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Risonanze

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Artisti Elham M. Aghili, Khorshid Pouyan, Rui Wang, Kun Zhao, Yanxi Zhou
A cura di Vanna Romualdi
Sede Collezioni Comunali d’Arte – Nell’ambito di Opentour 2021
Date 25 giugno – 12 settembre 2021

*Durante il periodo di apertura della mostra, un ciclo di visite animate per adulti, a cura di Senza Titolo S.r.l., racconta al pubblico le installazioni in relazione con le opere nell’allestimento permanente del museo (15 luglio, 26 agosto, 9 settembre, ore 17). Costo di partecipazione: € 6 + biglietto ingresso museo. Prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti: tel. 051 2193998 (martedì e giovedì ore 14.00 – 18.30; mercoledì, venerdì, sabato, domenica ore 10 – 18).

I Musei Civici di Arte Antica di Bologna tornano ad essere partner di Opentour, la settimana della festa dell’arte organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con importanti istituzioni della città. Un appuntamento che si colloca alla fine dell’anno di lezioni pensato per aprire le porte dell’Accademia al pubblico e raccontarne la storia anche attraverso visite guidate; ma è soprattutto l’occasione di scoprire i risultati dell’attività creativa di studenti e docenti.

Per la settima edizione della manifestazione, dal 25 giugno al 12 settembre 2021 le Collezioni Comunali d’Arte Palazzo d’Accursio accolgono la mostra collettiva Risonanze con interventi di Elham M. Aghili, Khorshid Pouyan, Rui Wang, Kun Zhao e Yanxi Zhou.

Il progetto è uno dei tre momenti espositivi di Patrimonio, risorse per lo spazio pubblico, strumenti per la progettazione artistica contemporanea, un ciclo di interventi dedicati alle forme/modalità di trasmissione del patrimonio culturale attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea in dialogo con l’architettura e i suoi contesti, che vede coinvolti studenti ed ex studenti del Biennio di Decorazione per l’architettura dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Risonanze costituisce l’esito progettuale realizzativo del percorso didattico proposto dalla docente Vanna Romualdi nell’anno 2020-2021, incentrato sul rapporto Arte/Architettura in una prospettiva di continuità concettuale e visiva che vede il segno nelle sue diverse declinazioni linguistiche intimamente connesso al contesto ambientale/architettonico. Invitati a proporre uno sguardo sul territorio dove l’Accademia di Belle Arti di Bologna innesta le proprie radici culturali, i cinque studenti coinvolti sono stati stimolati a sperimentare connessioni tra nuovi segni e memorie preesistenti partendo da una riflessione sullo spazio, sulle sue funzionalità e sulle relazioni con l’ambiente circostante e il suo significato, oltre il concetto di estensione, distanza, misura.

Nella Sala Boschereccia, l’intervento site specific Hybrids di Elham M. Aghili e Khorshid Pouyan ci introduce in un ambiente multisensoriale, in cui il suggestivo tappeto sonoro di Pouyan, rilevato nell’Orto Botanico di Bologna con uno strumento capace di tradurre in suoni le vibrazioni delle piante, si unisce ad un immersivo intreccio tessile, costruito da Aghili con fili di ferro e lane colorate, che restituisce all’osservatore un immaginario futuro tra il selvatico e l’addomesticato, abitato da una nuova generazione vegetale.

“Il progetto – spiegano Elham M. Aghili e Khorshid Pouyan – è ispirato all’archivio naturalistico del Giardino dei Semplici di Bologna, primo orto botanico universitario bolognese, costituito dal naturalista, botanico ed entomologo Ulisse Aldrovandi (1522-1605 d.C.), dove oggi si trova la biblioteca Sala Borsa, e dove si affacciano le finestre della romantica e suggestiva Sala Boschereccia del Palazzo d’Accursio. E proprio in questa sala, che a sua volta è caratterizzata dalle verdeggianti pareti illusionistiche dipinte da Vincenzo Martinelli e Giuseppe Valiani nel 1797, abbiamo voluto intervenire con un’installazione multisensoriale, che dà voce e volto al passato e al futuro di un patrimonio intangibile nel presente. Una natura in continua evoluzione, frutto dei legami stretti dai suoi antenati, come sosteneva Goethe nella sua “Metamorfosi delle piante”. Una natura che dà voce ai propri sogni e segreti, attraverso un archivio sonoro raccolto dalle piante che ancora oggi Bologna custodisce di quel giardino. La nostra interpretazione però, è innegabilmente caratterizzata da una poetica che ha radici profonde nelle nostre origini e nel nostro vissuto personale: entrambe figlie di una millenaria cultura persiana, una cresciuta tra i colori dei tappeti del negozio del padre, e l’altra tra gli strumenti musicali caratteristici iraniani, che l’hanno portata a laurearsi in musica in un precedente percorso universitario. Dal connubio di tutte queste sfaccettature, e dall’intreccio di vari filati, nasce il nostro misterioso giardino ibrido e canterino. Giardino a cui dà voce uno strumento, che trasforma in suono le vibrazioni delle piante. Un suono arrangiato con una personale interpretazione che rispecchi la poetica del progetto.”