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Intervista con Pascal Monteil

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Portrait © Célia Pernot, courtesy Galerie Regala

Nato a Nimes nel 1968, Pascal Monteil. Cresciuto in un piccolo borgo vinicolo nel sud della Francia, si è diplomato all’Ecole Superieure d’Art de Cergy Pontoise, ha ereditato dai genitori la passione per il viaggio e per oltre trent’anni ha vissuto in molti paesi dell’Asia, dalla Turchia, all’India al Giappone, all’Iran.

I suoi arazzi sono una narrazione stratificata in cui convivono poesia, letteratura, tradizioni, storia e storie di popoli e epoche diverse, raccontata attraverso un’artigianalità rigorosa che coniuga amore per la cultura e passione per l’abilità manuale. Una pratica artistica che diventa filosofia di vita, coltivata grazie ad una visione del mondo che si nutre di curiosità e di interesse per tutto ciò che ci circonda e che ci ha preceduto…e vissuta con grande gioia.

Pascal Monteil, Noé, 2019, 170 x 180 cm, ©Célia Pernot, courtesy galerie Regala

Come è nato il tuo interesse per l’arte tessile?

Ho soggiornato molto in India, Bangladesh, Iran, Giappone negli ultimi vent’anni.

Un giorno sulla strada per Tabriz, in Iran, mi sono seduto per un intero pomeriggio in un patio con uomini che riparavano un enorme tappeto. Invidiavo la loro calma, la loro lentezza e mi dicevo che volevo appartenere a questa comunità di uomini.

Qualche anno dopo, per un lavoro su commissione, ho voluto rappresentare un esilio, quello degli ebrei spagnoli nel 1492. Per rappresentare gli esuli avevo bisogno di una tecnica nomade, per sentirmi con loro, nella mia immaginazione, per le strade, aprendo e chiudendo la mia tela su una barca o in un campo di ulivi e ho pensato ai tessuti. Mi sono detto che avrei ripreso la tecnica dell’arazzo di Bayeux.

Ricamare su tela. Usare il mio ago come se fosse un pennello e i miei filati come se fossero tubetti di colore.

Pascal Monteil, Nature Boy, 2020, 100 x 140 cm, ©Célia Pernot, courtesy galerie Regala

Hai viaggiato per il mondo imparando tecniche e conoscendo culture. Come si esprime questo bagaglio di conoscenze nelle tue opere?

Stranamente, non ho imparato alcuna tecnica di ricamo all’estero.

Culturalmente, invece, mi sono stufato della sovrapposizione di culture, di pensieri. Il mondo per me è una torre di Babele con pensieri contraddittori, epoche che si sovrappongono.

Questo è ciò che mi rende felice. È questo incrocio e questa sovrapposizione di culture che cerco di far apparire nelle mie opere.

Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?

Ripenso ai templi indiani, alla dolce follia delle strade di Calcutta, a un patio a Isfahan, o a un monastero perduto in Armenia e racconto storie che ricamo…

La storia delle religioni, le vie dell’esilio sono temi che mi ossessionano perché hanno animato il mondo dalla notte dei tempi. La vulnerabilità degli uomini, la loro ricerca del sacro… i loro viaggi interiori e fisici sulle strade per trovare uno spazio dove poter vivere. Un rifugio.

Pascal Monteil, Mouche morte, 2017, 54 x 68 cm, © Célia Pernot, courtesy Galerie Regala

Le tue opere sono storie complesse e molto eterogenee. Cosa racconti nelle tue opere? Cosa vorresti che trasmettessero al pubblico?

Vorrei che trasmettessero la complessità e la poesia del mondo.

Vorrei che avessero la gioia, la malinconia, la ricchezza di una poesia di Lorca o di un film di Pasolini.

Leggo molto, mi immergo nella storia dell’Arte, le miniature persiane, i Viennesi, Klimt, Schiele, Hundertwasser, gli italiani, Giotto, Morandi, Pasolini, Sottsass… sono padri con cui interagisco… con cui vivo e che mi permettono di guardare il mondo con poesia. Vorrei regalare a chi guarda i miei arazzi un po’ di questa sensualità e di questa poesia.

Lana e tessuti antichi. Perché hai scelto questi materiali per le tue opere?

Sì, uso la tela di canapa tessuta nelle fattorie nel sud-ovest della Francia un secolo fa. Per la lana ora che vivo ad Arles utilizzo la lana di pecora merino della Camargue che viene filata e tinta con fiori e radici nelle colline a pochi chilometri di distanza.

La follia della tecnologia, la velocità del mondo sono cose che mi pesano. Ho scelto una tecnica lenta, arcaica, uno strumento semplice per contrastare questa frenesia.

Pascal Monteil, Médée, 2017, 105 x 29 cm, © Célia Pernot, courtesy Galerie Regala

E infatti il ricamo è una tecnica lenta che richiede la ripetizione dei gesti. Fondamentalmente è anche un esercizio meditativo? Quanto tempo ci vuole in media per completare un arazzo?

Sì per me è diventato un gesto essenziale, che mi conduce ad una forma di meditazione. Ricamo quasi tutti i giorni dalle due del pomeriggio fino all’una del mattino. Ho bisogno di questo tempo, di questa ripetizione, di queste variazioni. É uno stile di vita.

Il mio primo arazzo che misurava 1 x 3 metri mi ha richiesto un anno di lavoro. Ogni arazzo richiede, a seconda delle sue dimensioni, tre, quattro mesi di lavoro, a volte di più…

Per me ricamare è dipingere lentamente

Tutto il lavoro nelle tue opere è fatto rigorosamente a mano. La cifra manuale, artigianale delle opere è importante per te?

Vengo da famiglie di viticoltori del sud della Francia e dall’altra parte di panettieri italiani. Questa discendenza dal lavoro manuale è molto importante per me.

Ho studiato in scuole d’arte molto contemporanee a Nizza, dove il lavoro delle mani non era molto apprezzato. Mi ci è voluto molto tempo e molti viaggi per riscoprire questa gioia della manualità, per permettermi di mettere in comunicazione semplicemente le mie mani con la mia mente.

Pascal Monteil, La civière de Rimbaud, 2019, 89 x 114 cm, ©Célia Pernot, courtesy galerie Regala

Dall’idea all’arazzo finito, qual è la genesi dei tuoi lavori? Ogni lavoro è un progetto a sé o procedi per cicli e temi? Disegni prima o procedi con il flusso di ispirazione mentre lavori?

Prima di iniziare un arazzo scrivo molto per settimane, descrivo i personaggi, i loro vestiti, cosa pensano, i loro desideri, la loro rabbia, la loro tristezza, cosa mangiano, dove dormono… come uno scrittore o un regista. E quando tutti i miei personaggi vivono nella mia testa, quando la mia immagine mentale è nitida, viva, posso iniziare a ricamare… per farli apparire sulla tela.

Quali progetti per il prossimo futuro?

Attualmente sto lavorando su una commissione per un arazzo ricamato lungo quattro metri. Sarà un banchetto dove invito gli scrittori, i pittori, i letterati che amo… quelli sopra citati.

Come una Cena o una Nozze di Cana contemporanee…

Sto anche lavorando al cartone per un progetto di arazzo a basso liccio che verrebbe realizzato in una fabbrica ad Aubusson. Se questo progetto si realizzerà sarà la scoperta con gli artigiani di un’altra tecnica con il telaio e del lavoro di squadra.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.