I PIONIERI: Gina Morandini
Questa rubrica presenterà due volte al mese una figura storica della Fiber Art Italiana, presente nel libro di Renata Pompas.
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*Foto in evidenza: Gina Morandini, La fine e l’inizio
Gina Morandini (1931- 2020) a metà degli anni Cinquanta apre a Udine un laboratorio di tessitura in cui esegue anche arazzi su disegno di artisti astratti. Nel 1959 avvia la sezione Arte del Tessuto dell’Istituto Statale d’Arte di Udine, in cui insegna fino al 1991.
Quando visita la Biennale di Losanna ne resta conquistata e negli anni Ottanta comincia a realizzare opere autonome, in forma di arazzi tessili, astratti e materici, in cui sperimenta tecniche tessili libere.
Artista rigorosa e versatile è impegnata su diversi fronti: storica del tessuto e del costume popolare, organizzatrice di seminari sulle tecniche tessili, curatrice di mostre, co-fondatrice della Associazione Nazionale Le Arti Tessili di cui è stata Presidente dal1987 al 1998 e poi Presidente ad Honorem. Nel 1995 promuove il Concorso Internazionale d’Arte Tessile Contemporanea dedicato a promuovere la Fiber Art presso le giovani generazioni, organizzando le giurie che selezionano le opere, facendo di Maniago un centro espositivo della giovane Fiber Art, con artisti che arrivano da da tutto il mondo. Nel 2022 l’Associazione Le Arti tessili le dedica la “Galleria di Arte Tessile Contemporanea Gina Morandini”.
Il suo percorso artistico è ricco, articolato e multiforme, come la sua instancabile ed effervescente personalità: diversi sono i temi affrontati in questo lungo cammino: lo studio delle antiche armature dei tessitori della Carnia sfocia, nei primi anni Novanta, nella creazione di alcune serigrafie in cui l’ingrandimento dei tacamenti (gli antichi quaderni su cui i tessitori friulani di inizio secolo registravano gli schemi di tessitura) è vivificato in alcuni punti da fasci di fili colorati che si sovrappongono alla riproduzione dell’intreccio.
Contemporaneamente realizza le prime opere bidimensionali, tra queste Totem tessile (1993) è un’installazione composta da una successione di pannelli che digradano cromaticamente dal nero all’azzurro. Lo stesso anno approda alla lavorazione “off loom” (senza telaio) di opere realizzate intrecciando nastri industriali di acciaio armonico attraverso cui fa passare la lana, tra cui ricordo: Omaggio a Escher, Blu, Nero con crine e Nodo nero.
La ricerca procede passando dal rigore freddo dell’acciaio al calore dei vecchi e preziosi tessuti usati, scelti per le opere che sviluppano il tema della ricerca di sé, con una serie di pannelli:in Labirinto n. 1 inserisce al centro del pannello un frammento di poesia di cui ricama alcune parole. In Labirinto n. 2 racchiude un disco in foglia d’oro da cui partono dei fili che non riescono a uscire, testimonianza della difficoltà di esprimersi. In Labirinto n. 3 l’immagine del viso di un bambino, stampata su garza blu sovrapposta al tessuto dorato, evoca il bambino che siamo stati.
Sperimenta la lavorazione dei rotoli di acciaio armonico e da 1997 al 2000 con un lavoro in progress rappresenta le tre età della donna, intese secondo la tradizione popolare: modella il metallo dei nastri e suggerisce con le forme della composizione lo Scialle nuziale, lo Scialle della donna coniugata e lo Scialle vedovile. Né Le parole del silenzio (1998) srotola un lungo telo di nastri di acciaio attraversati da frammenti di parole e lo raccoglie al suolo avviluppandolo su se stesso. Intenso e monumentale è il tema della “soglia” nella grande installazione Quale porta è la mia… (2003), in cui crea un simbolico percorso iniziatico scandito da tappe esistenziali. Ne l’Uovo universale (2007) la forma dorata e perfetta è sospesa nel vuoto in una rete-culla, simbolo del nucleo primordiale, archetipo della vita e dell’inizio.
Nel 2009 allestisce una mostra sit-specific intitolata Corpo in figure, che si articola nelle cinque tappe simboliche della vita femminile; tra queste Ho un corpo sono corpo è composto da sei pannelli di vecchie stoffe usate rese preziose con l’oro che mostrano le immagini di corpi toccati, accarezzati e abbracciati, in un contatto che è a un tempo conoscenza di sé e presa di coscienza, ma anche corpi scorticati che mostrando la perfezione del loro interno e al contempo l’angoscia di una ferita, di una malattia, di una possibile fine, in cui il filo rosso che pareva profilare la forma per esaltarne la bellezza sembra ora un filo di sangue: una emotività trattenuta dall’eleganza dell’opera.
Torna al metallo in Geometrie per il corpo: sei pannelli di alluminio in cui le fattezze del corpo sono tradotte nella struttura bidimensionale della costruzione dell’abito, ritagliata nel feltro e animata da grafici attraversamenti di filo rosso e nero che creano un contrappunto lieve e rasserenante: quasi un’opera astratta, in cui le forme alludono con la parte al tutto. Un video con macro-ingrandimenti dei tessuti umani ricorda con scientifico realismo e visionario incanto che tutti siamo fatti di “tessuto” e conclude le sezioni.
Numerosi sono i suoi i Libri d’artista, opere di piccolo e medio formato in cui Morandini interpreta con grazia e leggerezza le poesie di vari autori, con interventi sulla su carta a mano nella collana Pulcinoelefante, o compone narrazioni mute su lastre di piombo tagliato a vivo, piegato a mano e inciso, come in: Nozze, Prima comunione, Ombretto, Tagliata e ritagliata, Seconda pelle 1 e Seconda pelle 2.
Il nastro d’acciaio torna nell’opera La fine e l’inizio, del 2010, in cui srotola un lungo nastro di acciaio armonico attraversato da una fettuccia bianca di nylon, lo avvolge al centro e poi lo dispiega morbidamente nelle cime distese, creando un nodo esistenziale da sciogliere che contiene, – nella difficoltà del suo intreccio e del suo incontro – la possibilità di una soluzione. Una sperimentazione continua espressa con eleganza formale, ad un tempo lieve e forte, nella ricerca delle radici esistenziali, simboliche, personali e universali.