradled board, 2015. Private collection, copyright Amy Meissner

“Vein #3 – detail” ,16″ x 16″ x 2″,Vintage domestic linens, unspun wool fiber, silk organza mesh, found objects. Hand felted, machine & hand embroidered, hand quilted, upholstered onto cradled board, 2015. Private collection, copyright Amy Meissner

“Vein – detail” (19” x 41”) Vintage textiles, unspun silk & wool fiber, found objects. Machine & hand embroidered, hand quilted, 2014. Private collection, copyright Amy Meissner

“Vein – detail” (19” x 41”) Vintage textiles, unspun silk & wool fiber, found objects. Machine & hand embroidered, hand quilted, 2014. Private collection, copyright Amy Meissner

Improvvisazione, casualità, sperimentazione, studio, regole, design. Quale di questi aspetti ha un ruolo essenziale o prevalente nel processo creazione

Da questa lista, sono attratta soprattutto dallo studio e dalla sperimentazione. Ho letto molto: problemi delle donne, artigianato, maternità, memorie, e ho apprezzato un bellissimo saggio scritto in forma estesa. Sono introversa e molto interessata al processo creativo e alle vicende relative alla vita interiore degli altri. Poiché ho una lunga storia di mentorship e di lavoro basato sulla tecnica e/o sulle competenze acquisite in anni di lavoro nell’industria dell’abbigliamento, ho una base molto solida e quindi un trampolino di lancio per la sperimentazione con le forme.

“War Room detail”, 46″W x 62″L x 3″D, vintage baby quilts, abandoned embroidery & domestic/household linens, upholstery foam, tapestry needles, 2017, copyright Amy Meissner

“War Room – detail”, 46″W x 62″L x 3″D, vintage baby quilts, abandoned embroidery & domestic/household linens, upholstery foam, tapestry needles, 2017, copyright Amy Meissner

Secondo te, cosa è più importante la tecnica o l’idea? Cosa pensi che determini il successo o il valore di un’opera d’arte?

Credo che sia qui che le linee di confine tra artigianato e arte convergono per me, perché entrambi sono ugualmente importanti per il mio lavoro. L’artigianato è basato sulla competenza e orientato alla tecnica, e a causa della mia storia con questi materiali, lavorando per 12 anni in un settore che richiedeva bellezza e perfezione (specialmente in quei 9 anni in cui realizzavo abiti da sposa), e insieme al modo in cui sono stata letteralmente formata, la tecnica sarà sempre importante per me, ma faccio scelte su come la perfezione sta in equilibrio con elementi caotici e tende a svanire in secondo piano. Per me, la tecnica diventa il terreno per le idee più grandi che definiscono la mia arte e i temi su cui continuo a tornare. Come artista che utilizza un mezzo artigianale, penso molto alla forma e al tipo di aspettativa e di esperienza che gli spettatori hanno nei confronti dei materiali. Io uso principalmente tessuti più datati, abbandonati, e considero l’atto di rielaborazione come un’opportunità per stratificare la narrazione, e affrontare ogni lavoro con un’intenzione che spinge attraverso e al di là delle arti decorative e del lavoro manuale tradizionale femminile.

“Lamb”, copyright Amy Meissner

Descent”, suspended component: 9″ x 20″ x 9″, flat assemblage: 35″ x 53″, Vintage doilies, silk organza, rubber, wire, epoxy clay, light, 2017, copyright Amy Meissner

Amy, com’è nato “Inheritance Project” e di cosa si tratta?

Inheritance Project è iniziato nel 2015, quando una donna mi ha mandato una scatola piena di vecchi tessuti fatti a mano “da decostruire” in qualsiasi modo mi piacesse. Vengo da una famiglia di generose e prolifiche donne scandinave che mi hanno lasciato il loro lavoro manuale, ma l’atto di questa sconosciuta è diventato il catalizzatore di uno sforzo pluriennale per raccogliere biancheria vintage inutilizzata, non finita o indesiderata. nonostante abbia chiesto a chi collabora di narrare le storie legate a questi tessuti, per la maggior parte i produttori, le origini e i periodi legati ai materiali che mi hanno inviato rimangono ancora sconosciuti. Nello spirito di generosità e di una conseguente catarsi per molti, oltre 70 collaboratori hanno inviato quasi 650 oggetti, con origini note che rappresentano 20 paesi e 25 Stati. Il rigoroso processo di corrispondenza, documentazione e considerazione di ogni pezzo di stoffa senza restrizioni ha informato un corpo di lavoro ed è diventato la materia prima per una mostra personale che ha debuttato al Museo di Anchorage nell’estate del 2018, per poi recarsi all’Alaska State Museum di Juneau nell’inverno del 2019. Attraverso la programmazione museale durante questo periodo, ho condiviso questi materiali per progetti di ricamo con bambini, anziani e altre donne e uomini interessati al processo di recupero o di ri-apprendimento di un atto artigianale. Abbiamo ricamato, ricomposto e riparato, il tutto nello spirito del mark-making e della rigenerazione di pezzi di stoffa di scarto creati da donne sconosciute. L’atto di usare le nostre voci con ago e filo ha dato voce a queste donne sconosciute.

Questi ricami di recupero, biancheria e lavori all’uncinetto incarnava le intenzioni degli autori originali per la bellezza, la casa. Difficili da scartare, ma gravosi da conservare, tutti questi tessuti sono stati salvati per i nipoti, salvati con l’intento di utilizzarli in futuro, salvati, in realtà, per non essere poi  mai più utilizzati. Tagliare tutto questo materiale e riconfigurarlo per un contesto contemporaneo significava esplorare i frammenti tangibili e intangibili della vita delle loro autrici. Alcuni di essi raccontano una storia che ormai il loro creatore solitario non può più raccontare.

Il mio lavoro con l’ago esplora questo lavoro letterale, fisico ed emotivo delle donne – raccogliendo il mormorio collettivo nel lavoro manuale femminile e combinandolo con il mio per generare una nuova mitologia. Mi avvicino a questo lavoro tessile con abilità e tempo tradizionali, confrontando un’aspettativa di bellezza con un crudo sguardo femminile. La narrazione che ne risulta rivela una verità emozionale sulla vita più di qualsiasi storia particolare o presunta. Completare una storia è umano, e la lavorazione a mano lo è ancora di più.

Nonostante il conflitto di emozioni intorno a questi oggetti ereditati, continuiamo questo potente rituale di ribadire che ciò che creiamo ha valore, anche se inutile, indesiderato, superato – anche se evocato da frammenti di vita.

Cosa significa per te il “gesto del ricamo”, che credo abbia un ruolo essenziale nelle tue opere?

Sono la dodicesima figlia primogenita di una figlia primogenita, una stirpe che risale alla Svezia del 1640. So che a tutte queste donne sono state insegnate abilità manuali e hanno mantenuto con gli oggetti e l’ambiente circostante un legame. Molte di queste stesse abilità mi sono state insegnate da mia madre svedese come parte di una educazione domestica, prima ancora di iniziare la scuola, quindi il ricamo è fondamentale nella mia storia personale, anche se per molti anni  è stata un’abilità dormiente, quando ero impegnata in altre attività. Il ricamo per me è un modo di fare segni e un modo per trattenere un caos interiore che si contrappone alla quotidianità contemporanea. Non ricamo per abbellire la mia casa come facevano le donne della mia famiglia, ricamo per dare un senso alle mie emozioni. Non si tratta tanto di decorazione, quanto della fisicità del gesto.

“Reliquary #6: Key”, 16″ x 16″ x 2″, vintage domestic linens & drapery, silk mesh, cotton voile, unspun wool fiber, found objects. Machine pieced & embroidered, hand embroidered & quilted, upholstered onto cradled board, 2015. Private collection, copyright Amy Meissner

“Reliquary #5: Theft” (16″ x 16″ x 2″) Abandoned quilt, cotton voile, vintage domestic linens, unspun wool fiber, found objects. Machine pieced, machine & hand embroidered, upholstered onto cradled board, 2015. Private collection, copyright Amy Meissner

“The Acquisition of Language”,  72″ x 48″, wool, cotton, silk, vintage domestic linens, clothing, found objects. Machine pieced, free-motion machine embroidered script, hand embroidered & appliquéd, hand quilted, 2014, copyright Amy Meissner

A cosa stai lavorando in questo momento?

Sono impegnato in un lavoro sulla nascita e sulla maternità, entrambi argomenti che  trascurati e svalutati nella letteratura e nelle arti. Il cervello delle donne è letteralmente e permanentemente mutato dopo il passaggio degli ormoni legati alla gravidanza, al parto, e/o alla cura durante la prima infanzia, ma questo è poco considerato o anche poco studiato, per non parlare del fatto che un tale cambiamento biologico ha mantenuto la nostra prole – l’umanità, davvero – viva per secoli. Siamo più empatici, spontanei, immediati e meglio in grado di essere multitasking dopo un tale cambiamento cerebrale, ma non la chiamiamo “intelligenza”, semmai, denigriamo queste qualità e ci riferiamo a “cervello di mamma”, qualcosa di basico e ridotto. Siamo distratti? Sì. A volte arrabbiato? Sì. Non la persona che eravamo una volta? Certo che no, non lo siamo più e questa è una prospettiva spaventosa. Così sto indagando questo scenario, creando un lavoro che ridisegni la maternità contemporanea per rivelare qualcosa di primordiale, crudo e antico attraverso l’uso dei tessuti domestici vintage e le tecniche tradizionali.

“Birth Rope”, copyright Amy Meissner

“Birth Rope – detail”, copyright Amy Meissner

Birth Rope – detail”, copyright Amy Meissner

Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.