Interviste

Intervista con Isabella Ducrot

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“Bende Sacre 5”, 2011, tecnica mista su tessili tibetani,132×173 cm,
foto di Luca Borrelli, copyright Isabella Ducrot

“Bende Sacre 7”, 2011, tecnica mista su tessili tibetani, 97×144 cm,
foto di Luca Borrelli, copyright Isabella Ducrot

“Bende Sacre 8”,2011, tecnica mista su tessili tibetani, 46×98 cm,
foto di Luca Borrelli, copyright Isabella Ducrot

“Benda originale 13”, tessile tibetano su carta Japan,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

“BendeSacre 13”, tecnica mista su tessili tibetani,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

“Bende Sacre 15”, tecnica mista su tessili tibetani,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

Bende Sacre 16”, tecnica mista su tessili tibetani,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

Bende Sacre 3”, tecnica mista su tessili tibetani,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

Isabella Ducrot è nata a Napoli e vive da molti anni a Roma. Nel corso dei numerosi viaggi che nel tempo l’hanno condotta dalla Russia all’Estremo Oriente, ha raccolto e collezionato una notevole serie di tessuti antichi e di pregio, che sono poi divenuti oggetto di studio e ricerca.Da questa passione si è poi sviluppato un originale percorso artistico in cui il tessuto stesso ha assunto il ruolo di soggetto ed oggetto delle sue opere.

I lavori di Isabella Ducrot sono stati esposti, tra l’altro, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al Museo Archeologico di Napoli, alla Biennale di Venezia, presso l’Archivio di Stato a Milano ed ancora a Berlino, Parigi e New York.

Qui di seguito potete trovare il link al sito dell’artista:

http://isabelladucrot.it/

La “ripetizione” è un tema protagonista, il soggetto di molte delle tue opere. Dico questo, pensando  alla forma rotonda, molto spesso presente nei tuoi lavori. Ce ne puoi parlare?
La ripetizione per te è rappresentazione di qualcosa oppure è un atto che basta a se stesso?

Molti anni fa in un Museo di Istanbul fui molto colpita dalla bellezza di un tappeto antico, aveva un fondo biancastro ricoperto di forme circolari rosse poste in successioni regolari. Fui stupita dal mio senso di piacere alla vista di un motivo decorativo di tanta insolita semplicità, quel disegno era davvero un motivo musicale, una gradevole nenia, una preghiera efficace. Ma, mi domandai, quel motivo a palle rosse avrebbe conservato da noi la sua giustificazione estetica come “tema protagonista” di un quadro prima che il Contemporaneo nel secolo scorso avesse spalancato i cancelli dell’astrazione? Mi fu chiaro in quell’occasione quanto la nostra tradizione abbia avuto nel passato grandi pregiudizi sul valore del “decorativo”, qualificandolo Arte Applicata, sarebbe a dire minore. Insomma il decorativo non narra niente. Quel giorno “il decorativo” diventò parte importante della mia ricerca.

“Nel tondo”,1999, assemblaggio di garze, 40×100 cm,
foto di Luca Borrelli, copyright Isabella Ducrot

“Ripetizione 2009”, copyright Isabella Ducrot

L’attività di studio e ricerca relativa alle tradizioni del tessuto nelle varie culture orientali è stata a lungo oggetto dei tuoi interessi e studi. In che modo tutto ciò ha influito sulle tue opere?

Credo che in Occidente il peso del pensiero storico modifichi il nostro giudizio estetico, la nostra arte figurativa dipinge storie; invece in Oriente l’arte celebra un tempo rallentato, direi, ne risulta il carattere contemplativo delle sue espressioni artistiche.

“ Preghiera”, copyright Isabella Ducrot

Isabella sei una esperta conoscitrice e collezionista di tessuti antichi ricchi di storia e suggestioni. Quando e perché hai iniziato a collezionare tessuti?

Ho viaggiato molto in Oriente, nei mercati potevo acquistare tessuti diversi da quelli che vedevo in Italia, dopo un po’ mi sono resa conto di avere una specie di collezione. Collezionare significa convivere con l’oggetto collezionato, nel caso dei tessuti poterli toccare è stato il modo di studiarli e capirne meglio le tecniche, le differenze di tessitura ecc.

Che cosa, del tessuto, cattura di più la tua attenzione e ti affascina? La sua struttura apparentemente semplice fatta di trama e ordito, i filati utilizzati per produrlo, la sua storia e il suo passato, il gesto del tessitore che lo ha realizzato…

Mi accorsi ad un certo punto di prediligere tessuti apparentemente semplici, ma in realtà frutto di sapienze artigianali sofisticatissime, in cui le fibre della lana e del cotone risultavano brillanti e lucide come quelle della seta, per cui a volta mi è stato molto difficile capire se la stoffa che avevo fra le mani fosse un cotone o una lana o una seta…

Ci puoi raccontare come è nata la tua opera “Turban”, che hai presentato alla Galleriske di Delhi nel 2014?

L’opera “Turban” è composta da un vero turbante; l’esposizione dei suoi 18 metri di lunghezza lungo  una parete  lo fa simile a un grande  foglio bianco  in attesa di essere segnato da qualcosa, ne altera la sua vera natura, quella di essere involuta, nascosta e non spiegata. Ma così si può cogliere l’ineffabile consistenza quasi senza peso della sua struttura finissima e il suo destino di risolversi in un turbine di gesti per  avvolgerla  come una nuvola attorno  alla testa di un essere umano.

“Turban”,Galleryske, Nuova Delhi, 2014,
copyright Isabella Ducrot

“Turban”,Galleryske, Nuova Delhi, 2014,
copyright Isabella Ducrot

“Variazioni” è il titolo di una tua mostra personale presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 2008. Sono stati esposti una serie di ritratti d’autore (compositori) che hai realizzato in olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati. Ci puoi parlare di questi lavori e dei tessuti inseriti in ogni ritratto?

Mi capitò di trovare in un mercato dell’Anatolia una serie di fazzoletti ricamati che le contadine esponevano nelle feste come parte del corredo. I ricami di questi panni usati come paramenti  mi sembrarono molto interessanti, liberi dai canoni decorativi tradizionali, avevano  degli ardimenti addirittura picassiani. Leggevo in quel periodo un libro, “La danza di Natascia” di Orlando Figes, che racconta degli interrogativi che si ponevano gli artisti russi  agli inizi del novecento, chi siamo?  siamo mongoli o europei? visitando i villaggi sempre più dispersi e lontani dalle loro città per ascoltare le loro canzoni, conoscere i loro strumenti musicali traendo ispirazione per nuove composizioni. Così ebbero accesso nelle sale di concerto, nei teatri e nei salotti occidentali le musiche d’avanguardia e a poco a poco trovarono il consenso del pubblico.  I quadri di cui tu parli rappresentano il mio   tentativo di omaggiare questi famosi geni musicali ritraendo  i loro volti;    allo stesso tempo volevo mostrare  lo straordinario lavoro eseguito  da donne di cui non sapremo mai il nome ed evidenziare il loro destino di anonimato.

“Variazioni, ritratti d’autore”, 2008, 24 pannelli 151×122 cm
copyright Isabella Ducrot

“Sergej Prokofiev”, 2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, 151×122 cm, copyright Isabella Ducrot

“Igor Stravinsky”, 2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, 151×122 cm, copyright Isabella Ducrot

“Bende Sacre” è stata una tua mostra che si è svolta nella Galleria di Arte Moderna di Roma. Quale è la storia dei tessuti che hai utilizzato per questa serie di opere?

Una trentina di anni fa a Lhasa in Tibet, nelle bancherelle dei santuari, vidi dei blocchetti irrigiditi dalla pasta di riso. Non sapevo che erano gli ultimi esemplari di oggetti votivi che i pellegrini acquistavano per pochi soldi, fasce rituali destinate a coprire le spalle delle statue sacre. Solo pochi anni fa mi sono resa conto del valore eccezionale di quelle tele elementari:la loro struttura una ragnatela quasi invisibile, opere uniche che rimangono come testimonianza di qualcosa di irripetibile. Dopo molte esitazioni le ho usate come opere tessili, cercando di preservarne il loro carattere sacro.

“Benda Originale 2”,2013 | tessile tibetano su carta Japan,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

Bende Sacre 14”, tecnica mista su tessili tibetani,
foto di Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

“Benda Originale 8”, 2013, tessile tibetano su carta Japan,
foto Silvio Scafoletti, copyright Isabella Ducrot

”Bende sacre 1”,2011, tecnica mista su tessili tibetani, 230×135 cm,
foto di Luca Borrelli, copyright Isabella Ducrot

Il tuo ultimo libro, “La stoffa a quadri”, prende avvio da una riflessione nata osservando un particolare insolito ne“L’Annunciazione” di Simone Martini: la presenza di una stoffa a quadri nel risvolto del mantello dell’angelo.  Partendo da qui, hai iniziato un’ampia ricerca sul significato e sull’uso che queste stoffe hanno assunto nel tempo. Ci puoi accennare una parte delle tue riflessioni e dei risultati delle tue ricerche?

Non credo di aver esaurito tutti i pensieri che le stoffe a quadri mi ispirano, posso solo dire che vorrei continuare a meditare sulla loro forza simbolica, panni casalinghi che si prestano a rappresentare in modo tattile concetti astratti…

QUI potete visionare una scheda relativa al libro e ai suoi contenuti essenziali.

Qual è, a tuo parere, il rapporto tra arte e alto artigianato?

Più che rapporto parlerei di distinzione anzi di separazione. La condizione di oggi di ciò che si definisce Arte si è svincolata da quel tipo di rapporto con la materia che condividevano artisti e artigiani. L’artigianato conserva un rapporto privilegiato con la materia che gli serve, che sia vetro ferro o argento, senza preoccupazioni se non quelle che mirano a conoscerne i misteri e le loro potenzialità. L’artigiano, tradizionalmente, è una persona meditativa, i gesti per costruire una ciabatta o un vaso di ceramica sono quelli di sempre, senza sobbalzi creativi; all’ artigiano si richiede di operare senza grandi ambizioni, con poca inventiva, poche idee, e questo lo rende un esemplare umano del passato, il tempo dell’artigiano scorre lento, tempo per pensare, ricordare, desiderare…

Galleria foto in basso

Photo 1 “Marcello Panni”, 2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, 214×286 cm, copyright Isabella Ducrot

Photo 2”Scelsi”2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, copyright Isabella Ducrot

Photo 3Schostakovich”, 2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, copyright Isabella Ducrot

Photo 4“Shoemberg”,2006/7, olio e pastello su carta intelata, collage di carta, plastica e tessuti turchi ricamati, copyright Isabella Ducrot

Photo 5 Esposizione Palazzo Campofranco – Palermo, 2018, copyright Isabella Ducrot

Photo 6 Esposizione Palazzo Campofranco – Palermo, 2018, copyright Isabella Ducrot

Photo 7 Esposizione Palazzo Campofranco – Palermo, 2018, copyright Isabella Ducrot

Photo 8 Esposizione Palazzo Campofranco – Palermo, 2018, copyright Isabella Ducrot

Photo  9 Omaggio a Twombly”,2018, copyright Isabella Ducrot

Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.