Textile pills

INSIDE OUT

Testo della curatrice Virginie Kastel:

È sorprendente il modo in cui il passato e i suoi oggetti ci informano sul presente. Collocando un’opera d’arte contemporanea in un museo di storia, essa viene immediatamente ricontestualizzata e rafforzata perché gli spazi della storia ci offrono la possibilità di avvicinarci all’estetica di chi ci ha preceduto e che non si è mai estinto, ma si è trasformato generazione dopo generazione.

Sebbene si possa dire che un’opera d’arte dialoghi sempre con il passato, non abbiamo la possibilità di avvicinarci alla conversazione che si genera ogni giorno tra una collezione permanente e un’opera artistica contemporanea. Questa esperienza, arricchita sia dalla collezione che dall’opera, è il motivo per cui i visitatori sono invitati a esercitare questa lettura dalla loro prospettiva e a riconoscere più connessioni di quelle che elencherò qui di seguito.

La scultura multimediale Inside Out dell’artista tessile Miriam Medrez (Città del Messico, 1958) mostra una continua ricerca di come un corpo possa dispiegarsi. Miriam Medrez ci mostra come possiamo riconfigurare i limiti della nostra identità. L’artista lavora dall’uno al multiplo, dal corpo alla comunità. Ma la cosa più interessante della sua pratica sul corpo è il modo in cui crea un nuovo sistema di segni, un linguaggio visivo che appare come un sistema di scrittura. Oserei dire che l’incontro tra materia, forma e disegno è simile, nella sua logica, al sistema di segni delle scritture antiche, come lo vediamo nei facsimili dei codici del Museo di Storia del Messico.

D’altra parte, parlando della struttura dell’installazione, vediamo come la verticalità e la costruzione a strati assomiglino a foglie che ci rimandano alla forma di un albero. In modo sottile, ci parla di una certa genealogia collettiva (le storie raccontate dalle cartelle cliniche delle radiografie), e allo stesso tempo riecheggia la simbologia dell’albero delle culture mesoamericane, un segno che viene mantenuto e reinterpretato durante l’era coloniale, come possiamo vedere nella commistione tra l’albero e la croce cristiana.

Inside Out è una scultura composta principalmente da raggi X che, come suggerisce il nome, è una trasposizione tra l’interno e l’esterno. In termini tecnici, una radiografia è un negativo fotografico. L’uso del negativo per rivelare un’altra faccia della realtà è stato un evento ricorrente nella storia dell’estetica. Nel museo ne è un esempio la presenza di una coppa tripode tarascata, datata tra il 1300 e il 1512 e dipinta in negativo, cioè con disegni realizzati con cera liquida che, durante il processo di cottura, cadono per rivelare il disegno sottostante.

Tornando alla scultura, come ho già detto, la radiografia è il negativo fotografico per eccellenza, l’occhio che ci mostra l’osso, ma anche l’anomalia: il corpo malato. Essendo composta da negativi, questa installazione è notturna: richiede una luce interna per essere vista. Quando la struttura viene illuminata dall’interno, appaiono parti di corpi che compongono l’Inside Out; immagini che contengono storie di persone sconosciute che hanno avuto a che fare con la malattia, e che ora appaiono come un’anonima memoria collettiva, che mi ha fatto eco con la piccola collezione di ex-voto trovata a metà del museo.

Sebbene in quest’opera di Miriam Medrez il materiale tessile sia meno presente che in altri lavori, esso costituisce il cuore della sua pratica. Il visitatore ha numerose occasioni di incontrare la presenza del tessuto nel Museo di Storia Messicana, sia attraverso la tecnica e le vestigia artigianali della Mesoamerica, e successivamente della manifattura dell’henequen e del cotone, sia attraverso gli abiti conservati in epoche diverse. Il tessuto è una seconda pelle nella nostra vita quotidiana, ma l’artista lo usa per mostrarci il corpo nudo come proposta, più che per l’origine, per un arcaismo e un luogo comune dell’umanità a cui tutti apparteniamo e abitiamo.

Miriam Medrez affronta domande che anche la storia affronta nella costruzione di una memoria collettiva: Che cos’è un corpo? Esiste un corpo collettivo? È possibile aprire un corpo senza toccarlo? Questa installazione rivela un problema importante: l’interpretazione è un elemento soggettivo dell’esperienza? La scienza è la controparte della soggettività? Da una lettura scientifica, il luminoso è il sano, mentre, da un punto di vista spirituale, il buio è il contorno necessario e la finezza materiale essenziale per percepire la luminosità. Dal punto di vista della nostra storia messicana, è stato necessario cercare le vestigia e trovarle nell’oscurità del sottosuolo per far luce sul nostro presente e sulla nostra eredità. Allo stesso modo, Miriam Medrez, mostrandoci le ossa e gli organi di persone, con la loro storia che non riusciremo mai a decifrare del tutto, ci mette di fronte alle domande che gli storici si pongono quando costruiscono storie a partire dalle narrazioni e dagli oggetti del passato, e che mi fanno chiedere fino a che punto la verità è un fenomeno di interpretazione?