I PIONIERI

SILVIA BECCARIA

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Questa rubrica presenterà due volte al mese una figura storica della Fiber Art Italiana, presente nel libro di Renata Pompas.

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Silvia Beccaria (Torino 1965), dopo la laurea in Filosofia si interessa alla tessitura, consegue il “Master in Arte Terapia”, partecipa al Gruppo di Ricerca Tessile Filo e Forma, fondato da Martha Nieuwenhuijs e per molti anni gestisce laboratori tessili seguendo progetti di Art Therapy e collabora con il Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, per le attività legate all’arte tessile.

Fin dalle sue prime opere Beccaria alterna la tessitura tradizionale al telaio, all’inserimento materiali eterogenei e intrecci vari che creano aggetti tridimensionali, con cui crea sculture indossabili o installazioni ambientali. I materiali usati sono diversificati, naturali o sintetici, funzionali al tema che svolge. Possono essere filati tradizionali – come il cotone, il lino, la canapa, ma anche la ginestra e l’ortica – o materiali che non contemplano la filatura, come i fiori secchi, le spighe, i rami di salice, i tubi di neoprene o di PVC, la gommapiuma, il lattice, il poliuretano, le strisce di carta stampata, il filo di metallo, le pellicole cinematografiche. A volte inserisce nell’ordito di nylon dei tubicini trasparenti che riempie con semi vegetali di diversa origine, misura e colorazione, come in Semi d’arte (2014).

Una sperimentazione materica che continua in tutta la sua produzione artistica. Dal 2005 realizza una serie di scenografiche e scultoree gorgiere, tra cui Giada (2009), Futura (2009), Splendor (2011) e Mal d’Africa (2012), che propone come veri e propri gioielli e pezzi unici.

Silvia Beccaria, Metamorfosi, 2009

Compone la serie delle sculture modellate sul corpo femminile, la cui silhouette viene trasformata in feticci post-industriali, come in: Scudo (2005), Film à porter (2008) e Cuore di tenebra (2009), sculture che assumono l’aspetto di totem vegetanti: come in Metamorfosi, un’installazione formata da quattro sculture in rami di salice (2009) o in Donne in fiore con fiori secchi (2010).

Crea degli arazzi compatti e precisi che si animano con l’inserto di infiorescenze sintetiche, ottenute lavorando elastiche reti di plastica bianca o colorata, disposte in composizioni dal ritmo geometrico, come nella serie intitolata Anemone (2009). Tra il 2014 e il 2015 l’uso di PVC fluorescente le consente di creare opere dalla doppia lettura, in relazione ora alla luce bianca, ora a quella di Wood (o lampada nera), come in Pianeti del mare, Anellide Marina, Chirping in the snow, Erbaluna e Posidonia.

Silvia Beccaria, Pianeti del mare, 2015

Quindi realizza una serie di opere in cui intesse strisce di carta, ritagliate da carte geografiche, spartiti musicali, diari personali e altro, in cui il testo si fa tessuto, come ne La sfida ordita (2015) composta da intrecci di lettere e sillabe.Ne Il suono del silenzio (2022) scompone e ricompone in forma di canne d’organo, vecchi spartiti musicali cancellati per creare disarmonie e disaccordi

Una ricerca artistica rigorosa nell’impianto e nelle proporzioni, esatta nell’esecuzione e ironica nell’interpretazione dei temi.

Silvia Beccaria, La sfida ordita, 2015

Renata Pompas

Renata Pompas è giornalista, saggista e docente; i suoi campi di interesse e applicazione sono: il Colore, il Textile Design e la Fiber Art. Ha lavorato come textile designer per la moda e per la casa, è stata direttore del corso Digital Textile Design ad Afol Moda dove ha insegnato progetto e colore. Ha tenuto lezioni e seminari in Università e Accademie in Italia e all'estero, ha organizzato seminari aziendali, corsi privati individuali e collettivi. Ha pubblicato diversi libri, articoli, testi in catalogo, relazioni in Convegni nazionali e internazionali.  www.color-and-colors.it