IntervisteInterviste

INTERVISTA CON HANNE FRIIS

English (Inglese)

Hanne Friis è nata nel 1972 ad Oslo ed ha studiato pittura e scultura all’Accademia d’arte di Trondheim. Le sue sculture tessili che realizza con tessuti spesso tinti da lei attraverso sperimentazioni e lenti processi di tintura che conferiscono al materiale per le sue sculture espressioni pittoriche di imprevedibile effetto. Utilizzando una tecnica rigorosamente manuale, Friis trasforma un materiale morbido e soffice in opere astratte e sensuali, dalla struttura solida e complessa che sembrano impegnate in un autonomo, lento ma inesorabile processo di crescita e cambiamento perenne. Metafore dello scorrere della vita e dell’avvicendarsi degli eventi e fenomeni che la caratterizzano, i suoi lavori sono sintesi e rappresentazione dell’ambiguità tra forma e materia.

Hanne Friis ha esposto in diverse mostre personali e collettive in molti paesi e le sue opere compaiono nelle collezioni permanenti – tra gli altri – del Haugar Art Museum, Tønsberg, del Governo Norvegese ad Oslo, del KODE Art Museum di Bergen, del National Museum di Oslo, nonché in numerose collezioni private nazionali e internazionali.

Shades in Black and Blue, 2014, Second hand denim, handstitched. Installation view, We Are Living on a Star, Henie Onstad Art Centre, 2014. Photo: Øystein Thorvaldsen

Tutte le tue sculture sono amorfe eppure profondamente evocative. Quali sono i temi su cui si basa la tua ricerca artistica?

Ho incentrato il mio lavoro sugli stessi temi da quando ero uno studente d’arte, sta tutto in come noi, in qualità di esseri umani, ci sentiamo uniti alla natura e parte di essa, e, come la natura, siamo in continuo cambiamento, il che porta inevitabilmente alla morte. È una costante rielaborazione di questa intuizione: la vita e la morte sono collegate fra loro. Il mio è un tentativo di imitare la vita, o di creare una nuova vita attraverso la scultura.

Le tue opere sono complesse e spesso imponenti. Per riuscire a portarle a termine servono tempo e una paziente ripetitività. Come sei arrivata al medium tessile e soprattutto ad utilizzarlo in questo modo lento e minuzioso? Quante e quali tecniche utilizzi per creare le tue opere e a chi devi questa formazione specifica?

Vengo da una formazione in Belle Arti in scultura e pittura, le mie opere sono un’evoluzione di queste due arti. Da studente dell’Accademia d’Arte ho iniziato a sperimentare con tanti tipi di materiali flessibili che potevo plasmare con le mie mani, ho capito che il tocco e la possibilità di scolpire utilizzando le mani è essenziale per me. Con il tempo le sculture e le tecniche hanno gradualmente preso una direzione più tessile e artigianale. Lavoro con diverse tecniche ripetitive, ma la tecnica di piegatura con ago e filo di nylon è la mia preferita, la sento mia. Il tempo è un aspetto importante del mio lavoro. Credo di aver bisogno di questo lavoro concentrato, lento e che richiede tempo, ma che è comunque energico e fisico, per pensare e allo stesso tempo non pensare.

The Juice from The Trees, II, 2019. Natural dyed cotton canvas, hand stitched Photo: Øystein Thorvaldsen

I materiali che utilizzi per il tuo lavoro sono tutti tinti a mano da te. Possiamo quindi affermare che il tuo lavoro di ricerca e sperimentazione riguarda anche le tinture e i materiali? Scegli colori e materiali sulla base dello sviluppo di un’idea o di un progetto o sono le tinte e i materiali che fanno nascere l’idea dell’opera?

Traggo ispirazione molto facilmente, dallo spazio intorno a me, dai colori e dai materiali. Molto spesso utilizzo un materiale o un colore in base allo spazio espositivo, all’idea o su commissione.
Per alcuni anni mi sono concentrata sulla sperimentazione con tinte naturali unite a diverse qualità tessili. Ma ho anche utilizzato materiali semplici e “morti” come plastica, gomma, abiti di seconda mano, tessuti in gore-tex e rifrangenti, dipende sempre dal progetto specifico.

Topography, III, 2020. Natural dyed cotton canvas, hand stitched. Photo: Jannica Luoto/KRAFT

I colori sono un aspetto fondamentale delle tue opere. Che ruolo svolgono e che significato hanno per te?

I colori hanno un impatto fisico su di me, portano con sé tantissime informazioni, associazioni ed emozioni.  Alcune mie sculture sono monocromatiche, altre sono formate da molte sfumature diverse, ma sempre su scala limitata come nei miei dipinti. Come la materialità, anche i colori sono un linguaggio, e li scelgo sempre consapevolmente. I colori possono essere legati al luogo, all’atmosfera e ai colori esistenti nella stanza, o a un’idea specifica, a volte entrambe le cose sono vere.

Secondo la tua opinione qual è la differenza maggiore dal punto di vista dell’artista fra il creare sculture tessili e scolpire materiali duri? Il tessile è un medium scultoreo molto simile al corpo umano e alla pelle. È un materiale vulnerabile sotto molti aspetti, non è stabile, il che gli conferisce una specie di tensione. La sua flessibilità lo rende un materiale vivo, in costante cambiamento. Mi piace giocare con questa materialità trasformando il tessuto morbido in una massa compatta, le mie sculture sono spesso piuttosto dure al tatto.

Crater, detail, 2019. Natural dyed cotton canvas, hand stitched. Photo: Øystein Thorvaldsen

Come è cambiato e come si è evoluto nel tempo il tuo lavoro? Che relazione hai con le tue opere negli anni? C’è una particolare opera da cui non vorresti mai separarti e perché?

Il rapporto con le sculture che creo dura tutta la vita, le porto con me anche se sono state vendute e sono lontane dagli occhi. A volte mi stanco di vederle e a volte me ne vergogno, ho bisogno di una pausa, ma il più delle volte la vergogna scompare. Spesso rielaboro le mie sculture in nuove sculture, il tempo mi fa vedere le cose più chiaramente e trovo il processo di trasformazione interessante. Non ho bisogno di avere le mie sculture intorno a me fisicamente. La mia scultura preferita è sempre quella a cui sto lavorando in questo momento.

Wave, 2021. Cotton canvas dyed by synthetic indigo, hand stitched. Photo: Tor Simensen Ultstein. Purchased by Haugaland Museum, Haugesund, Norway

Quali sono i limiti, le difficoltà e le opportunità che si sono create dopo la pandemia per le persone come te che lavorano in campo artistico?

In primo luogo, non credo che la pandemia sia ancora finita. Alcune delle mie mostre e dei miei progetti sono stati posticipati, ma sono stata molto fortunata ad aver avuto l’opportunità di lavorare nel mio studio durante la pandemia. La mia vita quotidiana è in gran parte la stessa, lavoro come faccio di solito, ma ci si sente più isolati e lontani dal resto del mondo.

La pandemia ci ha fatto capire quanto tutto sia vulnerabile e insicuro, ho questa visione pessimista sebbene io sia stata relativamente sicura e privilegiata.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.