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Nuovi sguardi di bellezza a Palazzo Marliani Cicogna. Geografie del corpo e dell’anima

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Nuovi sguardi di bellezza a Palazzo Marliani Cicogna, piazza Vittorio Emanuele II a Busto Arsizio, sarà visitabile dal 16 giugno al 28 luglio 2023 la mostra Geografie del corpo e dell’anima, curata da Silvia Vacca e da Erika Montedoro (per la sezione fiber art).

L’idea di questa mostra, che nelle intenzioni degli uffici e dell’amministrazione vuole essere un’esperienza da reiterare nel corso degli anni, nasce per mostrare le opere che le Civiche Raccolte d’Arte di Palazzo Marliani Cicogna possiedono, aldilà dell’esposto nelle sale museali, acquisiscono e “restituiscono” alla comunità, anche con interventi attivi di manutenzione e restauro.

Un’esposizione che si nutre delle suggestioni dei luoghi anche grazie ai nuovi arrivi in Museo, mediante donazioni di collezionisti e artisti, che si affiancano alle opere scelte per tematica custodite in deposito. Una pluralità di ‘geografie’, tra queste alcune espresse attraverso opere di fiber art recentemente entrate nelle collezioni permanenti di Palazzo Marliani Cicogna: geografie dei luoghi della memoria ad esempio con Il giardino poetico di Elio di Lea Contestabile, geografie del corpo con L’odore del sangue di Florencia Martinez e ancora con l’opera realizzata appositamente da Federica Patera e Andrea Sbra Perego, Geografia del corpo.

Lea Contestabile, Il giardino poetico di Elio (Pecora)

Il giardino poetico di Elio (Pecora) di Lea Contestabile è un arazzo dedicato alle poesie Rifrazioni di Elio Pecora. “Il giardino – scrive l’artista – è un tema ricorrente nel mio lavoro. È un giardino della memoria, un hortus conclusus in cui poter viaggiare nel profondo della mia interiorità e riflettere per costruire uno spazio intimo tutto per me, dove ritrovare i miei pensieri, i miei sogni, i miei

affetti, le mie fantasie e, perché no, anche i miei incubi da esorcizzare e tradurre in positivo. Il mio giardino può essere di carta, di ceramica, di stoffa e ricami, di cuciti grossolani e preziosi; convivono in un apparente disordine oggetti di ogni genere, animali domestici, figure fantastiche e figure della mia storia personale riprese da foto della mia famiglia, il più delle volte scattate da mio padre e ristampate e rielaborate da me. È una sorta di “alfabeto simbolico”, una personale scrittura dove i segni e le immagini si ripetono disegnando e organizzando racconti sempre diversi che aprono pertugi verso casa, verso quella civiltà contadina delle leggende narrate davanti al camino durante le lunghe sere d’inverno. È un “giardino delle delizie”, “locus amoenus”, luogo della sperimentazione e del gioco, dove mettersi alla prova per riconnettere parti di sé dimenticate, dove cercare l’armonia attraverso la gioia del fare e del manipolare materiali diversi. È lo spazio dell’ascolto introspettivo in cui cogliere le risonanze interiori e perdersi attraverso l’incanto e, in una sorta di prodigio, ritrovarsi. Come Alice mi piace immaginare un mondo surreale e magico, fantastico e reale nello stesso tempo dove possano convivere passato presente e futuro.

Nell’orto del mio cuore ricucio momenti della mia infanzia, i giochi, i luoghi, i ricordi delle persone che mi hanno amato e che mi hanno aiutato a crescere e a diventare quella che sono. Tessera dopo tessera, come in una sorta di mosaico, cerco di rimettere insieme i pezzi dei miei ricordi trapuntati e riannodati con fiori, uccelli, farfalle, cuori e qualche mazzamurello, personaggio spaventoso che rendeva però i nostri giorni di bimbi misteriosi e magici. Spazi ben delineati si alternano a spazi vuoti rendendo le mie opere luoghi in cui muoversi, fermarsi, viaggiare in lungo e in largo per ritrovare qualcosa di dimenticato o qualcosa di nuovo che faccia riflettere dando la possibilità di raccontarsi un po’. È proprio il bisogno di narrazione che mi porta a costruire tante piccole storie da ricucire in un personale universo. Stoffe, carta, velluto, rete, nastri, fili si alternano nella costruzione del mio puzzle. La tarlatana dipinta di nero, materiale che ho tanto usato in calcografia, mi aiuta a creare lo schermo giusto per velare e nascondere solo in apparenza le figure sottostanti. È la memoria che fa vedere e non vedere e che, a volte, riporta alla mente avvenimenti mai realmente accaduti, ma sognati e/o sperati.” (cit dall’intervista a Barbara Pavan per ArteMorbida)

Florencia Martinez, L'odore del sangue

L’odore del sangue di Florencia Martinez rientra nella recente ricerca dell’artista argentina sulle diverse declinazioni dell’amore. La grande scultura tessile “è al contempo un atto di compassione per chi è privato delle braccia dalla propria anaffettività, corpo muto e pesante di carne e sangue che si nutre solo di sé stesso, incapace di partecipare alla magia di un abbraccio e un inno alla generosa e coraggiosa ostinazione della parte più umana e permeabile di noi che in quell’abbraccio, al contrario, allaccia alla vita anche chi è privo di risorse proprie”. (cit.dalla pubblicazione di The Soft Revolution).

Florencia Martinez, L'odore del sangue

Per Martinez il tessuto da pelle diventa corpo, forma, diventa materico, occupo spazio tridimensionale. Una fisicità indispensabile per conferire solidità, peso, volume riflessioni che superano l’orizzonte personale: il potere salvifico dell’arte non riguarda più soltanto l’artista e la sua storia ma si diluisce nella condivisione dell’esperienza umana attraverso l’opera. Nel corso degli anni, i suoi lavori partono dalla fotografia per diventare sempre più assertivi, realizzati con tessuti cuciti disperatamente – dice lei stessa – come potrebbe fare un medico su un campo di battaglia: le sue cuciture hanno voce – danno voce – sono e devono essere forti e ben visibili poiché sono sostegno, argine, legame, ossatura.

Federica Patera e Andrea Sbra Perego, Geografia del corpo

Geografia del corpo di Federica Patera e Andrea Sbra Perego è parte di Roots, ciclo di lavori che racconta il legame tra linguaggio e cosmogonia. A partire dalla radice verbale Ker, che ha in sé termini associati alla vibrazione e al ritmo, è stata costruita una mappa di parole, appartenenti a diverse lingue, che guida lungo il percorso che porta alla nascita dell’uomo. Termini come cuore, cervello, cranio, creare, crescere, carne sono le tappe di questo viaggio e sviluppano una collaborazione semantica che diventa racconto. Il cuore e, dall’altra parte, la testa, vibrando, fanno fluire l’energia nel corpo permettendogli di crescere, di prendere vita.

Federica Patera e Andrea Sbra Perego, Geografia del corpo, detail

L’opera è realizzata con il sostegno di Carvico spa che ha fornito il materiale prodotto per l’80% rigenerando materiali di scarto pre e post consumer, come reti da pesca, scarti di tessuto, moquette usate, plastica industriale, il fluff dei tappeti di Nylon giunti a fine vita, il tulle rigido ecc. che al termine del loro ciclo vitale invece di essere smaltiti in discarica vengono recuperati e rigenerati.
Arrivi, percorsi, viaggi, esplorazioni che ci riportano ancora e sempre alla realtà del Museo, che di questo tipo di rapporto con la sua realtà locale è fatto e si nutre.