PAOLA ANZICHÉ – La Terra Suona
*Foto in evidenza: Paola Anziché, La Terra Suona, 2022. Installation views at Quartz Studio. Jute, strips of colored fabric, beeswax. courtesy the artist and Quartz Studio, Torino
9 febbraio – 16 aprile 2022 (su appuntamento)
A cura di Hortense Pisano
QUARTZ STUDIO, Via Giulia di Barolo, 18/D, 10124 Torino
Info: t +39 338 4290085 | info@quartzstudio.net | www.quartzstudio.net

“Viviamo nell’epoca del simultaneo, nell’epoca della giustapposizione, nell’epoca del vicino e del lontano, del fianco a fianco, del disperso”. Un “reticolo che incrocia dei punti”, è così che, secondo Michel Foucault, sperimentiamo l’epoca attuale dello spazio. In una conferenza del 1967, il filosofo francese fece una distinzione interessante fra utopie ed eterotopie: laddove le utopie sono spazi privi di un luogo reale, le eterotopie sono luoghi assolutamente altro da tutti i luoghi che li riflettono. Il giardino, ad esempio, è una delle eterotopie più antiche, e i giardini tradizionali dei persiani possedevano significati molto profondi e sovrapposti. “Il giardino è un tappeto”, scriveva Foucault, “su cui il mondo intero ha appena realizzato la sua perfezione simbolica e il tappeto è una sorta di giardino mobile che attraversa lo spazio”.[1]
[1] Michel Foucault, Spazi altri, in Spazi altri. I luoghi delle eterotopie, trad. di P. Tripodi e Tiziana Villani, Associazione Culturale Eterotopia, Milano 2001, pp. 19-32.

Paola Anziché ha cucito un “tappeto alveare” in iuta. Sul pavimento di Quartz un esagono si unisce all’esagono confinante creando un motivo pavimentale astratto, color oro. La fibra naturale della “iuta”, non a caso, è anche chiamata “fibra d’oro”. Spesso non siamo nemmeno consapevoli di quanti manufatti in iuta siano presenti nella nostra vita quotidiana. Il materiale grezzo, in sé anonimo, oggi è persino diventato di tendenza, ma nei secoli è stato destinato a un uso pratico: alla produzione di tappeti, corde e sacchi da impiegare per il trasporto delle merci. La iuta è quindi un materiale legato a una lunga storia di scambio di conoscenze, al trasferimento di merci e a una rete globale di rotte commerciali, dai lontani luoghi di produzione, ai luoghi di lavorazione e infine di distribuzione. Paola Anziché apprezza la particolare qualità della fibra naturale, la sua materia morbida e insieme robusta, cui ha già dato pregnante espressione in una serie precedente intitolata Yurte (2010/2011). Le sue Yurte risvegliano una sensazione di vicinanza e distanza, di singolare familiarità e stranierità. L’impulso immediato di toccare gli oggetti, di esplorarli attraverso il tatto, è probabilmente dovuto anche alle tecniche tradizionali di tessitura e cucito apprese dall’artista. Le opere ricordano oggetti quotidiani sovradimensionati, a volte anche oggetti di culto rituali straordinari. Mentre la serie Yurte rifletteva ancora a livello visivo il contesto culturale cui rimandavano il materiale, le forme e le tecniche, nell’installazione che Anziché propone da Quartz i visitatori diventano parte dell’evento. Il progetto intitolato La Terra Suona mette lo spettatore a confronto con sé stesso, con la propria percezione soggettiva e il proprio comportamento nello spazio artistico e in quello esterno. Così, non appena varchiamo l’ingresso dello spazio, siamo invitati a posare il piede sul tappeto-alveare, quindi ad entrare fisicamente nell’opera d’arte stessa. È molto probabile che nemmeno ci si accorga di poggiare i piedi su un’opera, perché, avverte l’artista, “la prima sensazione che lo spettatore avvertirà è l’odore”. E l’odore è il profumo di cera d’api che si sprigiona da una rete che si espande nello spazio dal soffitto, in cui s’intrecciano strisce di tessuti colorati, imbevuti di cera d’api. Se nell’installazione Fibre naturali (2016) lo sguardo dello spettatore veniva dirottato dalla parete espositiva al soffitto, qui, per osservare più da vicino l’opera, siamo sollecitati a soffermarci sul tappeto come fosse una sorta di superficie di proiezione. Possiamo starci piacevolmente sdraiati sopra e sognare, lasciando correre l’immaginazione. “La giustapposizione di colori nelle trame morbide può ricordare un prato fiorito in primavera”, dice l’artista. L’intreccio a maglie larghe di colori e forme astratte scende dal soffitto disegnando una volta ondulata e variopinta che apre a una visione primigenia della natura, ben lontana dalle forme del giardino strutturato. Questo spazio-nello-spazio fa dunque appello a tutti e cinque i sensi dello spettatore. La Terra Suona è un invito ad immergersi per esplorare in profondità il rapporto fra arte e natura.
L’installazione di Paola Anziché richiama la descrizione di Foucault citata all’inizio, secondo cui lo spazio altro è percepito come una rete di punti interconnessi, perché, come sostiene il filosofo francese: “Noi non viviamo all’interno di un vuoto che si colorerebbe di riflessi cangianti, viviamo all’interno di relazioni che definiscono delle collocazioni irriducibili le une alle altre”.

Paola Anziché (Milano, Italia, 1975) vive e lavora a Torino. L’artista ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, in Italia e alla Städelschule, Staatliche Hochschule für Bildende Künste, Meisterschülerin di Francoforte in Germania. Il suo lavoro è stato esposto in numerose istituzioni italiane e internazionali, pubbliche e private: Museo Salvatore Ferragamo, Firenze (2019); Turner Contemporary, Margate, UK (2017); XXI Triennale Internazionale, Milano (2016); Kichik QalArt in Yarat, Baku, Azerbaijan (2015); Remotti Foundation, Camogli (2012); GAM – Gallery of Modern Art, Torino (2013); MAMbo – Museum of Modern Art, Bologna (2013); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino (2010) e Careof, Milano (2009). Ha partecipato a numerosi programmi internazionali di residenza come New Roots Foundation, Antigua, Guatemala (2021); Temporars, Muzeum Susch, Susch, Svizzera (2019); Kiosko Galería, Santa Cruz de la Sierra, Bolivia (2017); HIAP Residency Program, Helsinki (2015); SYB Artist Residency, Beetsterzwaag, Paesi Bassi (2012); RES.O’ international network for art residencies, Torino; Capacete, Artist Residency, Rio de Janeiro, San Paolo, Brasile (2012); Pact Zollverein Zentrum, Essen (2012) e presso il Centre international d’accueil et d’échanges des Récollets, Dena Foundation, Parigi, Francia (2008). L’artista ha collaborato con il College of Art at the University of Technology di Taiyuan, Shanxi, Cina (2019). Nel 2019 è stata inoltre pubblicata da VIAINDUSTRIAE PUBLISHING la monografia La terra suona/The Earth Sounds.
Hortense Pisano è una storica dell’arte, autrice, curatrice freelance e lettrice che vive a Francoforte sul Meno, in Germania.
