La Rubrica di Tullia

Riprendiamoci il passato

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Il passaggio alla modernità è un fatto e parlare di questo tema non è cosa facile. Da qualche mia ricerca sono riuscita a capire che, un po’ succede col tempo anche da noi,le Americane sono passate alla modernità solo riappropriandosi del vecchio, dell’ old style, fino a fare del quilting una merce per il mercato a diffusione mondiale.

Non erano più le emigrate europee senza arte né parte, avevano imparato mestieri, erano andate al College e la loro vita stava cambiando da un giorno all’altro.

Già prima degli anni ’20 erano nate e si erano diffuse ovunque, riviste dedicate specificatamente alle donne e alla Moda,con una spiccata attenzione ai lavori “cosiddetti femminili”. Erano tante in bianco e nero, colorate, patinate, alla fine si parlava di lavoro femminile anche su quelli che non ne volevano parlare.

Tutti erano d’accordo nel dire :“quello che è stato considerato vecchio diventa  oggi nuovo “.

Non importa quanto la vita si fosse ammodernata e più veloce per le donne americane, una specie di ‘revival’ del vecchio stile del quilt delpassato le conquista, anzi le riconquista con modalità e suggestioni diverse.

Gli stili dei vecchi tempi trovano nomi nuovi, aggiornati, si impiegano stoffe diverse, spesso chiare edai colori brillanti. L’industria tessile legata al quilt cattura la fantasia di una nuova generazione impaziente e curiosa di addentrarsi nella storia del patchwork tradizionale, perché era la Storia e la bellezza di quest’Arte che le colpiva.

“…la vecchia moda suggerirà la nuova perché non c’è niente di così leggero e moderno nel nostro tempo quanto la vecchia, cara camera da letto delle nostre nonne “. Così si trovò a dichiarare un giornalista sul “Ladies Home Journal”.

La realtà è che le spose di quegli anni raramente tenevano conservate sotto il letto le pezze, gli avanzi di tappezzeria, le strisce tagliate dei loro vestiti da bambine, come avevano fatto le loro nonne, ma frequentavano una Scuola dove imparare a selezionare i colori, e studiare tutti i disegni e le stoffe da abbinare. Le manifatture tessili e le industrie, che facevano arnesi per alleggerire il lavoro artigiano,       collaborano con le quilter. Si riproducono stoffe come quelle originali di un secolo prima, quelle che ancora oggi si chiamano “old America” o “civil war”, di quando le donne erano obbligate ad indossare la crinolina.

Molti libri e riviste offrono ispirazione e istruzioni per il quilting.

Una rivoluzione pacifica all’indietro per questa arte che ha deciso di rinnovare e di andare più in fretta, con un occhio a non perdere di vista tutto quello che si era accumulato nel tempo, riscoprendola bellezza nella semplicità.

Che cosa aveva causato così grande favore tra quelle donne attirate da un taglio di capelli maschile o dal gioco del bridge, che cos’era che attirava le ragazze in attesa di percorrere una brillante carriera dopo il College?

Era forse nato il marketing?

Il ventesimo secolo trascorreva, le donne cambiavano abito, l’elettricità e il gas erano disponibili dappertutto. Stoffe, vestiti tutto si poteva comperare in grandi negozio attraverso il servizio postale. Esisteva da sempre un grande legame delle donne americane con la tradizione del lavoro di cucito, spesso solo manuale, che cominciavano a praticare fin da bambine, e questo, lo possiamo dire,dura ancora oggi.

Tutto quello che poteva servire per il quilting, il crochet, il punto a croce,il ricamo veniva fornito a livello industriale. Per i “crazy quilt”si potevano comperare le stoffe già pronte per il ricamo ma la popolarità di quello stile era ormai in declino, si andava verso una maggiore semplicità.

L’appliquè e il pieced mantengono un forte legame con il vecchio stile e le donne erano aiutate nella realizzazione dai modelli forniti dai giornali e dalle riviste dedicati a loro.

Due donne si collocano prepotentemente in questo periodo. Due quilter appassionate, studiose del passato e desiderose di innovare.

La prima di queste fu Nancy Cabot che scrisse per il Chicago Tribune nel 1930.

Ogni giorno grazie a lei comparivano illustrazioni e spiegazioni di singoli blocchi. Nel numero del giornale della domenica venivano pubblicati tutti i blocchi della settimana. Le lettrici erano informate del nome, della storia di quel particolare blocco, delle stoffe usate e potevano copiare i modellini per realizzarli. Tutto si poteva avere “per 5 centesimi in francobolli o in moneta”.

Nancy Cabot era lo pseudonimo di Loretta Leitner Rising.  Era nata nel 1906. La sua carriera al “Chicago Tribune” cominciò nel 1920. Fu responsabile della pagina dedicate ai lavori a mano e si dedicò a diffondere non solo il quilting ma il ricamo, il lavoro a maglia, il crochet. Morì, purtroppo giovane, non aveva ancora 52 anni.

I giornali fornivano spesso, insieme con i kit, utili consigli. Non esisteva il rotary-cutter così utile oggi, insieme ad altri arnesi che ci alleggeriscono il lavoro ci volevano giorni e giorni per il taglio dei pezzi da 2½”, come per il quilt “Viaggio intorno al mondo”, che contiene più di duemila pezzi tutti perfettamente uguali.

Qualche buon consiglio veniva elargito anche per il faticoso trapunto a mano: “se lavorate per molte ore le vostre dita diventeranno davvero molto doloranti. Il rimedio per questo è immergere le dita in acqua calda e allume che proteggerà la vostra pelle. “

Il kit del Quilt “Quattro rondini”, a metà degli anni ’20 fu pubblicato su “Patchwork Quilt”: insieme ad una collezione di 37 blocchi ‘old-time ‘. L’autrice che gli dette il nome scrisse: “Serve solo un po’ di immaginazione per vederci quattro rondini in volo insieme”. Il disegno è molto efficace con le rondini in blu e rosso sul bianco, il prezzo del modello era 15 cent. (foto quilt intero)

La “Ladies Art Company”, associazione di Quilter, andò avanti e compilò una selezione di più di cento modellini messi poi in un catalogo che si poteva ricevere per posta, includeva anche un color-palette e le istruzioni di base per le quilter.

Il catalogo diventò una grande risorsa popolare, a portata di mano per tutte le appassionate di quilting. Veniva inviato per posta. Erano i produttori di stoffe, di arnesi da lavoro che provvedevano ad inviare i “kit” e i manufatti realizzati, fanno ancora adesso e in tutto il mondo. La Posta in America è sacra ed arrivava dovunque.

Vorrei a questo punto presentare una donna, una quilter, che entra in scena all’inizio del secolo ed è stata anche lei una innovatrice, al passo con i tempi.

Il suo nome è Marie Daugherty Webster ed era di Marion nell’Indiana. Marie è giustamente accreditata come quella che ha cambiato permanentemente il look e lo stile dei quilt in America. Con i suoi disegni originali, realizzati con colori chiari  e linee ondulate,  conquistò e dominò tra  il ’20 e il ’30  il mercato.  Marie stabilì una nuova estetica che le quilters americane seguirono. Nella sua città d’origine le è stato dedicato un Museo creato nella stessa casa dove aveva vissuto, per oltre novanta anni.

Vediamo un po’ in che cosa i suoi quilt si differenziavano dai precedenti

I suoi quilt presentavano un medaglione centrale, il suo più famoso e imitato: “I papaveri “ (93”x81”), tutto in cotone e tela di lino. Realizzato in Indiana nel 1912.

Gli elementi del suo disegno, le curve piene di eleganza e il colori pastello furono ripresi e copiati anche da altri disegnatori.

Furono le sue amiche a sollecitarla a pubblicare i suoi “appliqué floral” sulla più importante rivista di lavori femminili.  L’editore del “Ladie‘s Home Journal”, restò impressionato e invitò la Webster a presentare i suoi quilt al fine di una pubblicazione. Quattro dei suoi quilt riempirono le pagine del numero di gennaio 1911 della rivista, la didascalia riportava la proibizione di copiare i modelli ma Mrs. Webster era disponibile a rispondere a tutte le domande che li riguardavano e inviare per posta i disegni stampati.

Tre anni più tardi Mary pubblicò il primo testo, ricco ed esauriente sull’argomento: “I Quilt, la loro Storia e come realizzarli”.

Una tappa storica per le quilter. Il libro riportava molte foto e disegni.  Si partiva dall’antichità per arrivare fino all’oggi. Una grande attenzione all’Oriente, all’Egitto, alle storie della mitologia greca (Aracne e Penelope), all’invenzione del telaio in Cina 2500 anni prima di Cristo.

Il libro fu un successo straordinario e le lettrici chiedevano a gran voce la possibilità di ricevere i modelli dei disegni.

Trasferire i modelli sulla stoffa ed applicarli era cosa già nota ma la Webster aggiunse qualcosa, abituò a riportare la copia di ogni sezione del disegno su carta e poi appoggiata sulla stoffa di base segnarla con una penna per tutto il contorno sulla stoffa.

I modelli venivano a costare 50 cent. Era nato il kit.

Tutta la famiglia l’aiutò a comporre i modellini e sua sorella scrisse e illustrò tutte le istruzioni per l’appliqué.

La Webester, adesso aveva delle collaboratrici, offriva una serie variegata di quilt. Ogni singolo disegno veniva venduto in differenti formati con accanto le istruzioni scritte. Il top parzialmente completo, oppure una scatola che conteneva i modelli dell’appliqué direttamente stampati sulle stoffe colorate e la stoffa del fondo con stampate le linee e le posizioni dei blocchi e il tracciato del quilting.

Alla fine degli anni ’30 questi kit costavano dai 6 agli 8 dollari e le istruzioni 50/75 centesimi. Erano tempi di crisi economica e anche questi prezzi per molte donne erano al di sopra delle possibilità economiche. L’unica via per quelle donne di ottenere i disegni e i modelli di un quilt era scambiarsi i modellini e copiare l’una dall’altra. Non è quello che molte di noi fanno ancora oggi?

Il suo libro fu pubblicato per ben tre volte, e l’interesse per la materia che lei era riuscita ad approfondire così bene cresceva. La Webster veniva invitata ovunque a tenere conferenze per parlarne.

Il suo quilt più famoso ormai veniva offerto come kit, parzialmente finito o finito, i prezzi si aggiravano su 10, 40 e 90 dollari.

La Webster confessava che il segretoper ottenere un quilt bello e ben fatto sta molto sia nell’uso di un tessuto di buona qualità che di disegni per la base, foundation. (Io aggiungo: passione e pazienza).

Il suo libro viene ancora oggi ristampato.

Ogni donna interessata poteva farsi il proprio quilt. Ci fu un Revival del mito coloniale (questo sarebbe un capitolo a parte) della vecchia tradizione: lo slogan era:“tenetelo da conto come un tesoro se avete avuto un quilt in eredità dalle vostre nonne, se non ne avete , fatevi il vostro così potrete domani farne la vostra eredità”.

Questo era un incoraggiamento molto sensibile alla tradizione.

La situazione di quel momento diventò un incentivo per le donne a dedicarsi al fare quilt. La Grande Depressione seguita dal razionamento della benzina, delle stoffe; quando mancava tutto e gli sforzi per la II Guerra mondiale costrinsero gli Americani a pensare ad un differente uso delle risorse.

Ecco torna alla memoria l’epoca dei pionieri, si pensa ai sacrifici forzati che le loro nonne avevano dovuto affrontare nel secolo precedente, quindi le quilter si ispirano molto ai quilt vecchia-moda. Usano scraps (ritagli di stoffa), si lavora   tutte insieme con le amiche e si fanno copriletto a mano invece di comperarli. Nascono i moderni quilting bee per parlare e scambiarsi notizie e modelli presi dai giornali e le riviste. Il desiderio delle quilters di modelli è insaziabile sia per i nuovi che per i vecchi o per quelli diversi,innovativi che riempiono il mercato.

Crebbe in quel periodo una pletora di nuovi scrittori, giornalisti che si ispiravanonei loro scritti al quilt. E’ incredibile quanti romanzi venivano scritti e pubblicati con al centro un quilt o la storia di una quilter. Questo succede ancora oggi, ci sono scrittrici che pubblicano addirittura romanzi in serie attorno a questo tema. All’inizio del secolo a volte erano in concorrenza fra loro e questo faceva bene al mercato. Ogni settimana le riviste presentavano un quilt completo fatto a blocchi, pronto per essere realizzato, ognuna avrebbe potuto personalizzarlo e dargli un nome.

Ancora oggi rimane una domanda: Che cosa c’è in un quilt che continua ad attrarre tante persone? Marie Webster poteva dirlo molto bene nel suo libro del 1915:

“ in realtà ci sono più apatia e ozio nelle città affollate e piene di movimento che nella quieta campagna. Le donne di città sono assediate da allettanti distrazioni e stanno tornando sempre di più verso il Patchwork come verso un affascinante calma-nervi. Non trovano qui soltanto una specie di unione tra sé stesse e il quilt, ma anche un gran beneficio derivato dall’aver trovato un nuovo interesse nella vita, qualcosa di buono, e di valore da costruire da sé.”

FONTI:
L’articolo “Riprendersi il passato” è stato elaborato da alcuni scritti contenuti in “AMERICAN QUILTS IN THE MODERN AGE, 1870-1940” a cura dell’International Quilt Study Center Collections. L’autrice delle ricerche porta il nome di Virginia Gunn, che nel tempo ha contribuito con numerosi articoli all’approfondimento della Storia del Quilt e del lavoro femminile. Ha insegnato materie inerenti al mondo del tessile e dell’arredamento all’Università di Akron in Ohio. L’articolo ha ridotto il materiale presentato, la Gunn parla di altre interessanti quilter americane, magari ne faremo oggetto di un prossimo articolo.

Per le foto mi sono servita sia di quelle pubblicate nel libro summenzionato che di una mia personale ricerca on-line.

Per chi volesse approfondire, presso la Scuola Romana Quilting, troverà una copia del libro di Marie Webster “Quilts their history and how to make them”.