Interviste

Tra scenografia e scultura, le opere tessili di Mariantonietta Bagliato

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Mariantonietta Bagliato trasforma nella sua ricerca artistica il tessuto – suo materiale d’elezione – in sculture, installazioni e disegni cuciti. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bari e attualmente è docente di Discipline Grafiche e Pittoriche e ha collaborato come esperto esterno con l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive e progetti d’arte in ambito nazionale e internazionale ottenendo anche diversi riconoscimenti per il suo lavoro (Premio Federculture Roma 2012, Premio Arte in Laguna Venezia 2011, Premio Nazionale delle Arti 2010, Ministero dell’Università e della Ricerca, Napoli, Premio Pinacoteca Agnelli 2009, Artissima, Torino).

Come sei arrivata a scegliere il tessuto come medium espressivo e quali caratteristiche ti portano a preferirlo come tecnica artistica?

Il mio linguaggio artistico è caratterizzato dall’utilizzo di stoffe.  La scelta è arrivata, o meglio si è rivelata, dopo un lungo periodo di sperimentazione di diverse tecniche artistiche come il disegno, la pittura e la scultura. In principio, quello che mi interessava comunicare nella mia ricerca, era il racconto astratto delle diverse possibilità dell’essere, dell’identità. Di qui, ho trovato una sintesi nell’utilizzo delle stoffe. I diversi tessuti, spesso usati, trovati e vissuti, hanno un potere “sinestetico”. La percezione visiva di ogni stoffa ha il potere di evocare ricordi di attimi vissuti, atmosfere, odori, suoni e sapori nei quali ognuno può riconoscere parti di se stesso e della propria vita.

Una volta codificato l’utilizzo di questi materiali ho iniziato a creare ‘sculture morbide’, installazione e ‘disegni cuciti’.

Mariantonietta Bagliato, Una Tragica Commedia, 2011

Le tue opere, soprattutto le grandi installazioni, rimandano in qualche modo alle scenografie teatrali. C’è un’influenza del teatro nella tua ricerca?

C’è una grandissima influenza del teatro di figura nella mia ricerca artistica. La ragione è prettamente legata alla mia famiglia: mia madre è una marionettista di Praga e fin dalla mia infanzia, sono cresciuta in un mondo di stoffe, gommapiuma, fili e scenografie. Il suo lavoro quindi, ha profondamente influito sul mio immaginario estetico e poetico.

Mariantonietta Bagliato, Mare morbido, 2017 – ph. Marino Colucci / Sfera

Mariantonietta Bagliato, Mare morbido, 2017, dettaglio – ph. Marino Colucci / Sfera

C’è anche un aspetto legato all’infanzia, alle favole, al gioco tra le caratteristiche della tua cifra espressiva?

Si, nel mio percorso ho creato diverse opere e installazioni ispirate alle simbologie di elementi tratti dalle favole tradizionali e all’interazione ludica. La rievocazione di queste immagini vuole far emergere un contatto con gli archetipi della coscienza collettiva. Inoltre l’interazione, può arricchire la visione di un’opera con una più diretta esperienza, e questo può evocare dei nuovi stimoli di significato.

Mariantonietta Bagliato, The puppettier, 2019 – ph. Annamaria Lamastra

Mariantonietta Bagliato, Where is the fox/ E la volpe? – 2016 ph.Quentin Dubret

Come dialogano le tue installazioni con lo spazio in cui vengono allestite? Qual è la genesi di questi lavori – parti da un’idea, da un progetto o dalla lettura proprio dello spazio?

Il dialogo con lo spazio è per me fondamentale. Mi piace l’idea di poter trasformare la percezione di un luogo e trasformarlo in qualcos’altro creando installazioni nelle quali potersi immergere e che possano essere attraversabili e abitabili.

Per quanto riguarda la genesi delle idee, in questo periodo in particolare, caratterizzato dalla pandemia e dal distanziamento sociale, ho capito una cosa fondamentale della mia ricerca artistica: la necessità degli altri. Le idee nascono sempre dall’incontro, dal dialogo, dal confronto, dalla conoscenza e dallo studio. Dall’incontro può nascere un nuovo discorso, un nuovo punto di vista.

Mariantonietta Bagliato, Avatara, 2018 – ph. L.A.L.D.

Mariantonietta Bagliato, Avatara, 2018 – ph. L.A.L.D.

Trovo che l’ironia, l’umorismo – al quale hai dedicato anche un’installazione – siano una delle caratteristiche ricorrenti nei tuoi lavori. È così?

Il mio percorso artistico ha avuto diverse fasi di in relazione anche a determinati periodi della vita. In particolare ho realizzato nel 2010 un’opera chiamata l’Umorismo: un gruppo di sculture “ridenti” di stoffa e altri materiali. Queste sculture sono interattive e hanno una possibilità di movimento che ricorda le gestualità corporea del riso. L’umorismo mi ha sempre molto affascinato e rappresenta una riflessione di ciò che rende l’uomo consapevole della propria emotività, attraverso un processo di allontanamento dal legame affettivo nei confronti di se stesso e della condizione umana.

Mariantonietta Bagliato, Avatara, 2018 – ph. L.A.L.D.

L’unicità e la diversità delle stoffe che utilizzi per i tuoi lavori evocano spesso il concetto di ‘identità’. Qual è il significato di questa parola in una società così fluida e complessa come quella contemporanea? In che modo entra e che valore ha nell’ambito della tua ricerca artistica?

All’inizio della mia ricerca, il concetto di identità fluida era un’ossessione che volevo in qualche modo disperdere e disseminare in innumerevoli forme.  Una sorta di pirandelliana raffigurazione del non senso.

Dopo, invece ho incominciato a cercarne il profondo significato. È importante avere una consapevolezza del proprio essere al mondo, perché è l’unico modo che abbiamo per scegliere di mettere in moto delle azioni per cambiare quello che c’è sia a livello personale, ma soprattutto a livello collettivo.

Mariantonietta Bagliato, Through, 2018 – ph L.A.L.D.

Sei figlia di due culture molto diverse e immagino che questa sia una grande ricchezza da cui attingere. Quanto e cosa dell’una e dell’altra ritrovi nei tuoi lavori? Quali sono le maggiori fonti di ispirazione dei tuoi lavori?

Sono nata con due diverse culture. Sono nata a cresciuta a Bari, città di mio padre, nel sud dell’Italia, luogo caratteristico per il colore bianco dei centri storici e l’azzurro del mare. Per quasi metà della mia vita, e soprattutto durante la mia infanzia, ho trascorso molto tempo a Praga e lì sono cresciuta con gli illustratori delle fiabe e le animazioni in stop-motion di autori cechi e russi. Inoltre sono sempre stata attratta dai paesaggi naturali e urbani caratteristici della regione boema. La mia ricerca artistica quindi si nutre di queste due visioni culturali ed estetiche e cerco di crearne una sintesi.

Mariantonietta Bagliato, Gramigna, 2018

Tra le ultime opere c’è l’installazione “Homo F.O.M.O.” che affronta uno dei risvolti psicologici dell’iper-connessione dell’era contemporanea. Me la racconti?

Questa è una delle opere più recenti realizzata nel 2019. F.O.M.O. è l’acronimo dell’espressione inglese Fear Of Missing Out, tradotto letteralmente come “paura di essere tagliati fuori”, un’ansia legata dalla dipendenza dei social network che si è sviluppata negli ultimi anni. A questa paura ho dato una forma estetica, così come, anticamente, l’immaginario dei mostri nasceva dalla personificazione delle paure collettive. Ho creato quindi una enorme scultura morbida, ovvero il “virus” di questa malattia mentale.

Mariantonietta Bagliato, Homo FOMO, 2019

Mariantonietta Bagliato, Homo FOMO, dettaglio, 2019

Mariantonietta Bagliato, Homo FOMO, 2019

A cosa stai lavorando in questo periodo e quali sono i progetti in cantiere – se si possono svelare?

Ci sono diversi progetti ai quali sto lavorando, ma purtroppo a causa dell’attuale pandemia e le varie restrizioni nel campo della cultura, sono in stand-by, o comunque, sono in attesa di conferme. Tra i vari progetti posso dire che sono stata selezionata tra gli artisti di Tramanda 2020, il concorso dedicato alla Fiber Art della città di Chieri e siamo in attesa che si possa organizzare la mostra.

Mariantonietta Bagliato

Barbara Pavan

English version Sono nata a Monza nel 1969 ma cresciuta in provincia di Biella, terra di filati e tessuti. Mi sono occupata lungamente di arte contemporanea, dopo aver trasformato una passione in una professione. Ho curato mostre, progetti espositivi, manifestazioni culturali, cataloghi e blog tematici, collaborando con associazioni, gallerie, istituzioni pubbliche e private. Da qualche anno la mia attenzione è rivolta prevalentemente verso l’arte tessile e la fiber art, linguaggi contemporanei che assecondano un antico e mai sopito interesse per i tappeti ed i tessuti antichi. Su ARTEMORBIDA voglio raccontare la fiber art italiana, con interviste alle artiste ed agli artisti e recensioni degli eventi e delle mostre legate all’arte tessile sul territorio nazionale.