NADIA DÍAZ GRAVERÁN
*Foto in evidenza: Series: I don’t want to forget. FAITH. 2019. Stamen table. Thread on wood. Thread, glass beads, beeswax, wood. 20 x 20 cm
Nadia Díaz Graverán (L’Avana, 1982) si definisce una madre, una donna e un’artista cubana. Diplomata all’Accademia Nazionale di Belle Arti di San Alejandro, si è dedicata per anni al teatro di strada fino al 2015 quando ha scelto di tornare a dedicarsi professionalmente alla sua ricerca nelle arti visive.
Dal 2016 espone regolarmente in mostre personali e collettive in ambito nazionale ed internazionale. Tra le più recenti, nel 2021, White on White. Black Circle. vol II, Wolfgang Gallery, Oncyber.io; NFT Cuba Art. On Altitude, Oncyber.io; Cuban Women Art, Oncyber.io, Twitter Spaces. Nel 2022 le sue opere sono in mostra alla Triennale of Latin American Art of New York (NYLAAT), alla First Material Biennial of China a Quingdao (China). Nel 2019 la Mariano Gallery ha presentato la sua personale alla Casa de las Américas di L’Avana.
Tra passato e futuro, attingendo a saperi tradizionali e a temi ancestrali, Nadia Diaz sperimenta tecniche e materiali fino ad approdare all’NFT, l’avanguardia dell’arte contemporanea. Ci racconta questo percorso e la sua ricerca in questa bella intervista.
Artisti si nasce? E cosa significa essere un’artista per te?
L’arte è sempre stata il mio rifugio, la mia modalità espressiva, la mia libertà, la mia lotta, l’espansione e un modo di guarire, essenziale nei momenti difficili. Quando ho capito che era il mio scopo in questa vita, ho trovato me stessa. Essere artista è, per me, un dono naturale di questa esistenza.

Qual è, secondo te, la responsabilità dell’artista rispetto al suo tempo ed alla società in cui opera e vive?
L’artista è una punta di freccia che colpisce il mondo dove viene lanciata. Egli può essere collegato o meno al suo tempo, alla realtà o alla società, può anche ignorare il suo ambiente, tutto dipende dalla sua visione personale.
Tuttavia, secondo me, gli artisti hanno un importante potere di comunicazione che deve essere usato con giudizio. A seconda del contesto e del contenuto, un’opera può cambiare tutto. Questi sono tempi per parlare dell’essenziale, per vivere ogni processo (interiore ed esteriore), per sostenere le cause che ci fanno vibrare forte e lottare per esse. Non approfittare di questa opportunità sarebbe uno spreco. Il grado di responsabilità dipende da ognuno di noi, e anche il coinvolgimento con il nostro presente.
Quanto è autobiografica la tua ricerca e quanto sono intimamente legate l’arte e la vita per te?
Il mio lavoro rappresenta l’espressione di esperienze che si trasformano in arte. Tutto il mio lavoro nasce da qualcosa che ho vissuto, non importa cosa sia stato. Dietro c’è sempre una storia che si fonde con il pezzo fino a diventare una sola anima.
Attraverso il processo creativo vivo i più grandi cambiamenti, imparo dalle molte ore di produzione, la disciplina, la concentrazione, la determinazione nel raggiungere il risultato che sto cercando, il che richiede una continua trasformazione. Costruisco e decostruisco costantemente me stessa. L’arte, per me, è la vita, dalla più cruda alla più sublime.

Cos’è la “Linea de la vida”?
“Linea de la vida” è una serie che tratta il concepimento, la nascita, l’aborto, la perdita, il dolore, la comprensione, la meditazione, la guarigione e la trasformazione attraverso la mia esperienza personale e il mio processo creativo. Non cerca i colpevoli, non cerca di giudicare, né di marchiare, non chiede il perché, non priva le donne dei loro diritti, non contraddice nessuna credenza. Nasce da un’esperienza personale che si sente sorella di molte altre storie da cui è intessuta e nutrita. Porta alla luce una realtà che esiste tanto quanto la vita stessa e ne è la controparte. Come donne di questi tempi, è importante esercitare il nostro diritto sul corpo fisico e riconoscere la necessità di ristabilire un legame corpo-mente-spirito, assumendoci la responsabilità della nostra vita sessuale e della nostra educazione, guarendo i nostri dolori interiori, mentre impariamo e ci trasformiamo.
Tutto inizia con una linea di 12m x 10cm, lavorata all’uncinetto a punto gelsomino, dove 1m = 1 settimana, a rappresentare le prime 12 settimane di gestazione, il periodo in cui avviene la maggior parte degli aborti spontanei. Da essa pendono feti tessuti secondo le dimensioni e il peso approssimativo di quelli abortiti, ognuno nella rispettiva settimana.
Questo lavoro è ancora in corso.
Da questa opera madre ne nascono altre che trattano diversi momenti della maternità e dell’esperienza femminile, dove esploro varie tecniche e formati.
Alcuni di essi sono: Line of life is not just flowers, Circulatio, 85445, Armour Will Temperance, New Generation. A birth story. (Collezione NFT), Line of Life. (Collezione NFT)

Il tessile è tradizionalmente associato alle attività domestiche o ricreative femminili. Nella scelta di questo medium per la tua pratica artistica c’è anche la volontà di superare stereotipi e pregiudizi?
La tessitura fa parte della mia essenza di essere umano.
Imparando mi sono relazionata con la tradizione di molti antenati tessitori, importante per me dal punto di vista della conoscenza e della saggezza che può dare, ma mai come un’imposizione o un dogma inamovibile. L’arte è il veicolo di espressione che ho per esplorare chi sono e come vivo, cercando di capire tutto ciò che accade intorno a me. Gli stereotipi esisteranno sempre, proprio come i pregiudizi su certi argomenti, questi sono vincoli della nostra società. Sì, li ho incontrati ma, quando creo, non mi preoccupo di romperli o meno, semplicemente lavoro in maniera fluida e lascio che il messaggio da trasmettere si occupi di tutto. Anche se, onestamente, mi piace molto rompere certe barriere.

Il tessile – materiali e tecniche – affondano le radici nella notte dei tempi. Come si coniuga questo patrimonio antico con la NFT, l’avanguardia della contemporaneità?
Grazie al continuo esercizio della creazione e della fotografia. Con la pandemia le porte si sono chiuse per molte realtà, tra cui il mercato dell’arte, ma un cambiamento totale richiede sempre un rinnovamento.
A metà del 2021 ho cominciato a sentire parlare di NFT, delle opportunità che offrivano, della nuova prospettiva che davano al mondo dell’arte, dell’autonomia che dava all’artista come creatore e commerciante del suo lavoro, dell’autenticità dell’opera come archivio digitale, tra gli altri. Ho fatto domanda per un bando in cui sono stato selezionata e ho potuto creare la mia prima illustrazione. Non avevo mai esplorato il mondo digitale, il filo è stata la prima cosa che ho conosciuto, fin da bambina mi ha attratta come un materiale iniziatico. Tuttavia, come creatore non bisogna porsi dei limiti, ed ero molto attratta da questa nuova prospettiva. Mantenendo la mia passione per la tessitura volevo sviluppare e imparare da questo nuovo percorso. Ho scoperto che, attraverso la fotografia, potevo unire due mondi apparentemente lontani ma che si fondono l’uno nell’altro. Sono nate così diverse opere che fanno attualmente parte della serie Life Line dove tecnologia, contemporaneità e tradizione si intrecciano naturalmente.
Per la serie “This earth is my whole body” hai utilizzato i capelli umani. Mi racconti queste opere e perché questa scelta?
Per me è importante che il materiale che scelgo di usare o meno nel mio lavoro apporti un contenuto sia fisico che simbolico. Ognuno, secondo la propria poetica, completa la sua espressione con il materiale appropriato. Esta tierra es todo mi cuerpo è una serie dell’inizio del 2021, ma si sviluppa pienamente dopo 11J a Cuba. Parla dei miei sentimenti rispetto alla realtà in cui vivo attualmente, del dolore che mi provoca la mia terra, che non è solo una piccola isola, ma l’intero pianeta, e anche il mio piccolo corpo. Della mia relazione con la totalità che ci circonda, del passare dal grande al particolare in una frase che risuona in me come una verità, presa da diversi autori e che parla di elementi interessanti per la loro relazione con la mia vita.
I capelli hanno le informazioni della persona, il loro DNA, la storia di chi sono. Sono anche radici, rami, fili che da noi cercano la terra.
Quando pettino qualcuno in famiglia, o un amico si taglia i capelli, prendo i capelli e faccio piccole ciocche di filo, che poi ricamo seguendo una linea consecutiva creando così ogni lettera, parola, e infine l’intera frase. Usando i miei capelli e quelli della mia famiglia apporto al lavoro importanti informazioni simbolico-energetiche, offrendo una parte di me stessa che si fonde con il supporto, il messaggio, il ritmo della calligrafia, la trasformazione interiore che viene dal processo creativo, e la necessità di trasmettere una realtà che sono io, in tutta la mia estensione. Con ogni punto tutto si unisce. I capelli sono ricamati su tessuto antisettico, un tessuto che a Cuba si usa per i pannolini dei neonati, e che il governo dà in un’unica soluzione per ogni donna incinta. Il tessuto rimanente dalle mie tre maternità è diventato quindi il supporto perfetto per alcune delle opere di questa serie.
Dai primi lavori agli ultimi, come si è evoluta la tua ricerca artistica e come è cambiata la tua arte?
Penso che l’evoluzione possa essere vista nel lavoro stesso, dal formale al concettuale. La costanza e la disciplina del lavoro quotidiano fanno maturare l’artista nelle sue proposte.
Oggi sono in un posto diverso da dove sarò domani e questo dipende dal mio ieri, dagli errori, insicurezze, dolori, dalle paure superate, dallo studio e dalla determinazione nel continuare a imparare.
La mia ricerca è sempre più interna, anche se tocca temi esteriori o concreti inerenti alla mia realtà, ma è dentro dove avviene la trasmutazione da cui nascerà l’opera. Ci sono cose che non cambiano, come il bisogno viscerale di fare arte costantemente, ma ce ne sono altre che si rinnovano costantemente nell’azione creativa. Io e il mio lavoro siamo cambiati e cresciuti insieme.