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PATRICIA SWEETOW – PATRICIA SWEETOW GALLERY – SAN FRANCISCO

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*Foto in evidenza: Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Patricia Sweetow ha fondato la Galleria omonima nel 1997 nel centro di San Francisco. In venticinque anni la galleria ha proposto una programmazione che abbraccia una plurarità di linguaggi dell’arte contemporanea, espressioni di artisti dai diversi background culturali. Ci racconta tutto la protagonista di questa avventura nell’intervista esclusiva per ArteMorbida.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Qual è la ricetta del successo per Patricia Sweetow e la sua Galleria?

Ti ringrazio per il complimento, il successo è un concetto estremamente sfuggente. Penso alla visibilità delle idee e degli artisti che rappresentano la galleria. Il mio lavoro è come un puzzle, con concetti fondamentali importanti per l’identità della galleria. Partendo da queste considerazioni sviluppo le varie parti, riempiendo i buchi, affinando la direzione, lavorando con gli occhi e con il pensiero.

Molti artisti della galleria articolano le idee tramite tecniche di artigianato, le loro opere sono acute, piene e affascinanti.  Penso vi renderete conto che le mostre corrono lungo gli stessi fili, si rivolgono alle diverse voci spinte concettualmente dai materiali. Considero i materiali come l’organismo politico, che definisce ogni aspetto relativo alle discipline e alle relazioni, guardando al passato, al presente, o speculando sul futuro. Le mie aspettative solo alte, ma sono proprio questi gli elementi che mi mantengono concentrata.

Il settore dell’arte contemporanea si sta evolvendo molto velocemente e la pandemia degli ultimi due anni non ha certo facilitato il compito di tutti gli addetti ai lavori. Come è cambiata l’attività della galleria nel tempo, dalla sua fondazione a oggi? E come è cambiato, secondo la tua esperienza, il ruolo e la missione delle gallerie d’arte nei confronti del pubblico?

La galleria ha aperto i battenti a San Francisco nel 1996. Al tempo la tecnologia digitale non era così diffusa, almeno non per le piccole imprese, quindi niente internet, né blog, e-mail, zoom e piattaforme varie. Si comunicava tramite telefono e carta stampata. A San Francisco esistevano due quotidiani principali, pubblicavano tutti e due una pagina fissa di critica d’arte; un settimanale si occupava di arte; una pubblicazione bisettimanale dedicata interamente alle arti visive, e c’erano anche tanti giornalisti che scrivevano per riviste d’arte. Sfortunatamente ora è tutto diverso.

Al giorno d’oggi grazie a internet abbiamo opportunità di gran lunga maggiori di andare oltre i nostri confini. È così che siamo arrivati alle comunità online, che io tanto apprezzo, ma questo si traduce anche in un aumento significativo di rumore a cui siamo tutti sottoposti. Ci si affida molto ai social media, che sono andati a sostituire la posta e il materiale stampato. I contenuti grafici sono facilmente sviluppati e condivisi. Ci hanno dato un megafono, e tutto sembra avere la stessa importanza.

Mi piacciono solo alcuni social media, non li uso tutti. Ci sono varie strategie, diverse fra galleria e galleria, su come e quando utilizzare un certo canale piuttosto che un altro, tuttavia ci appoggiamo pesantemente alla tecnologia. La tecnologia non ha cambiato in alcun modo la missione della galleria, ma portare il pubblico a visitare una mostra è diventato sempre più una sfida. Sfortunatamente alcuni pensano che visitare una mostra online possa sostituire l’esperienza di una mostra dal vivo.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Secondo quali parametri e in che modo selezioni gli artisti che verranno proposti dalla Galleria? Lavori generalmente con artisti americani o attingi anche dalla scena internazionale? E qual è il rapporto che si viene a creare tra l’artista e la Galleria?

Nella pratica artistica ricerco soprattutto una certa concentrazione, osservo come la pratica vada di pari passo con chi sono gli artisti, unitamente a una comprensione dei loro materiali, se sono significativi; ritengo importanti anche gli aspetti culturali, diasporici e coloniali che affrontano, insieme ovviamente al messaggio che intendono trasmettere. Si deve sentire un’unica voce, è questo che conta.

L’America di oggi è un luogo complesso; chi è americano, cos’è l’America, chi sente di farne parte, la nostra storia coloniale: sono tutti aspetti che vengono affrontati come una sfida, un’esperienza emozionante da osservare e da vivere. Gli artisti della galleria vengono da trascorsi diversi, molti sono immigrati, o di prima generazione ed esaminano le ipotesi e i dilemmi culturali, storici e sociali. Di fronte alla provocazione che offrono mi sento al settimo cielo.

È il messaggio che un artista vuole far arrivare che conta, non dove egli si senta a casa.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Che pubblico frequenta la tua galleria? Come definiresti la risposta all’arte contemporanea a San Francisco?

Credo che il pubblico sia tanto vario quanto gli artisti, o che lo stia diventando, è quello che ho sempre sperato e sta succedendo. Il pubblico non ha confini.

San Francisco è una bella città con delle ottime gallerie. L’impronta delle arti visive non è grande. Ma è senza dubbio una città che rispetta la propria eredità. Il futuro è tutto da scrivere.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Secondo te per quanto riguarda l’arte contemporanea quali sono gli aspetti positivi e negativi dell’uso dei canali digitali – visite virtuali, negozi online, profili social, ecc.? E quali lo sono invece dei canali tradizionali: monografie, spazi espositivi, partecipazione alle fiere, ecc.?

I canali digitali sono la fonte primaria di comunicazione e marketing, come ho già detto, ma vanno ben considerati. La carta stampata è emozionante, necessaria, ma ha i suoi limiti. Da quando siamo dovuti stare isolati questi ultimi due anni le fiere sono sicuramente diventate più vivaci e più frequentate. Gli spazi espositivi avevano già conosciuto il declino durante la recessione del 2008, appaiono, scompaiono, e continuerà ad essere così in base alle possibilità economiche.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

La Fiber Art sta vivendo un momento di grande fortuna nell’arte contemporanea con artisti di grande talento, sia affermati che emergenti (alcuni di loro sono anche rappresentati o proposti dalla vostra Galleria): quali sono secondo te le caratteristiche più interessanti di questo linguaggio artistico? E quali sono le ragioni di questo rinnovato interesse sia degli addetti ai lavori che del pubblico dopo decenni di oblio seguito agli anni 60/70 del secolo scorso?

I materiali e lo studio del loro posto nella storia, soprattutto come marcatori di inclusione ed esclusione, hanno rinnovato l’esplorazione e la ricontestualizzazione delle origini e dei possibili risultati. Mi piace tantissimo il legame fra i materiali e le storie della loro origine. Il modo in cui gli artisti esplorano la fibra come medium espressivo è innovativo, infrange tutti gli schemi.

Secondo me i movimenti della Fiber art degli anni ’60 e ’70 si concentravano su aspetti diversi, più indossabili, decorativi, funzionali, meno trasgressivi nell’ortodossia delle belle arti, anche se alcuni erano comunque così, c’è sempre qualcosa di politico, indipendentemente dal materiale usato.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Cosa raccomanderesti ad un giovane artista che si affaccia al mercato dell’arte?

Buttati, guardati in giro e fai domande.

Cosa consiglieresti a chi vuole avvicinarsi all’arte contemporanea per la prima volta?

Solo di buttarsi, di aprire gli occhi, leggere, fare domande e cominciare a collezionare.

Che progetti ha la Galleria per il prossimo futuro?

Ho molti progetti, ma sono particolarmente contenta di portare una selezione di dipinti a olio dell’artista Cornelia Schulz alla prima interazione dal vivo di Intersect Palm Springs che apre il 10 febbraio. L’insieme delle opere di Schulz di piccoli formati, dipinti ad olio su tela sagomata, è celebrato con un catalogo incredibile che sarà disponibile in fiera. La sua carriera è iniziata nei primi anni ’60 con nuovi dipinti che lasciano senza fiato! Il suo legame con Los Angeles durante il periodo d’oro del Los Angeles Art Institute, ora conosciuto come Otis, contribuisce a rendere la sua presentazione molto emozionante. Inoltre, presenterò il suo lavoro come mostra personale alla galleria a marzo 2022, insieme a una mostra di Elisa D’Arrigo, la cui scultura in ceramica è stata selezionata dal New York Times nel 2021.

Courtesy Patricia Sweetow Gallery

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.