Interviste

Intervista con Rieko Koga

English (Inglese)

*foto in evidenza: A Wish for Eternity, 2018, Archivi nazionali, Parigi, Francia. Ricamo a mano su lino. Dimensioni variabili. Photo © Johanne DEBAS

Ritratto. Photo © Catherine Mary-Houdin

Rieko Koga è un’artista visiva giapponese che vive a Parigi dal 2004.
Dopo aver terminato gli studi di moda a Tokyo e poi a Parigi, si è dedicata all’arte. Esprime il suo universo con fili e aghi. Ricamando con il filo della sua ispirazione, Rieko improvvisa, creando opere direttamente sulla tela, senza preparazione, lasciandosi guidare liberamente dal movimento delle sue mani. Per Rieko, l’atto di cucire è una preghiera e crede nei poteri magici dei suoi punti. Le sue opere sono intrise di desideri sepolti nelle cuciture, desideri per tutti.

The Tree of Life. 2015. Installazione tessile. Chiesa des Célestins, Avignon, Francia. Dimensioni Variabili

Chi è Rieko Koga, l’artista?

Rieko è un’artista Giapponese che esprime il suo universo con ago e filo.

Quali sono i temi e le riflessioni alla base delle tue opere d’arte?

Il ricamo è una preghiera per me.

Cos’è il filo per te?

È un mezzo di connessione tra lo spirituale e il materiale.

Forest of Love. Chiesa St Pierre-le-Vieux, Festival del Lino, 2017. Installazione tessile, Indaco. Dimensioni Variabili

Le parole, insieme all’elemento tessile sono i materiali con cui realizzi le tue opere. Che valore hanno per te le parole e quale ruolo assumono nella tua ricerca artistica?

Io amo scrivere, leggere, ascoltare e parlare: amo le parole. Mi piacerebbe custodire quello che ascolto o leggo, ogni incontro, ogni momento ma purtroppo non posso conservarli tutti. Io dimentico; le parole scompaiono. Quindi, ecco perché ricamo le parole: per tenerle e non perderle.

Alcuni dei tuoi lavori sono opere partecipate. Qual è il ruolo del pubblico in questi progetti?

Condividere è importante per me. Per esempio, condividere la felicità e la gioia, la tristezza e la solitudine. Sono felice se posso condividere emozioni con il mio pubblico, attraverso il mio lavoro. Il pubblico è una parte molto preziosa della mia opera.

P E A C E ( detail ). 2016 . Ricamo a mano su lino. 116cm x 150cm. Photo © Johanne DEBAS

La tua ultima opera partecipata è stata installata in un parco. Puoi dirci di più su questo progetto?

“We were here” (Eravamo qui) è un’installazione di lino realizzata grazie alla partecipazione del pubblico. Questo progetto è nato durante una mostra personale: “Les Écritures du Monde: Never Starting Story” presentata al Museo Champollion a Figeac in Francia, nel 2020.

Ho creato un lavoro collettivo facendo un collegamento fra noi (esseri umani), l’atto di scrivere e le parole. I visitatori sono stati invitati a scrivere i loro nomi su pezzi di stoffa, preparati in precedenza, e ad attaccarli su una struttura di tela bianca. I nomi sono posizionati su anelli che si intrecciano per abolire la gerarchia e ripristinare l’uguaglianza tra le persone. I cerchi non hanno né inizio né fine.

Il primo contatto che si ha con la scrittura è quando si impara a scrivere il proprio nome. Quest’azione, apparentemente molto semplice, è una prova della nostra esistenza, come una firma.

È un atto universale e allo stesso tempo ci rende consapevoli della nostra individualità e alla nostra unicità.

In Giappone vengono utilizzati i caratteri cinesi, chiamati KANJI. Ogni Kanji corrisponde a uno o più suoni. Molti kanji corrispondono al suono WA, tra cui 和 che significa: unione, accordo, armonia, pace, concordia, fratellanza. 輪 e 環 significano: cerchio, anello, giro, rotazione.

I cerchi “WA”, sui quali sono posizionati i pezzi di stoffa, sono un’allegoria di pace, armonia, unione e fratellanza.

La crisi sanitaria che stiamo attraversando ci obbliga a ridurre il contatto fisico e nascondere i nostri volti sorridenti dietro le mascherine. Anche se limitati rimaniamo connessi gli uni agli altri a livello mentale e spirituale. Non siamo isolati; non siamo soli.

Leggendo i nomi che formano il lavoro: sospesi, intrecciati, e sovrapposti; spero che i visitatori e i partecipanti di quest’opera collettiva possano ricevere il mio messaggio: “Tu non sei solo. C’è sempre qualcuno al tuo fianco, qualcuno ti sta pensando”

«Departure » Realizzazione. 2014. Ricamo a mano su lino. 317cm x 300cm. Photo © Catherine Mary-Houdin

La tua scelta cromatica è essenziale, usi principalmente il bianco e il nero. Questa è una scelta puramente stilistica o anche concettuale?

La mia scelta è puramente stilistica.

Dalle installazioni modulari alle grandi opere come THE TREE OF LIFE (2015) o FOREST OF LOVE (2017), come si relaziona il tuo lavoro con lo spazio in cui è inserito?

Rispettare lo spazio è per me più importante di qualsiasi altra cosa. Prima di realizzare le mie installazioni o di iniziare un progetto, spero sempre (e prego) che il luogo dove lavoro accetti me e la mia opera. Cerco di ascoltare la voce dello spazio.

KODO-BEAT. 2009. Ricamo a mano su lino.123cm x 170cm. Photo © Gilles Desrozier

Giappone e Francia: in che modo queste due culture così ricche e così diverse influenzano il tuo lavoro?

Ovviamente amo entrambe queste culture e ne sono influenzata.  Ad esempio, se fossi un albero la cultura giapponese sarebbe la radice e la cultura francese i rami e le foglie. La lingua francese mi dà molta ispirazione. Mi piace molto studiarla.

È stato un anno dominato dalla pandemia. Come è cambiato il tuo lavoro, e quali considerazioni sono nate in questo periodo buio?

Ho sempre pensato di voler realizzare un tessuto magico per le persone che mi aspettano: per proteggere il loro cuore con i miei punti. Dopo la pandemia, questa sensazione è diventata sempre più forte. Quindi, se la mia opera d’arte può essere un supporto emotivo per qualcuno, io ne sono molto felice.

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.