I PIONIERI

ATTILIANA ARGENTIERI

English (Inglese)

Questa rubrica presenterà due volte al mese una figura storica della Fiber Art Italiana, presente nel libro di Renata Pompas.

Puoi acquistarlo QUI

Attiliana Argentieri nasce a Viareggio (1931-2018), da ragazza si trasferisce a Venezia dove studia all’Istituto Statale Artistico Industriale, sotto la guida di Anna Balsamo Stella, importante artista tessile svedese. Nel 1952 diventa insegnante a sua volta e fonda la sezione “Arte del Tessuto” all’Istituto Statale d’Arte di Rovigo, poi dal 1970 insegna a Udine.

Apre un laboratorio di arazzi, che esegue su commissione e su propri progetti e che vengono più volte esposti al Padiglione delle Arti Decorative della Biennale di Venezia: nel 1956, 1960, 1968 e 1970.

Oltre all’attività di insegnamento e tessitura è attiva come studiosa, storica del tessuto e tecnica: si specializza nello studio e catalogazione dei tessuti popolari friulani e dei relativi manoscritti, diventando un’appassionata promotrice delle attività di recupero, valorizzazione ed esposizione del patrimonio tessile carnico.

Nel 1979 è tra i fondatori del C.I.E.T.A. (Centre International d’Étude des Textiles Anciens) e del C.I.S.S.T. (Centro Italiano per lo Studio della Storia del Tessuto) e nel 1987 pubblica il “Dizionario Tecnico della Tessitura” per il Centro di Catalogazione Restauro Dei Beni Culturali del Friuli-Venezia Giulia.

Le tecniche popolari friulane sono per Argentieri continua fonte di ispirazione per realizzare opere contemporanee di Fiber Art di grande impatto. Negli anni Sessanta lavora la superficie tessile alternando zone compatte a zone aperte e la attraversa con nervature fluttuanti, nelle sfumature rosse delle bacche su un fondo dai toni scuri del legno stagionato: Natura. Negli anni Settanta esegue arazzi tradizionali con la tecnica dell’alto e basso liccio, in cui si concentra sulle possibilità della fibra di conferire volume ed effetti di superficie e affianca alla tessitura a telaio anche delle tecniche a filo continuo: come il crochet, il tricot e il macramé.

Il suo procedere è da subito fortemente materico – una scelta che la orienta verso la tridimensionalità con un uso delle fibre grezze di cui esalta l’irregolarità, la rugosità, il rilievo e la tattilità con una tecnica mista personale, usando in prevalenza i toni naturali delle terre in tutte le loro declinazioni. Astrazione (1973) aggetta fasce lavorate a maglia e annodate, nelle tonalità della sabbia, della terracotta e della terra, sul fondo scuro tessuto a telaio.

Negli anni Ottanta studia i manoscritti dei tessitori friulani, dei quali esegue catalogazioni e organizza importanti rassegne; conoscenze che riversa nelle sue opere, adottandone i procedimenti. Si orienta quindi verso la creazione di sculture tessili in cui mescola fibre corpose, grezze o tinte, a materiali non tessili, come il legno e il metallo che inserisce nella tessitura.

Nella serie dei Sacchi senza cuciture (1980-1999) la volumetria stacca l’arazzo dal muro: sono opere polimateriche a forma di colonna o di sacco, ispirate alla tessitura tubolare friulana interpretata dalla Argentieri in chiave contemporanea, che assumono il valore di sculture morbide e monumentali, povere e solenni. Come: Sacco senza chiusura (1982) che ingabbia nell’ordito di fibre ruvide e compatte dei nastri tessili e delle bacchette di legno, con un caldo coinvolgimento sensoriale. Ha detto l’artista: “Non metto i cartoni sotto la catena. Mi serve da guida il materiale, non più solo quello tradizionalmente tessile, che uso con diverso spessore, avvolto, intrecciato, annodato, nel colore naturale o tinto da me vegetalmente. Mi servo infatti anche di fibre sintetiche, di altre materie filamentose, di plastica, legno, utili a creare contrasti”.

Nel nuovo millennio torna alla bidimensione dell’arazzo con Venezia (2005), un delicato paesaggio ispirato dall’architettura dei suoi palazzi, resa plastica dalle colonnine a rilievo delle finestre; Venezia spiaggia  è del 2006, in cui rappresenta con delicatezza le increspature e i rilievi della sabbia. Interesse per l’architettura che si manifesta anche in Ricordi di architetture lucchesi (2008), un lavoro ispirato alla sua città natale, composto da sei arazzi digradanti dal centro verso i lati che raffigurano gli antichi palazzi medievali con i loro sottili archi e le tipiche loggette, al centro dei quali colloca la Cattedrale: un’opera delicata e commovente.

Una vita dedicata alla tessilità, come analisi storica, recupero delle tradizioni popolari, espressione artistica.