LA PRIMA STANZA HOME GALLERY
Gianluca Esposito e Fabio Maria Alecci hanno unito in un unico spazio le rispettive ricerche artistiche e background professionali dando vita alla PRIMA STANA HOME GALLERY, uno spazio eclettico e ibrido che è al contempo studio, casa e galleria. Una Wunderkammer estesa in cui sono immersi artisti e visitatori e che ha nella cifra plurale, magica e fantastica uno dei suoi punti di forza. Li abbiamo intervistati per scoprire come è nato questo progetto e come si sta evolvendo e come convivono i loro lavori e la loro sperimentazione che a tratti incontra anche la fiber art.
Com’è nata l’idea di aprire una HOME GALLERY in un piccolo borgo del Centro Italia?
La Prima Stanza Home Gallery rappresenta la traduzione in progetto consapevole di una formula sperimentata nei nostri ultimi mesi di permanenza nella capitale, quando per una serie di fortuite vicissitudini ci siamo trovati ad abitare stabilmente quello che solo fino a poco tempo prima era semplicemente il nostro studio e lo spazio di esposizione permanente dei nostri lavori.
L’immersione totale nei luoghi del creativo, la necessità di adattarli alle incombenze spesso prosaiche della vita quotidiana ci hanno illuminati circa la naturale continuità tra i due ambiti sebbene si tenda a porre fra essi una cesura pretestuosa: la casa del resto è sempre un luogo di auto-rappresentazione ed auto-narrazione, a maggior ragione per chi si occupi d’arte. Il fatto poi che nella costruzione di questo spazio ibrido facessimo comunque ricorso ad attitudini, competenze pratiche e visioni alla base di molta parte della nostra ricerca professionale ci ha mostrato quanto fluidamente ci si possa muovere tra le due sfere, quanto la vita scivoli fisiologicamente nel lavoro e viceversa e quanto la possibilità di condividere senza mediazioni questa dimensione con gli altri potesse nutrire il lavoro stesso, rafforzando la nostra identità di artisti.
Il trasferimento nel piccolo borgo di Vitorchiano, indotto dalle profonde trasformazioni prodotte dal COVID nelle nostre vite e non solo ci ha permesso di ripartire da zero forti della chiarezza acquisita e di cercare uno spazio che avesse le potenzialità per sviluppare questa intuizione.
Il fenomeno delle HOME GALLERY è in crescita un po’ ovunque. Qual è la differenza con uno studio d’artista?
La differenza principale sta forse nella libertà mentale alla quale l’apertura al pubblico di spazi privati con finalità espositive ti costringe, la possibilità implicita di sperimentare in maniera più disinvolta e informale nuove formule di allestimento che risultino coerenti ed efficaci senza tradire la necessità di poter “abitare” un luogo.
L’intimità che si produce nel rapporto con l’ospite/fruitore consente poi di abbattere reciprocamente tutta una serie di sovrastrutture con più velocità e garantisce che l’incontro avvenga prima di tutto sul piano umano e solo poi professionale…O forse sarebbe più corretto dire che i due livelli si sovrappongono in maniera quasi automatica, a prescindere che si tratti di visitatori “addetti ai lavori” o semplicemente di curiosi.
Non che in uno studio d’artista ciò non sia possibile, ma crediamo che l’accogliere in casa i propri referenti rappresenti una modalità ancora più generosa e onesta di far conoscere il nostro lavoro…oserei dire anche più coraggiosa: se è vero che la casa racconta del suo proprietario è anche vero che non è lui a decidere fino a quali limiti questo racconto debba spingersi, anche se il più delle volte ci si convince del contrario. Consideriamo pure il fatto che il visitatore si trova catapultato in una dimensione surreale che partecipa contemporaneamente di differenti nature: è una galleria, ma meno formale di una galleria, è uno studio/ laboratorio, ma anche un luogo di racconto organizzato del lavoro, è una casa nella quale le opere vengono abitate e integrate nel quotidiano…Una home gallery produce necessariamente una suggestione complessa, perché complessa e proteiforme è la sua identità.
Come si coniuga lo spazio di lavoro con quello abitativo con quello espositivo? Quali sono le difficoltà e i vantaggi?
Partiamo dai vantaggi: la possibilità di accesso continuo al proprio spazio creativo, senza gli oneri cui si deve far fronte quando esso sia distante da casa, di conciliare le urgenze quotidiane con le problematiche professionali in virtù della coincidenza dei luoghi, rappresenta senza dubbio un plus.
Quanto agli svantaggi potremmo dare esattamente la stessa risposta! Si possono senza dubbio sperimentare momenti di saturazione che bisogna imparare a gestire.
Unica nota insindacabilmente a favore di questa formula è l’ottimizzazione delle spese, che dati i tempi non è poca cosa.
Come funziona la vostra HOME GALLERY? Qual è il visitatore-tipo?
Bisogna premettere che LA PRIMA STANZA HOME GALLERY è senz’altro un luogo fisico, ma anche la cifra con la quale sigliamo lavori che in maniera impropria potremmo definire realizzati a quattro mani: attraverso la combinazione ragionata delle opere di entrambi, nate in contesti differenti e differenti occasioni all’interno di percorsi di ricerca ben distinti, negli ultimi anni realizziamo istallazioni ambientali immersive, provando a costruire nuovi percorsi di senso che individuino momenti di riflessione condivisi. Questa opportunità evolve il potenziale che abbiamo scoperto onorando la necessità pratica di utilizzare il medesimo luogo per l’esposizione del nostro lavoro: il discorso personale di entrambi trova nel dialogo un arricchimento e ci permette di approfondire livelli di significato latenti, non prioritari, ma comunque attivi all’interno dell’opera che come la parola nel linguaggio verbale è un veicolo complesso di significati stratificati. Partendo da questa formula, che non abbandoneremo perché a fondamento stesso del progetto della nostra Home gallery, sempre più spesso però stiamo sperimentando anche la realizzazione di lavori istallativi pienamente compartecipati mettendo a disposizione l’uno dell’altro materiali di riferimento, soggetti e intuizioni che portano ad una paternità totalmente condivisa dell’opera sotto tutti gli aspetti, dalla sua elaborazione concettuale alla realizzazione fisica dei suoi elementi.
Tornando al nostro atelier di Vitorchiano, LA PRIMA STANZA HOME GALLERY è aperta al pubblico quasi tutti i fine settimana, dal sabato mattina alla domenica sera (attraverso la nostra pagina Instagram e Facebook diamo informazioni concrete su orari di visita ed eventuali variazioni). L’accesso è diretto dalla strada, ma dovendo superare diversi gradini la visibilità dello spazio non è né immediata né totale dall’esterno.
Questo comporta che solo i più temerari riescano a superare l’imbarazzo e a farci visita: ci piace pensare che lo stupore negli occhi di quanti si trovano immersi nell’atmosfera di quella che amiamo definire la nostra Wunderkammer sia il premio per chi ha trovato il coraggio di cedere alla curiosità, parola che declinata nella giusta accezione rappresenta per noi un sinonimo di virtù. Il fatto di trovarci poi in un piccolo borgo della Tuscia, splendido e al contempo così lontano nella sua austerità medioevale dalla nostra proposta artistica, dal sapore Pop e Surreale, a quanto ci dicono, rende l’esperienza quasi straniante, producendo un curioso, ma benevolo effetto distopico.
L’accesso chiaramente è libero e non è raro che le persone ci trovino immersi nel lavoro o impegnati a riallestire, ma ogni visita diventa comunque occasione di scambio e di confronto, tanto che persone conosciute per caso tornano a trovarci per la curiosità di scoprire l’evoluzione dello spazio, vivo e mutevole per forza di cose, magari concordando un incontro anche oltre i consueti giorni di apertura.
Non possiamo dire di avere un visitatore tipo, ma sicuramente molti tipi di visitatori data la natura del luogo: la Tuscia è da sempre polo d’attrazione per un pubblico colto e smaliziato, proveniente soprattutto da Roma e dal centro nord, che generalmente è quello più disinvolto nel varcare la soglia di casa, ma anche chi ha meno familiarità con l’arte contemporanea e magari ci guarda con più diffidenza puntualmente non manca di lasciarsi coinvolgere.
Dal punto di vista anagrafico l’età dei visitatori è quanto mai varia.
Tra le vostre proposte – opere e workshop – non mancano i materiali tessili o le fibre, anche di recupero o riciclati, nonché le tecniche riconducibili all’ambito tessile. Come declinate questi linguaggi nel vostro lavoro e nella vostra ricerca?
Quello che ha reso realmente possibile il nostro sodalizio artistico, pur conducendo percorsi di ricerca sostanzialmente indipendenti, sono stati senza dubbio la comune sensibilità e lo spiccato interesse per le arti applicate che per entrambi rappresentano un punto di partenza insostituibile nel lavoro, tanto sul piano delle abilità tecniche che della sperimentazione su materiali diversissimi tra loro, da quelli tradizionali come la terracotta a quelli di riuso e recupero come la plastica o l’alluminio da conserva alimentare, passando per il legno, la carta, il tessuto e via dicendo.
Sebbene entrambi ci si muova nel solco del figurativo la materia, con la sua potenziale autonomia di racconto, rappresenta uno strumento sempre attivo nell’elaborazione e nella realizzazione dei nostri manufatti, rivendicando pienamente nell’usarlo tutta l’ambiguità di questo termine, che fa delle nostre opere prodotti intellettuali e nel contempo artigianali.
Più nello specifico l’utilizzo dei tessuti e del cucito rappresenta per Fabio il ritorno alle origini familiari, a quella sartorialità casalinga che nelle nostre provincie ha prodotto nel tempo oggetti di straordinaria raffinatezza ed è senz’altro alla base della sua rielaborazione dell’immaginario archetipico e dell’orizzonte naturale e culturale siciliani. La scelta di questo medium, che avvalendosi di una tecnica rigorosa sembrerebbe lontanissimo da forme espressive più libere e gestuali, gli permette al contrario di lasciare che la mano sia guidata nel suo lavoro dal potere evocativo di gesti familiari perché famigliari e di condurre un’esplorazione della realtà interiore e del mondo che tanto più può spingersi lontano quanto più mantiene salde le proprie radici. All’interno di questa ricerca ha tradotto anche materiali plastici di riuso e recupero che trasformati secondo procedimenti e modalità elaborate nel corso degli ultimi 25 anni portano questo medium inerte alla pregevole eleganza delle fibre più ricche e del vetro al tempo stesso: questo risulta particolarmente evidente da alcuni suoi abiti scultura che integrano il P.E.T. e il PVC con elementi naturali come il crine vegetale, usato nel passato per l’imbottitura delle tappezzerie, ma anche a sculture funzionali vicine al design, ambito al quale si è avvicinato grazie alla lunga collaborazione con l’Interior designer Walter Di Paola durata fino al 2017.
Per quanto mi riguarda più direttamente mi rendo conto che la fibra cartacea, sia essa preziosa o di riuso, diviene nel mio percorso di artista uno strumento di racconto fondante almeno quanto la ricerca di un segno grafico personale. Essa non è mai semplice supporto per il mio lavoro, ma ulteriore spazio per l’elaborazione di senso: la stessa pratica di costruzione dell’immagine attraverso la tecnica del collage di stampe xilografiche e disegni, la sovrapposizione di carte lavorate e intelate, la costruzione di spessori differenti e differenti texture garantiscono al foglio una sonorità e una presenza che ne fanno qualcosa di paritario se non prioritario rispetto all’immagine stessa, così da consentirmi di uscire spesso dalla bidimensionalità pura, esplorando formule “narrative” di lavoro come il diorama e la realizzazione di sculture xilografiche. Allo stesso modo ho cercato di sondare la possibilità di dare volume alla carta con l’inserimento di materiali e fibre varie da imbottitura che dessero alla carta morbidezza e massa, gonfiando la superficie piana senza tradirla. La carta del resto nella sua potenzialità di utilizzo non ortodosso e anti accademico rappresenta lo strumento più antico e confidente nella mia storia creativa, senz’altro tra i media più consoni ad una ricerca incentrata sul mondo dell’infanzia, del gioco e del giocattolo quali mezzi primari di scoperta, interpretazione e costruzione della realtà. L’uso che di essa faccio diviene perciò coerente rispetto alla ricerca che comunque conduco su altri materiali come la ceramica o la lamina d’alluminio di riciclo.
Quali sono i progetti in prospettiva? Come evolverà la vostra HOME GALLERY?
In questi giorni siamo impegnati nella realizzazione di un’istallazione per il Comune di Vitorchiano, la cui amministrazione si è rivelata aperta e sensibile all’arte contemporanea, dal titolo CHIAVI DI (S)VOLTA che andrà ad occupare la facciata del palazzo della cultura, accanto al Palazzo Comunale. Un lavoro site specific che parla di accoglienza, accudimento, apertura e integrazione, ma soprattutto della necessità di operare una scelta di campo precisa nell’uso che vogliamo fare della nostra umanità nel rapporto con l’altro da noi.
Dopodiché ci concentreremo sulla proposta di workshop, sia immersivi che continuativi nella durata che permettano alle persone esperienze di lavoro di vario tipo, partendo dall’ecclettismo che contraddistingue entrambi nell’uso dei materiali e delle tecniche, dalla ceramica alle plastiche, dalla carta e cartone al tessuto. Stiamo infine lavorando per individuare un luogo che parallelamente all’attività specifica del nostro spazio ci consenta di ospitare anche il lavoro di altri artisti per mostre temporanee personali e collettive.
Fabio Maria Alecci, nato a Catania nel 1965, si diploma presso l’Istituto Statale d’Arte e matura numerose esperienze nell’ambito della sartoria teatrale. Nel 1989 si trasferisce a Roma dove inizia il suo percorso nelle arti visive. Attivo anche nell’ambito della scenografia teatrale e cinematografica, dal 2000 al 2017 collabora con l’interior designer Walter Di Paola creando l’ass. cult. ALECCI E DI PAOLA, impegnata sui temi dell’eco-sostenibilità e del riciclo, dove matura ampia esperienza nel riutilizzo creativo del Pet. Dal 2017 collabora attivamente con l’artista Gianluca Esposito, creando prima lo STUDIO BIXIO 41 a Roma e dal 2021 LA PRIMA STANZA HOME GALLERY a Vitorchiano (VT).
Gianluca Esposito, nasce a Roma nel 1976. Di formazione umanistica, dopo l’esordio come attore teatrale e cinematografico e alcune esperienze nell’ambito della scenografia per il cinema e la televisione, presto focalizza il suo interesse sulle arti visive, muovendosi tra scultura e lavoro grafico. Nel 2017 dà vita a Roma allo STUDIO BIXIO 41 in collaborazione con l’artista Fabio Maria Alecci col quale nel 2021 apre a Vitorchiano (VT) LA PRIMA STANZA HOME GALLERY.