Quando la creazione artistica configura mappe mentali attraverso cui tentare di sottrarre l’arte all’oblio: intervista a Serena Gamba
La ricerca artistica di Serena Gamba ha come protagonista la memoria: la sua conservazione e trasmissione. Attraverso tecniche artistiche e materiali differenti, l’artista riflette sulla Storia dell’arte e le sue immagini, compiendo una rielaborazione concettuale volta a coglierne i significati e i contenuti essenziali. Le sue opere rappresentano un personale tentativo di sottrarre all’oblio l’arte passata e di archiviarla. Nata a Torino, vive e lavora a Racconigi, nel 2021 ha vinto il Premio A Collection nell’ambito di Art Verona.
Quando la creazione artistica configura mappe mentali attraverso cui tentare di sottrarre l’arte all’oblio: intervista a Serena Gamba
La ricerca artistica di Serena Gamba ha come protagonista la memoria: la sua conservazione e trasmissione. Attraverso tecniche artistiche e materiali differenti, l’artista riflette sulla Storia dell’arte e le sue immagini, compiendo una rielaborazione concettuale volta a coglierne i significati e i contenuti essenziali. Le sue opere rappresentano un personale tentativo di sottrarre all’oblio l’arte passata e di archiviarla. Nata a Torino, vive e lavora a Racconigi, nel 2021 ha vinto il Premio A Collection nell’ambito di Art Verona.
Nella tua ricerca artistica compi un’indagine sul tema della memoria in rapporto alla sua protezione e divulgazione. Secondo te, esiste una relazione tra le pratiche tessili (come ad esempio il ricamo) e il tramandare?
Assolutamente sì. La pratica tessile è già di fatto la trasmissione di un sapere, di cultura e tradizione personale, famigliare e del luogo in cui si è nati. Basti pensare a quanti di noi hanno ricevuto un ricamo da parte delle nostre madri/nonne/bisnonne. Il ricamo racchiude la lentezza stessa del gesto, la dedizione e il tempo a noi dedicato che ci è stato regalato. Lo trovo molto poetico. Così come il ricamo che porta in sé l’essenza di una tradizione di un luogo. È una storia, un racconto simbolico tramandato nei secoli. Il ricamo inoltre è uno spazio meditativo, di relazione e condivisione.
Le tue opere si configurano come grandi mappe schematiche in cui, attraverso l’utilizzo della parola, compi una semplificazione degli elementi visivi presenti nelle opere di riferimento. In alcuni casi, il filo nero viene utilizzato come una sorta di tratteggio tessile per cancellare alcune parti scritte. Puoi spiegarci il significato di questa azione e cosa rappresenta per te?
L’oblio come verità e realtà è subentrato ad un certo momento nella mia ricerca. Ho lavorato per anni solo sul tema della memoria cercando modalità differenti per rappresentare il ricordo e l’atto stesso del memorizzare. Mi sono resa conto che non può esistere memoria senza la sua dimenticanza; in questa consapevolezza la mia ricerca ha cambiato forma ed ho sentito l’esigenza di lasciarmi andare alla sensualità dell’oblio. La cancellazione delle parole è subentrata per rappresentare l’atto lento del dimenticare, atto che sostituisce, cancella ma allo stesso tempo genera un nuovo linguaggio, una nuova forma, un nuovo segno.
In alcuni lavori, come ad esempio quelli in cui rifletti sulle opere di Goya, attraverso il ricamo dai vita ad una struttura visiva che ricorda quella delle costellazioni. Hai ricercato questa forma o è frutto della casualità?
La sensazione di una costellazione è nata in modo causale, ma credo che la casualità in realtà non esista e che ciò che era il mio intento, ovvero rappresentare la relazione tra le forme, i meccanismi mentali che portano alla creazione di una propria immagine mentale, siano in effetti la rappresentazione del nostro universo. Tutto ha un legame con le cose del creato, pertanto questo parallelismo tra le nostre costellazioni interiori e l’emanazione di quelle del cielo la trovo naturale e magnifica.
Spiegaci Finché il sogno non ci separi, come è nata questa opera e qual e il suo significato?
“Finché il sogno non ci separi” è sostanzialmente una lettera indirizzata all’artista Meret Oppheneim. La sua vita, le sue scelte, il suo coraggio, la sua pratica e il suo pensiero mi hanno molto toccata. Reputo la storia personale degli individui fonte di grande interesse ed ispirazione. Nel caso della Oppheneim ho sentito un forte legame rispetto alla sua necessità di essere sé stessa liberamente, così come appartenere filosoficamente al surrealismo. La sua ricerca includeva la pratica del sogno e dell’introspezione come modalità fondamentale della sua poetica. Anche questo aspetto è molto affine al mio modo di arrivare a concepire le opere. Nasce così questa lettera in cui le parole sono quelle del sogno, parole che ci si dice la notte ma senza parlare, in altre dimensioni, vibranti ma indecifrabili. È una lettera molto intima, ricca di riconoscenza e bellezza.

In opere più recenti, utilizzi il filo colorato su tela e in alcuni casi, abbandoni la parola. Quale direzione sta prendendo il tuo lavoro?
Ho sentito l’esigenza di riappropriarmi del segno in maniera più libera. Ho sempre avuto una forte vicinanza alla pratica del disegno e in questi ultimi lavori cerco di andare oltre la riconoscibilità, ricerco più che altro il gesto. Esploro la pittura attraverso segno, gesto e colore, lasciando aperte le possibilità interpretative, sottolineando l’importanza di attingere dal proprio bagaglio personale per costruirsi un’immagine mentale. In alcuni casi riprendo composizioni o dettagli di opere classiche stravolgendole ma cercando di mantenere viva l’aura e la poesia. Credo che ognuno di noi abbia sensibilità più o meno sviluppate, mi interessa sollecitarle.

Quali sono i tuoi riferimenti artistici? C’è qualche figura in particolare che ha influenzato la tua ricerca?
Ci sono diversi artisti, anche molto diversi tra loro che hanno influenzato il mio percorso. Come dicevo nella precedente risposta, in molti casi è la vita stessa dell’artista ad avermi segnata. In altri casi sono stata toccata dagli scritti teorici o naturalmente dalle opere.
Per citarne alcuni: Claudio Parmiggiani, Luciano Fabro, Giulio Paolini, Bas Jan Ader, Louise Bourgeois, Agnes Martin, Hanne Darboven, Kiki Smith, Catharina van Eetvelde, Robert Gober, Carl Andre, Ettore Spalletti, Wolfgang Laib, Emilio Isgrò, Nathalie Du Pasquier, Piero Manzoni, Meret Oppheneim, Gino De Dominicis, Giovanni Anselmo… e naturalmente i grandi del passato come Ambrogio Lorenzetti, Il Sassetta, Il Beato Angelico, Piero della Francesca, Sano di Pietro, Il Maestro dell’Osservanza, Goya… La lista è davvero lunga.

Inoltre attraverso il progetto di SpazioPPP, (casa-atelier condivisa con Alessandro Gioiello) stiamo portando avanti l’idea di un “archivio della presenza” in cui incontrare e lasciare traccia tangibile di conversazioni/residenze con poeti, filosofi, musicisti, artisti, curatori, spazi indipendenti. Avevo davvero bisogno di riappropriarmi del contatto umano e del confronto con liberi pensatori. Rispetto al resto, auspico di poter naturalmente condividere il mio lavoro attraverso mostre e percorsi che coinvolgano persone affini e sensibili alla mia ricerca.