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Intervista con Deborah Corsini

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Deborah Corsini, copyright Deborah Corsini

Deborah Corsini, insegnante di tessitura al City College of San Francisco, curatrice dal 2006 al 2014 del San Jose Museum of Quilts&Textiles, è una stimata artista tessile che crea arazzi con un approccio intuitivo e spontaneo, trasmettendo sensazioni di dinamismo, energia e movimento.

Le opere di Deborah Corsini raccontano il forte legame dell’artista con i tessitori indiani d’America: le suggestioni Navajo e le tecniche di tessitura a cuneo fondano il suo lavoro e sono fonte essenziale di ispirazione.

Il colore è un ingrediente fondamentale nelle sue tessiture, gli elementi naturali, il binomio Acqua/Fuoco e Cielo/Terra, le forme simboliche edastratte, la complessità graficache viene espressa attraverso un uso sapiente della linea, rappresentano gli elementi costitutivi dei suoi arazzie attraverso di essi l’artista cattura ed esprime il personale punto di vista sul mondo che la circonda.

Di seguito il link al sito web dell’artista:

https://www.deborahcorsini.com/index.html

“Nightlife”, 2003, 28”x 72”, wool, Embassy Collection, copyright Deborah Corsini

Deborah, puoi parlarci di come e perché hai iniziato la tua carriera nell’arte tessile?

Sono sempre stata una persona creativa e il disegno e l’artigianato (uncinetto, ricamo e cucito) sono sempre stati parte della mia vita. Anche se sono andata al college della New York University per studiare letteratura inglese e infine insegnare, sono stata presto attratta dal dipartimento di arte e ho iniziato a prendere lezioni di disegno, pittura e incisione. Mi sono trasferita dalla NYU e sono andata alla Rhode Island School of Design. E ‘stato lì che ho ricevuto una formazione più completa in design, stampa e storia dell’arte.

Ed è stato al RISD che sono entrata nel dipartimento di tessitura e ho visto e sperimentato uno studio di tessitura ricco di intrecci, trame e colorati tessuti fatti a mano.  Ero profondamente affascinata e così iniziai le mie avventure con la tessitura e l’arte tessile. Ho frequentato alcuni corsi di tessitura a telaio e laboratori in diverse tecniche (tessitura di tavolette, tappezzeria, filatura, ikat, tessitura di cinghie peruviane, ecc…) ma la mia attenzione era rivolta principalmente agli arazzi e mi considero una tessitrice di arazzi autodidatta.

Il mio primo arazzo è stato tessuto su un telaio e aveva un gran numero di eccentric weaving (una tecnica di tessitura) prima ancora che io sapessi cosa questo significasse.  La tessitura ha portato ad alcune prime commissioni, opportunità di insegnamento e in seguito a due carriere nel settore tessile – una come disegnatore di tessuti per un’azienda che produceva tessuti per il mercato dei quilts e la seconda come curatore per il San Jose Museum of Quilts & Textiles.

“ColeusLeaf”, copyright Deborah Corsini

In che modo i tuoi arazzi si ispirano alla tessitura Navajo? Nel design, nei colori, nelle tecniche di tessitura…

Uno dei pezzi con cui sono cresciuta era un tappeto Navajo Yei che i miei genitori avevano comprato durante i loro viaggi nel sud-ovest. I tappeti Yei sono tappeti figurativi e di solito rappresentano una cerimonia come quella del raccolto o del mais. Molto prima ancora di sapere cosa fosse la tessitura, questo lavoro grafico aveva attratto la mia attenzione. Così quando iniziai a tessere, il primo libro che acquistai fu sulle tradizioni della tessitura Navajo.

Anche se la maggior parte delle foto erano in bianco e nero, rimasi colpita dal forte design grafico e dalle proporzioni dei modelli. Le righe, i motivi complessi e l’audacia dei disegni Navajo mi hanno conquistata. E mi piaceva l’uso del colore rosso, dell’arancione, dell’indaco, delle lane scure e del bianco. Mi colpiva il modo in cui i tessitori Navajo combinavano i diversi modelli insieme e il loro istinto nell’uso dello spazio positivo e negativo. Considero la tessitura Navajo un metodo di tessitura raffinato e con i disegni più sofisticati.

Quando ho iniziato a tessere i miei primi arazzi non ho copiato i pezzi Navajo, ma ho cercato di catturare la qualità grafica di queste tessiture e il modo in cui veniva interpretato l’uso dello spazio.  Ho usato forme positive e negative, grandi strisce dietro i disegni in primo piano e giochi di sfondo e disegni in primo piano. La mia tavolozza di colori era limitata ai toni della terra in contrasto con il rosso e il mio colore era piatto. Non sono una tessitrice Navajo, ma sono ispirata e incantata da questa tecnica, e volevo creare la mia visione personale.

“Yei”, copyright Deborah Corsini,

Navajo weaving traditions book 

“Tommy’s Rug”, 1976, 96”x60”, Wool, Private collection, copyright Deborah Corsini

“Sunday Strip”, 1985, 94”x 39”, Wool, copyright Deborah Corsini

Puoi parlarci della tecnica Navajo “wedgeweave” che usi per i tuoi arazzi? Quali effetti grafici e dimensionali si possono ottenere?  In cosa consiste?

Continuando lo studio e l’apprezzamento per i tessuti Navajo ho preso coscienza di un affascinante stile di tessitura: la trama a cuneo (wedgeweave). Era una tecnica sperimentale sviluppata e utilizzata per un breve periodo di tempo tra il 1870 e il 1890. Nella trama a cuneo una linea grafica audace, le strisce a zigzag e le cimose smerlate sono caratteristiche sorprendenti. Al posto della tessitura perpendicolare all’ordito come di consueto si trova nell’arazzo tradizionale, l’armatura a cuneo è una tecnica di tessitura eccentrica in cui le trame sono tessute ad angolo rispetto all’ordito. Ciò che è unicamente Navajo è l’uso della tecnica per coprire l’intera superficie del tessuto.

Le tipologie di disegno che si ottengono con questa tecnica sono strisce audaci in un disegno a zigzag. Ci sono infinite possibilità per le variazioni delle strisce. Piccole aree a forma di torta in fasce alternate si formano lungo la cimosa e possono anche essere promettenti elementi di design. La cimosa ha un bordo curvo. Poiché l’armatura è inclinata rispetto all’ordito parallelo, è più difficile da controllare. Così tipicamente il tessuto non giace piatto e può esserci un’ondulazione dello stesso.

Naturalmente ci sono infinite variazioni della tecnica e può essere combinata con arazzi regolari, aperture o qualsiasi cosa il tessitore sogni.

“Flashback”, 2002, 40”x 30”, Wool, copyright Deborah Corsini

“IntoTumucumaque”, 2002, 42”x 29”, Wool, copyright Deborah Corsini

 

“Code Talking”, 2002, 39”x 28”, wool, copyright Deborah Corsini

Improvvisazione, casualità, sperimentazione, studio, regole, design. Quali di questi aspetti ha un ruolo essenziale o prevalente nel processo di nascita della tua opera tessile?

L’improvvisazione gioca un ruolo molto importante nei miei progetti. Nella trama a cuneo la tecnica e il disegno sono interconnessi e lo sviluppo del pezzo si realizza direttamente al telaio. Ci sono sicuramente la casualità e la sperimentazione nella maggior parte dei miei pezzi. Comincio con un’idea e una tavolozza di colori. Per esempio, potrei voler disegnare un arazzo che utilizza aree di tessitura a cuneo interrotte da linee di tessitura eccentrica. Questa è l’intenzione, ma a volte il pezzo si muove in una direzione diversa o magari cambia nella fase finale (o all’inizio).

A volte uso anche uno schizzo o un collage come idea di partenza. Ma il pezzo cambia e si sviluppa man mano durante la tessitura e lo schizzo originale è solo il primo concetto del lavoro che poi verrà sviluppato. Quindi c’è molta spontaneità nel processo. Il design è generato sia dai materiali che nel processo di tessitura, dal basso verso l’alto, linea per linea.

“Field Trip”, 2017, 63”x 34”, Wool, silk, rayon, cotton bandana, copyright Deborah Corsini

“Green Flash”, 2004, 43”x 32”, Wool, Embassy Collection, copyright Deborah 

 

“Afterglow”, 2006, 46”x 24.5”, Wool, private collection, copyright Deborah Corsini

Puoi parlarci del ruolo del colore nelle tue opere d’arte?

Il colore è l’ingrediente principale del mio lavoro. Credo che il colore attiri e coinvolga l’attenzione in un lavoro, crei uno stato d’animo e un elemento seducente nel design. Ed è divertente da utilizzare.

Quando inizio un nuovo pezzo spesso mi limito a prelevare matasse e gomitoli di filato e gioco con i colori, assicurandomi di avere una gamma di valori (scuri/chiari) e aggiungendo colori strani o complementari per gli accenti. Per esempio, un cesto di filati messicani vintage anni ’60 filati a mano in colori grigi polverosi è stata l’ispirazione per ilmio arazzo Borders. E’ ironico che questi filati importati siano diventati un pezzo che guarda alla tematica contemporanea della migrazione.

Alcune delle mie tessiture usano filati tinti in modo naturale, anche se li combino con filati tinti commercialmente. Heaven and Earth è stato ispirato da un cesto di filati tinti in modo naturale e da un bel filato arancione lavorato a mano che era il regalo di un amico.

“Borders”, 2015, 48”x 16”, wool, copyright Deborah Corsini

“Heaven and Earth”, 2017, 62”x 34”, wool and alpaca, private collection, copyright Deborah Corsini

“Heaven and Earth-detail”, 2017, 62”x 34”, wool and alpaca, private collection, copyright Deborah Corsini

Al di là delle tecniche utilizzate, cosa rende i tuoi arazzi tradizionali e cosa li rende contemporanei? Qual è il rapporto tra tradizione e innovazione nel tuo lavoro?

Penso che i miei arazzi siano tradizionali in quanto sono ben fatti, ben tessuti e appesi bene. Sono pensati per essere lavori di lunga durata – senza tempo – che provengono da una tradizione storica di tessitura ma che hanno, però, un’estetica contemporanea. Anche se, certamente sono stata influenzata dai tessuti Navajo e da altre tradizioni, credo di aver cercato di spingere le possibilità della tecnica dell’intreccio a cuneo per renderla mia.

Sono contemporanei anche perché vengono realizzati oggi. La mia intenzione è di creare un lavoro, anche se astratto, che si riferisca alle questioni attuali del nostro mondo.

“Red Day”, copyright Deborah Corsini

“Storm Watch”, 2015, 59”x 39”, wool, copyright Deborah Corsini

Come è evoluto il tuo lavoro nel corso degli anni? Ci sono importanti differenze stilistiche, estetiche o concettuali tra i tuoi primi arazzi e quelli più recenti?

La mia tecnica si è evoluta, dato che in questo periodo ho quasi esclusivamente tessuto con la tecnica dell’intreccio a cuneo. Ma in sostanza, mi preoccupo ancora di creare pezzi grafici astratti e forti che provengono dal processo di tessitura lineare. Il mio lavoro è sempre stato dinamico e l’intreccio a cuneo esalta questo aspetto. E ultimamente sono tornata ad usare alcune delle linee che hanno caratterizzato i miei arazzi precedenti.

Guardando il mio lavoro passato c’è sicuramente un legame di continuità tra il linguaggio figurativo – l’uso della linea, l’audacia del graphic design, il colore forte – e il lavoro che sto creando ora.

“Totem”, 1978, 65”x 39”, wool, copyright Deborah Corsini“Disconnect”

“Fire/Water”, 2016, 46”x 34”, wool, silk, copyright Deborah Corsini

Deborah, qual è secondo lei la differenza più importante tra un artigiano che lavora con fili e tessuti e un artista tessile? Quando un’opera tessile diventa arte?

Penso che sia l’intento del produttore. Apprezzo molto l’eccellente artigianato, un oggetto ben fatto, un bellissimo tessuto da usare.  Ma per me l’opera di un artista tessile diventa arte se c’è un contenuto, una profondità all’interno del pezzo che lo porta un passo avanti. Anche un’opera grafica astratta può avere un significato sotto la superficie. Un’opera tessile diventa arte quando c’è un significato.

Secondo la tua esperienza come artista e curatrice del San Jose Museum of Quilts&Textiles, qual è oggi lo spazio che l’arte tessile ha all’interno del più vasto campo delle Arti Maggiori? L’arte tessile è finalmente riuscita a conquistare il diritto di non essere più considerata un’arte minore?

Penso davvero che l’arte tessile abbia fatto molta strada dal suo Rinascimento negli anni ’60 e sta coinvolgendo attivamente una generazione più giovane di produttori e si sta integrando con altri medium. C’è così tanta interazione tra tessuti con altri medium – la lavorazione del vetro e della ceramica, l’uso della tecnologia e della stampa e la tessitura digitale, la stampa 3D, la tintura sostenibile, la scultura e l’installazione su larga scala – è un campo che non finisce mai di entusiasmare. C’è molta energia ed eccitazione e così tanti collegamenti che si stanno sviluppando e muovendo in varie direzioni. Mi piace pensare che l’arte tessile stia finalmente uscendo dall’ombra.

E’ incoraggiante vedere più arte tessile inclusa in mostre collettive, insieme ad altri mezzi e discipline artistiche, e ciò accade sia nei museinegli Stati Uniti , sia all’estero. C’è stata una serie di importanti eventi museali con figure storiche del Bauhaus come Anni Albers e una recente mostra sugli artisti della fiber art degli anni ’60 all’ICA di Boston. Questo è importante. Ma sto ancora aspettando di vedere una nuova mostra di fiber art contemporanea come quella degli anni Settanta, The Art Fabric: Mainstream a cura di Mildred Constantine e Jack Lenor Larsen, in uno dei maggiori musei. Una mostra che catturi ciò che sta accadendo oggi sul campo spero sia nei progetti di qualche giovane curatore. Tuttavia, sono molto positiva grazie alla qualità e la creatività di ciò che vedo essere creato nel mondo delle arti tessili oggi, e sento che c’è una marea di importanti lavori tessili in corso di realizzazione.

La mia esperienza al Museo ha dimostrato che non c’è fine al talento, alla creatività e alla visione dei fiberartist in ogni ambito di questo settore.

“Between Lavender Sheets”, 2004, 40.5”x 34”, wool, Corporate collection, copyright Deborah Corsini

“Lost Tango”, 1991, 72”x 39”, wool, copyright Deborah Corsini

Qual è la fonte della tua ispirazione oggi?

Traggo l’ispirazione da molte cose – la bellezza della natura, il modo in cui la luce e le ombre danzano insieme, una giustapposizione di motivi e tessuti, bellissimi tessuti provenienti da culture di tutto il mondo – ognuno di questi stimoli visivi e sensoriali può innescare un’idea. Anche la mia voce interiore è forte e mi piace catturare, in astrazione, alcune delle cose personali che si aggirano nella mia testa. (vedi Scollegare)

Purtroppo, l’attualità è anche un argomento che non è mai lontano dalla superficialità e, in modo sottile, i miei arazzi esplorano i tempi incerti in cui viviamo.

L’arazzo è un mezzo lento. Ma mentre intreccio e ascolto le notizie o la musica, il ritmo e la cadenza del processo crea un flusso.  Mentre lavoro su un pezzo, le idee per il prossimo sembrano generare idee per il pezzo successivo e non vedo l’ora di scoprire cosa verrà dopo.

“Balancing Act”, 2018, 13”x 10”, wool, silk, private collection, copyright Deborah Corsini

“Rising”, copyright Deborah Corsini

“On Edge”, copyright Deborah Corsini

“Disconnect”, 2013, 44.5”x 38”, wool, silk, copyright Deborah Corsini

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Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.