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Ricamo e arte contemporanea: la mostra della S.E.W. a Roma

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Le opere di oltre sessanta artiste e artisti che utilizzano il ricamo e le fibre come linguaggio espressivo sono state esposte a Palazzo Velli a Roma in una grande mostra – “Surface and depth” – che ha avvicinato il pubblico a questo medium considerato troppo spesso desueto e hobbistico o tutt’al più artigianale e qui invece applicato all’arte contemporanea. Un progetto coraggioso di The Society for Embroidered Work (S.E.W.) associazione internazionale anglosassone che, come ci spiega Olga Teksheva, una delle curatrici della mostra, “è stata fondata nel 2018 da due artiste inglesi, Catherine Frampton ed Emily Tull, con lo scopo di promuovere la “stitched art” nel mondo dell’arte contemporanea.”

Molti degli artisti e delle artiste che aderiscono all’associazione hanno una formazione in pittura o disegno classico ma tutti hanno in comune una successiva sperimentazione con fili, ricamo e fibre.

Ho atteso che terminassero le operazioni di disallestimento e spedizione delle opere e ho incontrato Olga Teksheva per fare un bilancio di questa esperienza e capire di più sulla mostra e sull’accoglienza del pubblico romano.

DIONNE SWIFT, Mormorii, Ricamo libero con la macchina da cucire, filo di cotone e di viscosa. Dimensioni: 150 x 150 x 25 cm. Anno: 2021. Ph.credit ALESSIJA SPAGNA

Olga, come è nata l’idea di allestire questa mostra a Roma?

Con circa 600 membri in 40 paesi del mondo, il nostro sogno è riuscire ad allestire una grande mostra della Stitched Art internazionale ogni anno in un paese diverso. La prima di queste mostre della S.E.W. è stato organizzata a Londra nel 2019; nel 2020 la pandemia ha interrotto la programmazione. Quest’anno però qualcuno doveva pur “riaprire le danze” e dunque perché non farlo in Italia, a Roma – ho pensato – inserendo il nostro evento nel programma ufficiale della Rome Art Week, contenitore che cresce ogni anno ed è ormai diventato una delle principali manifestazioni di arte contemporanea nella capitale. L’idea è piaciuta alla direzione della S.E.W. Sapevo che proporre una mostra da poco meno di settanta artisti/e di Stitched Art a Roma non sarebbe stato semplice: a differenza di Milano, Roma è meno abituata a questo linguaggio dell’arte, Ma, proprio per questo, poteva essere l’occasione per essere i primi a proporre a Roma una mostra di ricamo contemporaneo di questa portata. In russo, la mia lingua madre, si dice che “chi non assume rischi, non brinda al successo con il prosecco”. E ho deciso di rischiare! E, fortunatamente, abbiamo anche potuto brindare al successo.

OLGA TEKSHEVA, I tesori nascosti I. Filo da pesca lavorato all’uncinetto, filo di metallo, ricamo a mano su collage di tessili. Dimensioni: 23 x 62 cm. Anno: 2021. Ph Alessija Spagna

Qual era il tema intorno al quale gli artisti erano chiamati a riflettere attraverso le loro opere?

Dipingere con i fili sarebbe l’idea base del lavoro dei nostri artisti. Però mi sembrava interessante andare oltre il dipingere, fino a scolpire per mostrare le possibilità infinite delle fibre come materiale artistico. Così è nata l’idea di “Surface and Depth” (superficie e profondità). Con Cat Frampton e Felicity Griffin Clark – le altre due curatici – abbiamo invitato gli artisti a sperimentare per la superficie materiali insoliti (ad esempio i tessuti tecnici, l’alluminio, il feltro industriale) e i classici punti di ricamo con filati alternativi (al posto della classica seta) la raffia, la corda, il filo di metallo. Abbiamo anche chiesto di andare verso una ricerca tridimensionale, sperimentando drappeggi e found objects, creando vere e proprie sculture di ricamo. I risultati hanno superato le nostre migliori aspettative essendo arrivate opere di grande interesse e diversità per forme e contenuti.

JOLANDA DRUKKER MURRAY, Non vedo, non sento, non parlo. I tessili riciclati, corna di mucca, un bracciolo antico Aubusson, un frammento di lampadario, cerniere, ricamo. Dimensioni: altezza 120 – 140 cm, lunghezza 23 – 35 cm, profondità 20 – 28 cm. Anno: 2021. Ph Alessija Spagna

Un progetto sicuramente impegnativo, con lavori provenienti da diversi paesi, tra i quali il Regno Unito ora extra UE e quindi sottoposto a normative più complesse per importazione ed esportazione. Al netto di queste difficoltà, qual è stato il riscontro di pubblico?

Voglio ringraziare il pubblico per l’accoglienza assolutamente eccellente, con un’affluenza continua di visitatori curiosi. Ero preparata a sentire commenti sul genere “anche mia nonna amava ricamare” – il peggior incubo di ogni fiber artist – e invece con mia grande gioia il pubblico ha colto subito la forza di questo linguaggio dell’arte contemporanea senza alcun fraintendimento sulla loro natura di opere d’arte. Ogni volta che ho tentato una breve introduzione alla mostra ed al lavoro degli artisti mi sono ritrovata a fare una vera e propria visita guidata con tanto di domande che tradivano un interesse autentico per ogni singola opera. Riflessioni, emozioni, complimenti: insomma tutto ciò che un curatore può desiderare.

Jackie Hamilton, detail.Flux. Free motion and hand embroidery on gauze, hand embroidered and beaded X-ray photos. Measurements: 200 x 75 cm. Year: 2021. Ph Alessija Spagna

Gli artisti e le opere

Una plurarità di approcci, materiali, tecniche, contenuti caratterizzano le opere in mostra. Il tema ha consentito agli artisti di attingere da ambiti diversi, dalla moda alla letteratura, muovendo la loro indagine in varie direzioni.

Michael Sylvan Robinson nella sua “Venus Rising: a contemporary invocation” coniuga moda, scultura, street art e attivisimo queer attraverso l’uso innovativo di collage di tessuti, cuciti a macchina e a mano. Una scultura-indumento dove convivono icone della storia dell’arte stratificate e ricamate e frammenti di testi poetici stampati a mano sulla superficie – promemoria della fragilità del nostro mondo e, allo stesso tempo, appello all’azione.

MICHAEL SYLVAN ROBINSON (USA). Nascita di Venere: invocazione contemporanea. Ricamo su collage di tessili, testo fatto a mano con stampino, applique, ricamo con perline a mano. Dimensioni: 71 x 96 x 8 cm. Anno: 2019

L’installazione dell’artista australiana Felicity Griffin Clark, “Amazon’s Frock-Up” trasforma un vecchio abito da sposa nel guscio vuoto di una donna che, finalmente libera, rivela la sua vera natura di amazzone, emancipata da un ruolo che non le appartiene, evocata da piccoli macabri trofei cuciti addosso e diventati ornamenti, talismani per superare il confine della propria prigione. Attraverso l’abito-installazione “Flux”, Jackie Hamilton indaga il confine tra superficie e profondità, tra visibile ed invisibile, come la radiografia che la completa. L’abito è un fantasma, l’abito è memoria: l’uno elemento di confine tra vita e morte, l’altro connessione tra la dimensione intima ed il mondo esterno. Sul limite tra essere ed apparire si interroga anche Silvia Perramon Rubio con “The Limit” ritratto luccicante di un Andy Warhol a metà tra copertina patinata e icona sacra.

Silvia Perramon (Spain / Italy). Il limite. Ricamo a mano su organza di seta. Dimensioni: 100 x 100 cm. Anno: 2018. Ph.credit ALESSIJA SPAGNA

Il tema della memoria ritorna nell’opera astratta di Dionne Swift, un grande ricamo che ha il movimento di un vortice e l’andamento di un’onda in cui ogni singolo punto è l’ala di un uccello. “Mormorations” sono infatti i suoni degli stormi che migrano in autunno. Un volo cui l’artista affida idealmente lo spirito del fratello scomparso lo scorso anno.

Evocativa è l’opera di Olga Teksheva, “I tesori nascosti”, un bozzolo che come le scatole di latta della sua infanzia dove nascondeva i piccoli tesori raccolti in giardino – un sassolino, un fermaglio smarrito, un’ala di farfalla – protegge il mistero del suo contenuto. Solo avvicinandosi e guardando all’interno attraverso le piccole fessure l’opera si svela pienamente all’osservatore. Una riflessione sulla necessità di penetrare oltre la superficie colorata per comprendere a fondo la natura delle cose. Un invito ribadito in “Stitching with Charles Dickens” da Julia O’Connell una piccola borsa bianca su cui è ricamato in filo bianco un brano tratto da “A Christmas Carol” di Charles Dickens. Ciò che vediamo però è il retro del ricamo e dunque per leggere – e comprendere veramente – il testo è indispensabile impegnarsi in uno sforzo ulteriore.

Julia O’Connell SWCD exterior 2.  Ph.credit ALESSIJA SPAGNA

Jolanda Drukker Murray con la sua installazione “Hear no Evil, See no Evil, Speak no Evil” trova un punto d’incontro tra il suo recente interesse per il ricamo e la sua formazione di scultrice. Gli esseri umani ed i loro comportamenti sono al centro dell’indagine dell’artista olandese che dà forma in questo lavoro alla diffusa tendenza a non voler vedere, a voltarsi dall’altra parte per non assumersi la responsabilità del testimone, per non essere coinvolti negli eventi che accadono intorno a noi.

In mostra anche le opere di Ailish Henderson, Alicja Kozlowska, Alison Wake, Anne Kelly, Antje Rook, Assunta Miles, Ausra Merkelyte, Bridget Steel Jessop, Camila Jofre, Carrie Donohoe, Cat Frampton, Christina MacDonald, Clarke Reynolds, Courtney Cox, Dagmar Stap, Deborah Collum, Edith Barton, Emma Panell, Haf Weighton, Harpa Jonsdottir, Heidi Ingram, Helyne Jennings, Imogen Rhodes-Davies, Isabel Greenslade, Jessica Grady, Jinny Ly, Josephine Sams, Julie French, Julieanne  Long, Karen Byrne, Kim McCormack, Korey Rowswell, Kristine Stattin, Lin Belaunde Morla, Linda McBain Cuyler, Maria Constanza Villareal, Marian Jazmik, Matthew Downham, Nancy Cole, Nathalie Frost, Philippe Ashcroft, Pippa Hamilton, Rachel Gillard-Jones, Renee Toonen, Rhian Zwierat, Rima Day, Rozalie Sherwood, Sarah J. Hull, Sharon Cavalier, Sharon Peoples, Sue Lancaster, Susan Shafrir, Suzanne Campbell, Sylvie Millen, Violet Shirran, Wolfgang Woerner, Zane Shumeiko, Zelda Cunningham.