“Terra dei Flunen – Fili del passato”
Arte tessile ambientale in Neukirchen-Vluyn – Germania.
La mostra resterà visibile fino alla fine di Settembre, 2021.
Curatrice: Ariane Hackstein
Artisti: Jan Gerling, Jens J. Meyer, Edgardo Madanes, Karin van der Molen and Elena Redaelli
“Land der Flunen”, evento inizialmente programmato per il 2020 e posticipato a causa della pandemia, è ora accessibile al pubblico con i suoi 13,4 km di sviluppo.
Un gruppo di artisti internazionali è stato chiamato a creare installazioni tessili ambientali legate ai temi dell’acqua e dell’industria tessile, fattori cruciali per lo sviluppo di Neukirchen-Vluyn.
La curatrice del progetto, la storica dell’arte Ariane Hackstein di Essen, spiega: “Gli artisti coinvolti si sono approcciati alla storia e al il paesaggio di Neukirchen-Vluyn con lo sguardo fresco dello straniero. Questo punto di vista imparziale ha permesso di creare interessanti interpretazioni del paesaggio, dei suoi corsi d’acqua ma anche del passato e del presente dell’industria tessile. Aspetti regionali, sociali ed ecologici sono presenti nelle opere”.
Jan Gerling and Jens J. Meyer di Essen, Edgardo Madanes dall’ Argentina, l’artista olandese Karin van der Molen and Elena Redaelli, italiana; hanno scelto siti come: Kendel, Kuhlen, il parco di fronte alla chiesa evangelica di Vluyn e lo spazio antistante la vecchia industria mineraria di Niederberg.

Karin van der Molen ,“New threads-new weaving”, photo credit Karin van der Molen
Karin van der Molen “New threads-new weaving”
L’artista ha realizzato il proprio intervento su un terrazzo verde accanto al fiume, a Plankendickskendel. Una struttura di tubi colorati si intreccia nello spazio riflettendosi, capovolta, nelle acque lente. Un’immagine poetica che rappresenta la struttura base della tessitura e si espande prendendo direzioni inaspettate.
Con il suo lavoro “Nuove tessiture”, l’artista olandese si collega al passato storico della città e alla produzione del lino. I pattern più semplici che formano il tessuto sono stati ingranditi cambiandone l’andamento e il risultato. Quest’opera vuole essere simbolo di una società aperta e plurale.
Karin spiega: “Il mio lavoro è ispirato dalla storia dell’industria tessile in Neukirchen-Vluyn. Oggigiorno il tessuto della nostra società si sta diradando. I colori tradizionali: bianco, nero, blu; sono rimpiazzati da un gamma più ampia. I tessuti e il modo in cui si utilizzano sono cambiati come anche la struttura della società, che è meno tradizionale e più aperta al cambiamento”.
“La rete sociale, culturale ed economica che tiene unita la città ha spazio per nuovi fili: più diradati, digitali e selvaggi. Questi fili si muovono come vene di energia in cerca di nuovi terreni, pur restando connessi al passato.”
Jens J. Meyer, “Arch bridge”, photo credit Jens J. Meyer
Jens J. Meyer, “Arch bridge”
L’artista Jens J. Meyer di Essen ha creato uno spettacolare ponte aereo.
Leggeri e bianchi elementi di tessuto formano un elegante arco, supportato unicamente da due neri alberi nautici. Il lavoro è installato nel parco antistante uno dei siti di archeologia industriale più importanti della città: la vecchia miniera di Niederberg.
La scultura, di quasi sei metri, si innalza a formare un ampio arco che, visivamente, si erge nel mezzo delle due impressionati torri della fabbrica. “In contrasto ideologico con l’industria mineraria, la scultura si erge come un ponte bianco. Diventa espressione dell’era postindustriale e un segno dell’industria bianca del futuro”. (J.M.)
Quest’opera è l’unica della mostra che collega i due distretti di Neukirchen e Vluyn con un dinamico gesto.
“Il ponte è un simbolo
Un ponte da riconoscere ma da non usare
un ponte tra persone e luoghi,
un ponte che è sempre una porta,
una porta per un altro mondo. “
(Jens J. Meyer)
Jens J. Meyer, “Arch bridge”, photo credit Jens J. Meyer
Jan Gerling, “Salix”
L’acqua e i pascoli sono elementi distintivi del paesaggio rurale caratteristico del Basso Reno.
Jan Gerlin, un giovane artista di Essen, ha scoperto un’affascinante strada campestre che si snoda tra due file di salici, il posto perfetto per entrare in dialogo col paesaggio di Plankendickskendel.
La sua installazione, Salix, sottolinea il sentiero fra gli alberi con sottili sculture a forma di foglia realizzate con materiale tessile e legno.
Jan Gerling, “Salix”, photo credit Jan Gerling
Il brillante tessuto arancione delle sculture squilla, in contrasto coi verdi della natura, indirizzando lo sguardo e invitando lo spettatore a osservare da un nuovo punto di vista il paesaggio di Kendel.
La forma base delle sculture si ispira a quella delle foglie del salice, come ci viene suggerito dal titolo dell’opera.
Le forme lanceolate delle strutture tessili uniscono l’idea della foglia a quella della barca, connettendo concettualmente la terra e l’acqua. Il salice è una pianta che richiede acqua per crescere rigogliosa ed è molto comune nel territorio del Basso Reno, ricco di corsi d’acqua.
Jan Gerling, “Salix”, photo credit Jan Gerling
Elena Redaelli “Filo Libero”
Un groviglio di fili, ingranditi come sotto la lente di un microscopio, forma una gigante e informe matassa. Senza bisogno di ordine, fili corti e lunghi, sottili e spessi, si intrecciano liberamente.
Ogni singolo pezzo si unisce agli altri a formare un unico corpo, “come frammenti di memoria in una fotografia” (A.H.)
Elena Redaelli “Filo Libero”, photo credit Jens J. Meyer
L’andamento irrazionale di questi nodi si ispira ad esempi di artigianato locale del secolo scorso, esposti nel museo cittadino. In mancanza di materiali più ricchi i capelli venivano annodati a formare raffigurazioni di vita domestica per poi essere incorniciate e appese alle pareti. Un esempio di come il lavoro manuale abbia sempre accompagnato la vita delle persone, anche nei periodi di ristrettezza o difficoltà. L’opera si ricollega al periodo della pandemia e all’effetto benefico che la tecnica del ricamo a “filo libero” ha avuto sull’artista. Seguendo le linee e le vie aperte da un filo libero, la mente si trova libera al di là delle restrizioni imposte.
La scultura è realizzata cucendo stoffe riciclate in forme tubolari riempite con una fibra ecologica, scarto di produzione fornito da un’azienda locale: Paradies.
L’opera unisce passato e presente guardando indietro al tempo in cui fili e fiocchi erano prodotti in città.
Elena Redaelli “Filo Libero”, photo credit Elena Redaelli
Edgardo Madanes, “Labirinto di salici”
Niederrheinische Weiden ha fornito all’artista argentino Edgardo Madanes il materiale per la sua installazione “Weiden-Labyrinth” a Samannshof.
L’artista di Buenos Aires (Rio de la Plata) ha vinto numerosi premi nella sua pluriennale carriera. Il materiale che preferisce usare è da sempre la flessibile pianta del salice presente nel ramificato sistema acquifero del delta del Tigre come nel territorio ricco di acqua del Basso Reno.
Edgardo Madanes ha reso questo materiale, usato solitamente per la realizzazione di cesti, il suo mezzo espressivo di elezione assicurando ai rami di salice un posto nel modo dell’arte.
Sulle rive del Littardkuhlen, l’artista ha creato un piccolo labirinto che lo spettatore è invitato ad attraversare. Slanciate colonne e pareti trasparenti sostengono una cupola arcuata. Ispirato ai disegni lasciati dallo scorrere dell’acqua nel terreno, le linee di midollino intrecciato nello spazio formano un motivo astratto. Seguendo la tradizione delle strutture realizzate per il piacere e il tempo libero, questo spazio leggero si apre a un dialogo intimo con l’ambiente circostante e la natura.
Sotto l’ombra degli alberi i visitatori sono invitati a contemplare e sperimentare, tramite l’oggetto artistico, una profonda connessione con la natura.
Edgardo Madanes, “Labirinto di salici”, photo credit Ariane Hackstein
Durante la mostra vengono proposti tour tematici in bicicletta per scoprire le opere d’arte e l’affascinate paesaggio, ricco di storia, di questa parte della Germania.
Maggiori informazioni si possono trovare all’indirizzo:
https://nv-entdecken.de/nv-entdecken/land-der-flunen/land-der-flunen.html
Edgardo Madanes, “Labirinto di salici”, detail, photo credit Ariane Hackstein