Interviste

Intervista con Jo Hamilton

English (Inglese)

“Self Portrait”, Mixed crocheted yarn 23×25 inches 2009, copyright Jo Hamilton

Jo Hamilton è un’artista tessile originaria di Glasgow (Scozia) e che oggi vive e lavora a Portland (Oregon).
Dopo essersi formata alla Scuola d’Arte e aver sperimentato varie tecniche artistiche come la pittura e il disegno, ha scoperto di poter esprimere al meglio la propria visione artistica attraverso la tradizionale tecnica dell’uncinetto. Grazie all’uso di filati di varia natura e molteplice colorazione, Jo crea ritratti contemporanei, paesaggi urbani e nudi maschili di grandi dimensioni, intrecciando la tradizione con uno stile attuale e di grande effetto.
Di seguito il link al sito web dell’artista:
https://www.johamiltonart.com/

 

Puoi raccontarci qualcosa di te stessa e della tua storia di artista? Come hai iniziato?

Mi sono sempre interessata all’arte fin da piccola, ho sempre disegnato e creato. Mia madre e mia nonna mi hanno insegnato a lavorare a maglia e all’uncinetto quando avevo circa sei anni, e ho ripreso l’uncinetto da adolescente, un anno o due prima di iniziare alla Glasgow School of Art nel 1989. A quel tempo dovevamo specializzarci dopo il nostro primo anno, così a 18 anni mi sono concentrata sul disegno e sulla pittura per il resto del mio BFA. Durante questo periodo ho iniziato a sentire che la pittura non era il mezzo giusto per me e ho iniziato a sperimentare diversi modi di fare arte. Ho preso lezioni di cinema e video e ho scritto molto, oltre a continuare a disegnare e dipingere. Dopo la laurea stavo cercando un’avventura e ho finito per viaggiare attraverso gli Stati Uniti e sono approdata nel pacifico nord-ovest, a Portland, Oregon. Mi sono innamorata della città e alla fine mi sono trasferita lì per sempre nel 1996. A quel tempo, come molti giovani artisti a Portland, ho mostrato il mio lavoro nei bar e ristoranti della città. Ha avuto buone risposte, ma ho continuato a cercare il mio personale mezzo espressivo.

“Agnes 'Nancy' Robb (Gran)” Mixed crocheted yarn 44x30 inches 2018 (A portrait of my grandmother who first taught me to crochet), copyright Jo Hamilton

“Agnes ‘Nancy’ Robb (Gran)”Mixed crocheted yarn 44×30 inches 2018 (A portrait of my grandmother who first taught me to crochet), copyright Jo Hamilton

La maggior parte delle tue opere sono ritratti. Come scegli i tuoi soggetti?

Tendo a scegliere persone che di solito non sono rappresentate in una veste artistica. Ho iniziato la mia prima serie di ritratti nel 2006 e in essa ho documentato la maggior parte dei miei colleghi – cuochi, camerieri, lavapiatti al ristorante Le Pigeon dove lavoravo all’epoca. Un’altra serie è basata sulla comunità – residenti, volontari e personale – presso la nostra casa di Portland, una struttura residenziale per la cura dell’AIDS dove ho fatto volontariato settimanale per 15 anni. Nel caso dei miei grandi nudi maschili sono ritratti di un vecchio amico, oltre che una scelta deliberata di riconsiderare le norme di genere nell’arte, il modello di artista/donna e il ruolo storicamente tradizionale delle donne nelle attività artigianali. Alcune serie hanno temi meno consueti, per esempio la mia attuale serie di donne mascherate per me celebra le donne come super eroine nascoste nella loro vita quotidiana, ma è aperta all’interpretazione. L’opera potrebbe suggerire un commento di genere, politico o sociale, ma non mi piace dare agli spettatori la mia interpretazione univoca. Preferisco lasciare che le persone diano la loro risposta ed è sempre più stimolante scoprire che gli spettatori sentono una connessione o una reazione emotiva verso gli estranei nei ritratti, verso persone che non hanno mai incontrato.

“Chevonne Ball (Coworkers)”, Mixed crocheted yarn 27×22 inches 2008, copyright Jo Hamilton

“Gabriel Rucker (Coworkers)”, Mixed crocheted yarn 31×25 inches 2008, copyright Jo Hamilton

“Mannequin Mask No.1”, Mixed crocheted yarn and pom pom 16x11x11 inches 2013, copyright Jo Hamilton 

“Groucho Gia (Masks)”, Mixed crocheted yarn 51×36 inches 2013, copyright Jo Hamilton

Come è nata la tua passione per l’uncinetto e l’idea di utilizzare questa tecnica per i tuoi lavori tessili?

Il mio amore per i filati in particolare è radicato nella mia infanzia. L’idea di iniziare ad usare l’uncinetto per la mia arte è nata dal vedere una mostra presso una galleria locale di artigianato contemporaneo a metà degli anni 2000 che mostrava opere di diversi artisti, tutte realizzate con tecniche artigianali – cucito, arazzo, ricamo. Anche se non c’era l’uncinetto nella mostra, sono andata via con l’idea di provare a creare un quadro con questa tecnica, e sono andata dritta a casa per iniziare a lavorare alla mia prima opera d’arte all’uncinetto. All’inizio l’ho basata su un piccolo schizzo in bianco e nero che mostrava una vista aerea immaginaria di Portland da est, guardando verso ovest. Ci ho lavorato per oltre due anni e alla fine è diventato il mio pezzo su larga scala, “I Crochet Portland”. Una volta che il lavoro è diventato più grande dei bordi del disegno, ho iniziato a girare per Portland in bicicletta per documentare particolari edifici, ponti e punti di riferimento

“Crochet Portland”, Mixed crocheted yarn 63×114 inches 2006-2009, copyright Jo Hamilton

“Crochet Portland detail Joe’s House”, Mixed crocheted yarn 2007, copyright Jo Hamilton

Come sono evolute le tue opere d’arte nel tempo da quando hai iniziato ad oggi?

Dopo tanti anni di lavoro, gli aspetti tecnici si inseriscono più facilmente, il che mi lascia la libertà per concentrarmi di più sul significato, e semplicemente sfidando me stessa a provare cose nuove col mio medium. Così mi sono concentrata un po’ meno su ciò che posso fare e più su ciò che posso dire. All’inizio sono rimasta sorpresa del fatto di essere stata in grado di ricreare il carattere e le sembianze di una città o di una persona con filati e uncinetto, un mezzo che non invecchia mai, e questo mi entusiasma ancora. Se guardi i miei primi ritratti puoi vedere dove stavo ancora cercando di capire gli aspetti tecnici di come, per esempio, fare un naso. Anche se alcuni dei primi ritratti sono un po’ stravaganti, riescono comunque a catturare ciò che rende quella persona unica, la sua personalità. All’inizio avevo anche una palette di colori molto più limitata, semplicemente perché possedevo meno filati. Con il passare degli anni ho accumulato una collezione enorme, e quindi sono in grado di creare molti colori diversi combinandoli tra loro. E’ stato quando ho iniziato a realizzare i primi nudi maschili che ho cominciato ad intrecciare più colori alla volta, al fine di creare effetti più sottili che funzionano bene per descrivere grandi aree di pelle dove non ci possono essere cambiamenti tonali o di colore molto forti.

“Andrew Fortgang (Coworkers)”, Mixed crocheted yarn 25×25 inches 2009 (Donated to Our House of Portland 2011 Charity Auction), copyright Jo Hamilton

“Jordan Gray (Coworkers), Mixed crocheted yarn 26×17 inches 2008, copyright Jo Hamilton

“Uncle Dougie e John Muhato”, Mixed crocheted yarn 61×67 inches 2017, copyright Jo Hamilton

Tra i vari tipi di lavori, opere tessili, disegni, dipinti… quale ti rappresenta di più?

Sicuramente le opere all’uncinetto, in realtà non ho dipinto affatto da quando ho iniziato ad usare l’uncinetto per la mia arte. Anche se molti dei miei artisti preferiti sono pittori, per esempio Howard Hodgkin, o Alice Neel, il processo dell’uncinetto mi si adatta molto di più, posso lavorare con molteplici colori forti che rimangono distinti anche quando sono uniti all’uncinetto negli stessi punti di un altro colore contrastante. Mi piace anche lavorare dal rovescio con un pezzo, devo lavorare all’uncinetto una zona alla volta, e non c’è modo di cambiare le cose una volta chele ho realizzate – non si può “sovrapitturare” o correggere senza strappare un’intera area. Mi aiuta il fatto che non posso continuare a cambiare le cose, quindi devo farle nel modo giusto fin dall’inizio e poi devo continuare ad andare avanti. A livello pratico mi piace il fatto che il filato e l’uncinetto sono atossici, leggeri e quindi trasportabili, perchè posso viaggiare facilmente con il lavoro ed è abbastanza semplice ed economico fare le valigie e spedire per le mostre.

“Either Side of the Fremont”, Mixed crocheted yarn 31×70 inches 2016, copyright Jo Hamilton

Tra le tue opere tessili, quale ti rappresenta di più e a quale ti senti più legata?

Questa è dura, lavoro così intensamente su ogni pezzo che quando è terminato posso sentire una strana disconnessione – a volte me lo chiedo – ho davvero fatto questo? È un’esperienza leggermente fuori dal corpo. Penso di essere più orgogliosa dei nudi maschili, perché sono tecnicamente molto impegnativi, sono quasi un test di resistenza, poichè sono pezzi di grandi dimensioni. Mi piace ritrarre il mio caro amico Shine che ha posato per me nel corso degli anni. La nostra amicizia risale a più di 20 anni fa, così a volte si presentano alcuni nuovi tatuaggi o capelli grigi dall’ultima sessione di lavoro. Anche se sono nudi maschili classici (ma comunque contemporanei), possono ancora causare qualche polemica, almeno negli Stati Uniti, cosa che mi piace molto. Alcuni dei ritratti che ho fatto di membri della mia famiglia, e di altre persone che oggi non ci sono più, possono diventare molto significativi a livello personale per me e per chiunque li abbia conosciuti.

Puoi parlarci dell’uso del colore nel tuo lavoro Masks: Black Eye e Homemade Man?

Homemade Man è l’unico ritratto che ho fatto finora che si basa su un disegno piuttosto che su una foto. Ho lavorato da un vecchio pastello a gesso dei miei tempi di studentessa, uno schizzo approssimativo di un compagno della scuola d’arte dei primi anni Novanta. Ecco perché i colori sono così intensi e lo stile così diverso. Black Eye è un ritratto di mia madre. Aveva avuto un incidente cadendo, e si era provocata una gran contusione che volevo evidenziare, così ho scelto di fare il resto del suo ritratto in bianco e nero. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che non ho mai provato stilisticamente prima d’ora

“Homemade Man”, Mixed crocheted yarn 27×23.5 inches 2015, copyright Jo Hamilton

 

“Masks: Black Eye”, Mixed crocheted yarn 26×19 inches 2015, copyright Jo Hamilton

Improvvisazione, casualità, sperimentazione, studio, regole, design. Quali di questi aspetti ha un ruolo essenziale o prevalente nel processo di nascita di un tuo lavoro?

Non uso strumenti di grafgica, progetti o schizzi per il lavoro che faccio, di solito uso una foto di riferimento e baso il lavoro in parte su questa. Mi limito a studiare l’immagine e comincio. Con i ritratti parto sempre con l’occhio destro e lavoro da lì. La dimensione dell’occhio determina la scala del pezzo completato. Non mi sono necessariamente prefissata di fare lavori su larga scala, è andata così, più che altro come conseguenza delle dimensioni dei punti e dei fili dell’uncinetto. Ma oggi non sarei in grado di lavorare con questa modalità libera, se non avessi disegnato e dipinto così tanto nei 25 anni precedenti, quindi, dietro il lavoro attuale c’è una grande quantità di studio e pratica. Non c’è davvero nessun tipo di aspetto progettuale, man mano che il lavoro si sviluppa decido come portarlo avanti. E’ un lavoro fatto di prove ed errori, tentativi di diverse combinazioni e forme. Lavorare in questo modo è stimolante, non so mai esattamente cosa succederà e ogni pezzo è diverso, anche se iniziano tutti allo stesso modo. A volte un contrattempo con la stampante finisce per essere incorporato nel lavoro, come quando certi colori iniziano a esaurirsi, o c’è uno strano effetto di doppia esposizione che mi piace, e tendo ad abbracciare quegli incidenti felici che portano a qualcosa di nuovo nel lavoro. Il mio studio non è troppo grande, lavoro in garage, quindi a volte non riesco a vedere correttamente un pezzo finito di grandi dimensioni nella sua interezza fino a quando non viene appeso alla galleria o al museo. Invece di correre verso l’altro lato della stanza per controllare i miei progressi, come farei in uno spazio più grande, faccio un sacco di foto mentre lavoro, il che mi dà l’illusione della distanza e mi aiuta a vedere se certe aree funzionano, o se ho bisogno di apportare modifiche o correzioni prima di andare avanti. Le pareti del mio studio sono rivestite di mensole di filati, tutte disposte per colore e tonalità, così ho facile accesso a qualsiasi tipo di palette per ogni pezzo. Seleziono ogni colore di filato quando inizio un nuovo pezzo, così quando ho terminato, c’è un’enorme pila intorno a me sul futon. Ho sempre lasciato i fili appesi al lavoro, in parte per evitare che venga scambiato a distanza per un dipinto, e per attirare l’attenzione sul mezzo usato e sul processo, così come su tutti i diversi materiali e colori usati in ogni pezzo. Mi piace usare tutti i tipi di filati – cotone, lana, acrilico, non mi importa se si tratta di filati a mano o di gomitoli economici, il colore è la cosa principale e mi piace molto creare arte con materiali molto umili e poco costosi. Ho molti filati di seconda mano, li trovo più interessanti ed inoltre contribuisco a proteggere l’ambiente

Studio, copyright Jo Hamilton

 

Studio, copyright Jo Hamilton

 

“Masks dietician Dougal”, Mixed crocheted yarn 29×27 inches 2016, copyright Jo Hamilton

 

“Masks dietician Dougal-work in progress”, Mixed crocheted yarn 29×27 inches 2016, copyright Jo Hamilton

A cosa stai lavorando in questo momento? Vuoi parlarci dei tuoi progetti attuali?

Ho appena finito un nuovo corpus di lavori per la mia più recente personale – The Matriarchs, the Masked and the Naked Man – che si è tenuta a maggio alla Russo Lee Gallery qui a Portland. Si trattava dei ritratti di un certo numero di signore venerande, sia delle mie nonne che di due donne di Portland con le quali ho trascorso del tempo come assistente. Un ritratto della mia Nana da giovane donna era in filato bianco e nero e lavorato all’uncinetto su un grande specchio ovale. Conteneva ed era circondata da pezzi di pizzo all’uncinetto che si potevano vedere attraverso lo specchio. In questa mostra ho potuto per la prima volta, grazie allo scenografo Michael Curry e ai suoi tecnici di studio, incorniciare il pezzo più grande, il mio ultimo nudo maschile “Shine Selfie” con un filo elastico per poterlo appendere alla parete al centro della stanza. A dieci piedi di altezza ha avuto un grande impatto nello spazio della galleria, e la gente poteva camminare intorno ad esso e vedere tutte le estremità del filo che si rovesciavano sul retro e sul pavimento. Quindi sto ancora cercando di spingermi oltre i limiti di come mi avvicino al mezzo e all’esposizione dell’opera.
Dopo l’inaugurazione della mia mostra personale sono andata a Seoul, Corea del Sud, per dieci giorni, per partecipare alla sesta edizione della Fiber Art Fair. Era la mia prima visita in Asia e l’ho amata moltissimo, con tanta arte stupefacente e bella gente. Sono appena tornata a casa e sto lavorando ad un nuovo progetto di arte pubblica, realizzando un murale all’uncinetto all’aperto, che sarà installato quest’estate sul lato di un edificio nel sud-est di Portland, dove finora non ci sono reali esempi di arte pubblica. Sarà un paesaggio urbano liberamente basato sulle caratteristiche di SE Portland, e dovrebbe essere lungo più di 30 piedi una volta completato. Sono molto emozionata, non vedo l’ora di finirlo e metterlo sul muro. Sto anche lavorando ad un nuovo corpus di lavori (finora soprattutto nella mia testa!) sul cambiamento climatico. Nei prossimi anni spero di poter continuare a mostrare il mio lavoro in tutto il mondo, magari presto anche in Italia! Una delle mie opere ora risiede a Milano dopo essere stata acquistata l’anno scorso da un collezionista. Sarebbe meraviglioso avere una mostra in Scozia, per poter collegare la mia infanzia e gli anni della scuola d’arte a quello che sto facendo ora.
Infine, il prossimo autunno, da settembre a novembre, parteciperò al World Textile Association Biennial in Madrid.

Maria Rosaria Roseo

English version Dopo una laurea in giurisprudenza e un’esperienza come coautrice di testi giuridici, ho scelto di dedicarmi all’attività di famiglia, che mi ha permesso di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari di mamma. Nel 2013, per caso, ho conosciuto il quilting frequentando un corso. La passione per l’arte, soprattutto l’arte contemporanea, mi ha avvicinato sempre di più al settore dell’arte tessile che negli anni è diventata una vera e propria passione. Oggi dedico con entusiasmo parte del mio tempo al progetto di Emanuela D’Amico: ArteMorbida, grazie al quale, posso unire il piacere della scrittura al desiderio di contribuire, insieme a preziose collaborazioni, alla diffusione della conoscenza delle arti tessili e di raccontarne passato e presente attraverso gli occhi di alcuni dei più noti artisti tessili del panorama italiano e internazionale.