Interviste

INTERVISTA CON CLAUDIA CASARINO

English (Inglese)

*Foto in evidenza: Trastornos del Sueño, Copyright Claudia Casarino

Traduzione a cura di Elena Redaelli

Claudia Casarino è nata in Paraguay, nel 1974. Ha studiato Arti Visive all’Università Nazionale di Asuncion, proseguendo successivamente gli studi a New York e a Londra. La coscienza del proprio corpo e le dinamiche discriminatorie legate al genere, lo spazio del femminile compresso tra violenze sistemiche e la pressione di stereotipi difficili da sradicare sono al centro della sua ricerca artistica.

Casarino è tra le maggiori artiste sudamericane: dal 1998 le sue opere vengono esposte regolarmente in ambiti internazionali prestigiosi come – per citarne alcuni – la Biennale del MERCOSUR, la Biennale dell’Avana, di Tijuana, di Busan, di Cuenca, di Curitiba, di Algeria e di Venezia, nonché la triennale di Santiago e Porto Rico. Ha partecipato a mostre in gallerie, istituzioni, musei e centri culturali di Asunción, Santiago, San Paolo, Buenos Aires, Bogotá, Madrid, Barcellona, ​​​​Milano, Amman e Londra, tra gli altri.

Claudia, quando hai capito che la tua strada era quella dell’arte?

È stato un processo organico, non una decisione. Si è evoluto fino a farmi diventare un’artista.

Ho frequentato la scuola d’arte in Paraguay nel 1996, l’anno in cui è stata fondata (come parte dell’Università Nazionale) ma il mio interesse era la storia dell’arte.

Pynandi (ni puta, ni diosa, ni reina), Copyright Claudia Casarino

Le diverse varianti dell’abbigliamento femminile sono i moduli alla base di molte delle tue opere. Che significato ha questa scelta?

Come artista lavoro principalmente su alcune delle istanze che dobbiamo affrontare come donne e che attraversano le nostre storie e i nostri corpi, trovo che l’abbigliamento sia un mezzo molto eloquente. I nostri corpi hanno sempre portato il peso della politica e delle ideologie e la storia degli abiti femminili ci mostra esattamente questo. I vestiti coprono i nostri corpi ma rivelano tanto di più.

L’uso del tulle, con la sua trasparenza, è una scelta tecnica o concettuale?

Entrambe. Il tulle è un tipo di tessuto spesso usato negli abiti femminili e in molti riti di passaggio sia in Paraguay che in altri paesi occidentali, soprattutto cattolici. La sua trasparenza mi aiuta a comunicare l’invisibilità di molti degli argomenti di cui parlo.

El Otro Abrazo, Copyright Claudia Casarino

Il tuo impegno per le istanze femministe è presente in molti dei tuoi progetti. Qual è stato quello che ti ha coinvolto di più?

Non potrei scegliere perché questi continuano ad apparire sotto forma di storia familiare, di notizie e di ricordi.

L’ambiente, la distruzione del pianeta, la pandemia sono temi che hanno ispirato diverse delle tue opere. Quali sono le riflessioni che le hanno ispirate?

Lavoro su questi e altri temi da più di 20 anni, perché penso anche alle questioni del femminismo.

Nude, Copyright Claudia Casarino

Quanto e come le tue radici paraguaiane hanno influenzato la tua carriera artistica e la tua ricerca?

In tutti i modi possibili. Il colonialismo e le sue conseguenze, il patriarcato e il potere, la violenza nelle sue molteplici forme, ma anche la nostra lingua (guarani) e il suo modo di spiegare il mondo, i nostri tessuti e il paesaggio.

Quale delle tue opere è la più autobiografica? Quanto sono intrecciati il percorso umano e quello artistico?

Gran parte del mio lavoro lo è. Vi si intreccia non solo il mio percorso ma quello di mia madre, di mia nonna, della mia bisnonna o di molte altre donne della mia famiglia, da parte di mia madre. Tuttavia, come ripeto spesso, non è solo la nostra storia, è una storia comune a molte donne del Sud del mondo.

Doble Desdoble, Copyright Claudia Casarino

Hai esposto in molti paesi del mondo, in musei, istituzioni pubbliche e gallerie private. Qual è stato l’evento più emozionante della tua carriera di artista?

La mostra personale al Centro Atlantico de Arte Moderna di Las Palmas de Gran Canaria. È stata la mia prima mostra personale in un museo in Europa, e la prima di un artista paraguaiano. È stato un percorso entusiasmante ed emozionante che ho percorso insieme alla curatrice, Gabriela Salgado, ma ho anche un’altra mostra preferita. Nel 2002 sono stata invitata da Cristiana Colli, allora direttrice del MAM di Nuoro, a far parte di una mostra collettiva. È stato il mio primo viaggio oltreoceano.

Considerando anche gli eventi dell’ultimo anno, qual è secondo te il ruolo dell’arte e degli artisti nella società contemporanea?

Posso parlare della mia pratica e della mia motivazione che è quella di fare luce negli angoli bui della nostra vita quotidiana. Sono una donna privilegiata ed indipendente, ma devo ancora affrontare alcune problematiche; porto con me la storia di generazioni precedenti di donne nella mia famiglia che non hanno avuto le mie stesse opportunità di educazione e benessere. Lo devo a loro. Le cose di cui non si è parlato, le cose che sono state violentemente messe a tacere e lo sono ancora, a volte emergono sotto forma di vestiti appesi.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.